Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3217

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 8159 del 2002, accogliendo la domanda proposta da C.L. nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dip. Prot. Civile, condannava l’amministrazione convenuta al pagamento della somma di Euro 109.706, in relazione alla requisizione di otto alloggi, effettuata per sopperire alle esigenze abitative della popolazione colpita dal terremoto verificatosi nel novembre del 1980. 1.2 – La Corte di appello di Napoli, con la decisione indicata in epigrafe rigettava il gravame proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che, in particolare, aveva eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, quanto meno a far tempo dal dicembre dell’anno 1988, data in cui era venuto meno l’obbligo di assistenza dei terremotati.

1.3 – Propone ricorso per cassazione, per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato, la Presidenza del Consiglio del Ministri, deducendo unico e complesso motivo.

La C. resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

2 – Il motivo, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 2248 del 2265, art. 7; della L. n. 219 del 1981, art. 3;

della L. n. 456 del 1981, art. 1 e segg., della L. n. 187 del 1982, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, deve essere rigettato, in considerazione della sua infondatezza.

Si sostiene che, cessata l’efficacia del provvedimento di requisizione a far tempo dal 31 dicembre 1988, le obbligazioni inerenti al periodo successivo graverebbero sull’ente locale, obbligato di restituire il bene alla scadenza. Vengono richiamati specifici arresti di questa Corte, in tema di rapporti, in fattispecie analoga, fra Amministrazione delegante ed ente comunale.

2.1 – Tale assunto non può essere condiviso. La corte territoriale, invero, ha correttamente applicato il principio più volte enunciato da questa Corte (Cass. 15 giugno 1995, n. 6733 e n. 6738; Cass. Sezioni Unite 26 maggio 1997, n. 4671; Cass. 27 giugno 1997, n. 5764;

Cass. 29 gennaio 1998, n. 902; Cass. 15 aprile 1999, n. 3722; Cass. 8 ottobre 1999, n. 11286; Cass., 6 dicembre 2007, n. 25437; Cass., 25 febbraio 2009., n. 4481), secondo cui il potere di disporre, ai sensi della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 7, allegato E, la "requisizione di idonee strutture, anche per il collocamento di uffici pubblici,… al fine della sistemazione di coloro che sono rimasti privi di abitazione esclusivamente a causa ed in conseguenza degli eventi sismici del novembre 1980", è stato attribuito, dal D.L. 26 novembre 1980, n. 776, art. 3, comma 1, lettera "a", convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 1980, n. 874, al Commissario straordinario del Governo nel quadro delle competenze istituzionali conferitegli in materia di organizzazione dei soccorsi, con facoltà di provvedervi direttamente o "attraverso delega, speciale o generale, ai Sindaci", i quali, nell’esercizio, a nome e per conto del suindicato Commissario, del potere delegato, hanno agito nella veste di ufficiali di governo, onde i provvedimenti di requisizione in uso adottati dai medesimi Sindaci, allo scopo di assicurare appunto, in simili circostanze, l’alloggiamento di nuclei familiari di senzatetto, sono imputabili al predetto Commissario straordinario, tenuto al relativo indennizzo, come previsto dal citato art. 3, comma 4, laddove, subentrato al Commissario stesso, in forza del D.L. 27 febbraio 1982, n. 57, convertito nella L. 29 aprile 1982, n. 187, il Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile, quindi il Dipartimento per la Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, sussiste la legittimazione passiva di quest’ultimo, non già quella del Comune, rispetto alla domanda del proprietario del bene tesa a conseguire il pagamento dell’indennità spettante a seguito di detta requisizione, dovendo tale indennità fare carico alla delegante Amministrazione centrale dello Stato (Cass. n. 6738/1995, cit; Cass. n. 5764/1997, cit.; Cass. n. 902/1998, cit.).

2.2 – La tesi sostenuta dalla P.C.M., secondo cui, dopo il 31 dicembre 1988, è il Comune a dover corrispondere le indennità di requisizione, non può essere accolta, in quanto non vi è stato nessun mutamento, in base ad un valido provvedimento della Pubblica Amministrazione, del "titolo" dell’occupazione, onde l’ente locale non è in alcun modo subentrato all’Amministrazione dello Stato nella disponibilità del bene, nè è tenuto a sopportare le conseguenze patrimoniali negative per l’ulteriore periodo di occupazione dell’immobile requisito.

