T.A.R. Liguria Genova Sez. I, Sent., 02-11-2011, n. 1509 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo, notificato in data 9.4.2009, la signora E.E.M. ha impugnato il provvedimento del Sindaco del comune di Diano San Pietro 6.2.2009 prot. 553, di annullamento d’ufficio della D.I.A. 9.10.2003, nella parte in cui ha autorizzato la ristrutturazione di una scala esterna di collegamento tra il primo piano ed il lastrico solare dell’immobile di sua proprietà, a motivo del fatto che il corpo scala in questione, sulla base della documentazione fotografica e catastale (quest’ultima risalente alla data dell’11.3.2002), non risultava esistente, onde la D.I.A., nella parte in cui ne dichiara la preesistenza in vista della ristrutturazione, sarebbe inveritiera.
A motivo del gravame denunciano sei motivi di ricorso, rubricati come segue.
1. In punto illegittimità del titolo edilizio: erroneità e/o falsità dei presupposti; difetto di istruttoria; la dedotta errata rappresentazione dello stato dei luoghi non sussiste.
2. Violazione di legge: art. 21 legge n. 16/2008.
3. In punto azione di annullamento: violazione dell’art. 5 legge regionale n. 29/2002 (abrogato solo con l’art. 89 L.R. n. 16/2008).
4. Violazione dei principi generali in tema di annullamento di ufficio; violazione (comunque) dell’art. 21quinquies e ss. della legge n. 241/1990; eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto; travisamento e difetto di istruttoria e di motivazione.
5. Eccesso di potere; difetto di motivazione; difetto del presupposto; motivazione carente e/o insufficiente in ordine alla mancata comparazione dell’interesse pubblico all’annullamento con l’interesse privato al mantenimento di costruzione consolidata nel tempo; difetto di istruttoria e travisamento della situazione di fatto.
6. Violazione di legge; eccesso di potere; mancanza dei presupposti.
Con ricorso per motivi aggiunti i signori E.E.M. ed Az. Lu. hanno impugnato l’ordinanza 4.8.2009, n. 15, con la quale il comune ha ingiunto la demolizione della scala in questione, deducendone l’illegittimità in via derivata (motivo n. 1) ed in via propria (motivi nn. 2.1: violazione dell’art. 19 NTA comune Diano San Pietro; errata interpretazione e/o errata applicazione della legge; travisamento dei presupposti, e 2.2: eccesso di potere; travisamento dei fatti; insufficiente istruttoria).
Si è costituito in giudizio il comune di Diano San Pietro, controdeducendo nel merito ed instando per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza 29.1.2010, n. 53 la Sezione ha rigettato la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.
Alla pubblica udienza del 18 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.
1. La documentazione catastale e fotografica posta dall’amministrazione a fondamento del provvedimento impugnato (accatastamento 11.3.2002, allegato n. 3 alla relazione istruttoria depositata dal comune in data 3.12.2009) effettivamente non rappresenta la scala di accesso al lastrico solare.
L’inesistenza della scala e del varco di accesso al lastrico solare è – del resto – confermata dal reperto fotografico allegato alla stessa D.I.A. 9.10.2003 (allegato n. 1 alla relazione istruttoria depositata dal comune in data 3.12.2009), reperto che, per quanto incompleto e lacunoso (rappresentando soltanto una limitata porzione della facciata oggetto di intervento), non reca traccia alcuna della scala esterna: laddove – invece – dal confronto con il "prospetto frontale" dello stato di fatto allegato alla medesima D.I.A., essa avrebbe dovuto chiaramente scorgersi, nella fotografia n. 1, in alto a sinistra, sopra la porta che dà accesso al primo piano.
Ulteriore e definitiva conferma dell’inesistenza della scala si ricava dalla planimetria allegata all’atto pubblico 19.5.2003 a rogito notaio Marco Re (allegato n. 4 alla relazione istruttoria depositata in data 3.12.2009), che – ancora una volta – indica come unica scala esterna quella che collega il piano terreno al primo piano, senza rappresentare il supposto collegamento con il lastrico solare.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che l’intervento, eliminando una barriera architettonica, sarebbe ammissibile senza necessità di titolo abilitativo, ex art. 21 L.R. n. 16/2008.
