Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3219 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – P.D. adiva la Corte di appello di Catania chiedendo, nei confronti del Comune di Augusta, la determinazione dell’indennità di espropriazione di un terreno del quale era comproprietario, oggetto di procedimento ablativo per la realizzazione di interventi di edilizia in favore delle cooperative La Palma, Nuova Città di Augusta, Giacomo Matteotti, Annalisa e Casa Augusta 88. 1.1- Si costituiva il Comune, che, eccepita preliminarmente la nullità dell’atto di citazione nonchè l’inammissibilità della domanda, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in garanzia dette cooperative, le quali intervenivano nel giudizio, opponendosi alla domanda.

1.2 – La corte adita, con sentenza non definitiva del 7 maggio 1999, rigettava le eccezioni del Comune circa la validità e l’ammissibilità della domanda, affermava, altresì, la legittimità dell’intervento delle cooperative, disponendo, quindi, in merito alla prosecuzione del giudizio.

1.3 – Espletata consulenza tecnica d’ufficio, che veniva rinnovata anche per rideterminare l’indennità alla stregua del disposto di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, la Corte, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava la domanda proposta dal P., rilevando che l’indennità determinata in base ai suddetti criteri – ritenuta a tal fine validamente proposta la relativa eccezione da parte delle cooperative, definite quali intervenienti litisconsortili, era inferiore all’indennità depositata.

Avverso tale decisione propone ricorso il P., affidato a due motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso le cooperative a r.l. Nuova Città di Augusta, San Roberto e G. Matteotti, rappresentate dai rispettivi liquidatori, proponendo ricorso incidentale, sorretto da due motivi.

Motivi della decisione

2 – Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione.

Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, in relazione all’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si sostiene, richiamandosi l’orientamento di legittimità secondo cui l’applicabilità di tale norma, che costituisce un diritto di natura patrimoniale esulante dai poteri officiosi del giudice, deve essere ritualmente eccepita dal soggetto espropriante, nel caso di specie sarebbe stata invalidamente invocata dai soggetti intervenuti nel giudizio.

2.1 – Con il secondo motivo si deduce, in ogni caso, la tardività della proposizione dell’eccezione sopra indicata, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., tanto con riferimento alla condotta processuale del Comune, quanto in relazione alle istanze delle cooperative intervenute.

2.2 – Deve premettersi che la priorità del tema i-nerente alla ritualità o meno della proposizione della relativa eccezione, in virtù della quale si è ritenuto di prescindere dai rilievi inerenti alla legittimità, sotto il profilo costituzionale, della norma contenuta nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16, già sollevati dalle Sezioni Unite di questa Corte con ordinanza n. 8489 del 14 aprile 2011, è ora venuta meno a seguito della recente pronuncia della Corte costituzionale n. 338 del 2011, con la quale si è affermato che l’omessa dichiarazione ai fini dell’ICI, o la denuncia per valori assolutamente irrisori, non deve riverberarsi sull’indennità di esproprio che a tale denuncia è rapportata, in quanto si sancirebbe, altrimenti, la totale elisione di qualsiasi ragionevole rapporto tra il valore venale del suolo espropriato e l’ammontare della indennità, così pregiudicando il diritto ad un serio ristoro dell’espropriato.

Non può omettersi di richiamare, a tale proposito, il principio (cfr., ex multis, Cass., 9 maggio 200, n. 5855), secondo cui lo ius superveniens opera fino al momento del deposito della decisione, la quale non può di certo fondarsi su una disposizione non più in vigore.

2.3 – Tanto premesso, non può omettersi di osservare, per completezza di esposizione, che i rilievi del ricorrente circa i poteri facenti capo alle società intervenute nel giudizio (che nella sentenza non definitiva del 7 maggio 1999 della stessa Corte di appello di Catania, non impugnata da alcuna delle parti, erano sostanzialmente considerate intervenienti "ad adiuvandum", non essendo "legittimate passivamente nel giudizio di determinazione dell’indennità") sono pienamente condivisibili.

Premesso che la natura disponibile dei diritti conseguenti alla proposizione dell’ormai decantata questione escludeva, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, la sua rilevabilità d’ufficio (Cass., nn. 18844/08; 24509/06; 8594/05), deve richiamarsi il principio secondo cui i poteri dell’intervenuto sono limitati all’espletamento di un’attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata, potendo egli sviluppare le proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell’ambito delle domande ed eccezioni proposte da detta parte (Cass., 16 novembre 2006, n. 24370;

Cass., 16 febbraio 2009, n. 3734).

Pertanto, dovendosi prescindere dalle deduzioni delle cooperative intervenute nel giudizio, va rilevato che il Comune di Augusta, come chiaramente emerge dal tenore della decisione impugnata, non aveva sollevato la questione inerante ai rapporti fra la indennità di espropriazione e la dichiarazione presentata ai fini ICI. 2.4 – L’evidenziata qualificazione dell’intervento delle cooperative beneficiarle del procedimento di espropriazione, così come operata (per altro correttamente) nella sentenza non definitiva del 7 maggio 1999 – poi negletta dalla stessa Corte – impone, poi, di affermare l’inammissibilità del ricorso proposto in via incidentale (cfr. anche Cass., 10 agosto 2007, n. 17644).

3 – Sussistono, in definitiva, plurime ragioni convergenti nel senso della fondatezza del ricorso principale, il cui accoglimento determina la cassazione della decisione impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catania che, in diversa composizione, provvederà alla determinazione dell’indennità sulla base della normativa applicabile, nonchè in merito al regolamento delle spese inerenti al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il principale, dichiara inammissibile l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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