2.3 – Come sopra evidenziato, l’Amministrazione ricorrente ha fatto specifico riferimento alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 8 aprile 2003, n. 5462, ma già Cass. 10 maggio 1996, n. 4416, ivi espressamente richiamata, nonchè la successiva Cass. 5 maggio 2004, n. 8557), secondo la quale il proprietario di un’area, che sia stata requisita ai sensi del D.L. n. 776 del 1980, art. 3, convertito nella L. n. 874 del 1980, ha diritto, una volta divenuto inefficace per scadenza del termine il provvedimento di requisizione e protraendosi l’occupazione dell’immobile anche dopo tale scadenza, ad agire, per il rilascio del bene e per il risarcimento del danno, nei confronti del Comune, che è legittimato passivo "quale materiale detentore ed utilizzatore sine titulo (dello stesso immobile) ed autore dell’illecito risarcibile", senza che assuma rilievo, nell’indicata ipotesi, l’individuazione del soggetto tenuto alla corresponsione dell’indennizzo dovuto al proprietario medesimo per il periodo di efficacia della requisizione.

Codesto richiamo, tuttavia, trascura di considerare che, nei casi affrontati dalle pronunce sopra riportate, si trattava delle obbligazioni, restitutoria e risarcitoria, connesse alla protratta occupazione illegittima del bene dopo l’esaurimento degli effetti del provvedimento di requisizione, in un quadro di responsabilità non da atto legittimo, ma aquiliana, essendo pacifico in causa (così, segnatamente, in quella decisa da Cass. n. 5462/2003, cit.) che l’occupazione degli immobili si fosse protratta allorquando era cessata da tempo (dalla fine del 1988) l’efficacia della loro requisizione, disposta in forza del D.L. n. 776 del 1980, art. 3, comma 1, lettera "a", convertito nella L. n. 874 del 1980. Nella specie, per contro, sulla base dell’incensurato apprezzamento della corte territoriale, viene in discussione, quanto alla domanda di condanna al pagamento dell’indennità di requisizione del bene "relativamente al periodo successivo al 31 dicembre 1988, la carenza di legittimazione passiva dedotta dall’Amministrazione ricorrente sul rilievo che, non essendo stato l’immobile "derequisito (dal Comune) entro il 31.12.1988, data in cui per legge cessarono le misure assistenziali a favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici, …dopo tale data è il Comune (stesso) a dover corrispondere le indennità di requisizione". Poichè, quindi, forma oggetto di controversia l’individuazione del soggetto passivamente legittimato rispetto alla domanda attorea di condanna al pagamento delle suindicate indennità, spettanti a seguito della requisizione disposta dal Sindaco nelle circostanze sopra riferite, risulta palese come, indipendentemente dal fatto che la corresponsione dell’indennizzo preteso dalla C. attenga non già al periodo di efficacia della medesima requisizione, ma ad un periodo in cui l’occupazione dell’immobile si è protratta pur dopo la cessazione dell’efficacia anzidetta, la sussistenza della responsabilità dell’Amministrazione delegante per le obbligazioni indennitarie nascenti dall’attività svolta dal Comune delegato nell’esercizio del potere delegatogli vada apprezzata nel senso che, in difetto di alcun valido mutamento del "titolo" in forza del quale l’immobile era stato originariamente requisito (secondo quanto avvenuto, invece, sulla base, ad esempio, della L. 18 aprile 1984, n. 80, art. 6, comma 3, che, nel prevedere l’espropriazione da parte dei Comuni, entro dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore, delle aree destinate all’installazione di insediamenti provvisori delle popolazioni colpite, ha comportato il passaggio da una prima fase di acquisizione di tali aree ad un successiva fase in cui il fine perseguito era quello di pervenire all’espropriazione definitiva dei suoli a favore degli enti territoriali, sostituendo alla provvisorietà di tale acquisizione iniziale il fine dell’occupazione preordinata all’esproprio, con conseguente "trasformazione" funzionale del titolo appunto dell’originaria requisizione: Cass. Sezioni Unite 13 luglio 2000, n. 488), e fatto salvo l’esperimento dell’azione di rivalsa nei confronti del Comune eventualmente responsabile di non avere tempestivamente provveduto alla derequisizione del bene, ovvero delle conseguenze patrimoniali legate alla mancata restituzione di quest’ultimo al proprietario, l’obbligo del pagamento della relativa indennità fino alla data della restituzione medesima resta, in effetti, secondo quanto correttamente ritenuto dalla Corte territoriale, a carico dell’Amministrazione statale, la quale ebbe a disporre la requisizione, anche per l’ulteriore periodo, di occupazione dell’immobile requisito, successivo all’intervenuta scadenza del termine finale di efficacia di detta requisizione. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

3 – Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali inerenti al presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta ricorso e condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 5000,00 per onorari.

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