In realtà, anche ipotizzando – con i ricorrenti – che esistesse già una scala di accesso al lastrico solare (ciò che, come detto, contrasta con gli esiti dell’istruttoria), essa non sarebbe stata affatto eliminata, ma soltanto "sostituita" con un manufatto di materiale diverso, che, ancorché più funzionale e sicuro per i soggetti normodotati, risulta parimenti di ostacolo ai soggetti handicappati.
Onde l’inapplicabilità, al caso di specie, dell’art. 21 L.R. n. 16/2008.
3. L’atto impugnato è stato adottato il 6.2.2009, quando l’art. 19 della L. n. 241/1990 (nel testo modificato dalle leggi 11.2.2005, n. 15 e 14.5.2005, n. 80) già espressamente faceva salvo il generale potere dell’amministrazione competente – peraltro già concordemente riconosciuto in via giurisprudenziale – di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21quinquies e 21nonies.
Donde l’improprietà della censura di applicazione retroattiva della L. n. 80/2005.
45. Quanto alla denunciata carenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione del precedente atto, si osserva che, secondo una costante giurisprudenza, in sede di adozione di un atto in autotutela la comparazione tra interesse pubblico e quello privato è necessaria nel caso in cui l’esercizio dell’autotutela discenda da errori di valutazione dovuti all’amministrazione pubblica, non già quando lo stesso è dovuto a comportamenti del soggetto privato che hanno indotto in errore l’autorità amministrativa (Cons. di St., IV, 12.3.2007, n. 1189).
Dunque, la falsa rappresentazione della scala in questione nello stato di fatto della D.I.A. 9.10.2003 rende l’affidamento del privato circa il mantenimento del manufatto non meritevole di tutela, e sicuramente recessivo di fronte all’interesse pubblico al ripristino della situazione edilizia regolarmente assentita.
E ciò, particolarmente, trattandosi di un edificio sito nel centro storico (zona A), dove più intenso è l’interesse pubblico al mantenimento delle caratteristiche architettoniche originarie degli edifici (trattasi di profilo specificamente evidenziato nel corpo della motivazione dell’atto).
6. Posto che il titolo edilizio annullato (D.I.A.) si è formato senza il parere della commissione edilizia comunale, non si vede per quale motivo il suo annullamento avrebbe invece dovuto essere preceduto dal parere della C.E.C..
A ciò si aggiunga che i ricorrenti non hanno neppure citato la norma comunale che istituirebbe l’obbligatorietà di un parere che la recente normativa (art. 4 comma 2 D.P.R. n. 380/2001), in linea con il divieto di inutile aggravamento del procedimento amministrativo (art. 1 comma 2 L. n. 241/1990), qualifica come facoltativo.
Parimenti infondato è il ricorso per motivi aggiunti.
L’infondatezza dei motivi dedotti avverso l’annullamento in autotutela della D.I.A. esclude innanzitutto l’illegittimità in via derivata dell’ordine di demolizione.
Quanto ai motivi di illegittimità propria, si osserva invece quanto segue.
2.1. Poiché, come chiarito supra, non vi è prova della preesistenza della scala in questione, la sua realizzazione ex novo non può in nessun caso rientrare tra gli interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, interventi che postulano indefettibilmente il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio.
La realizzazione in facciata di una nuova scala di accesso al lastrico solare, incidendo sulle caratteristiche formali e strutturali dell’edificio (da intendersi, ex art. 83 L.R. n. 16/2008, come i caratteri architettonici che determinano l’immagine esterna dell’edificio) integra più propriamente un intervento di ristrutturazione (che ammette infatti, ex art. 3 comma 1 lett. d D.P.R. n. 380/2001, l’inserimento di nuovi elementi costitutivi dell’edificio), espressamente vietato in zona A dall’art. 19 delle N.T.A. del P.R.G., ove interessante – come nel caso di specie – opere esterne.
E poiché si tratta di un vizio (la violazione dell’art. 19 delle N.T.A. del P.R.G.) di natura sostanziale non rimovibile, mentre è tecnicamente possibile la riduzione in pristino mediante la eliminazione della scala, correttamente il comune ha ingiunto la demolizione ex art. 55 L.R. n. 16/2008.
2.2. Il secondo motivo aggiunto si limita ad insistere sulla questione della preesistenza della scala, ed è dunque sufficiente richiamarsi a quanto esposto supra, sub 1.
Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del comune di Diano San Pietro, delle spese di giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila), oltre I.V.A. e C.P.A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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