Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3211 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La s.r.l. FV F.lli Vispi ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi e memoria, nei confronti del Ministero della Giustizia avverso il decreto in data 11 aprile 2009, con il quale la Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile per indeterminatezza della domanda la sua richiesta di condanna di detto Ministero al pagamento in suo favore di una somma a titolo di equo indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio svoltosi in primo e secondo grado davanti al Tribunale e alla Corte di appello di Perugia dal 20 settembre 1993 al 12 ottobre 2007.

A fondamento della decisione la Corte di merito – premesso il proprio dissenso dall’orientamento giurisprudenziale che riconosce anche agli enti collettivi la possibilità di far valere il danno non patrimoniale sofferto a causa della durata irragionevole di giudizi che li coinvolgano – ha osservato che la società ricorrente avrebbe almeno dovuto allegare una qualche specifica situazione di sofferenza morale riferibile alle persone fisiche attraverso le quali essa opera; ed ha aggiunto che tale mancata allegazione rende inammissibile la domanda di equo indennizzo senza possibilità di concessione di termini per integrarla, non essendo applicabile ai procedimenti camerali le disposizioni dettate in tal senso dal codice di rito per i giudizi contenziosi ordinari.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

Con i primi tre motivi la società ricorrente – denunciando violazione di legge e vizio di motivazione – censura il decreto impugnato, deducendo che il riconoscimento in favore anche degli enti collettivi del diritto al ristoro del danno non patrimoniale per eccessiva durata di un giudizio discende dall’obbligo per il giudice nazionale di adeguarsi ai criteri interpretativi della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo, quali elaborati dalla Corte Europea di Strasburgo.

La complessiva censura è fondata.

Osserva infatti il collegio che pure in siffatte ipotesi il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, è da ritenersi conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte alla gestione dell’ente o ai suoi membri, non diversamente da quanto avviene per il danno morale da lunghezza eccessiva del processo subito dagli individui persone fisiche. Pur dovendosi perciò escludere la configurabilità di un danno in re ipsa, automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione del principio di durata ragionevole del processo, una volta accertata e determinata l’entità della violazione stessa, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti la sussistenza di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente (cfr., ex multis, Cass. n. 2246 del 2007; n. 11746 del 2010; n. 25831 del 2010).

Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di merito, la società ricorrente, in una fattispecie come quella in esame, non è tenuta ad allegare alcuna specifica circostanza di fatto che valga ad individuare gli estremi del danno non patrimoniale di cui essa chiede il ristoro, nè a specificare a quali delle persone fisiche preposte alla sua gestione o dei suoi soci quel danno sia immediatamente riferibile. L’allegazione del danno morale, inteso appunto come disagio psicologico derivante dall’eccessiva lunghezza del processo in cui l’ente è coinvolto – ovviamente sopportato dalle persone fisiche che incarnano la società, ma direttamente a quest’ultima riferibile – non richiede alcuna ulteriore specificazione ed appare sufficiente a consentire la piena individuazione dell’oggetto della domanda, sulla quale il giudice è perciò tenuto a provvedere.

Resta assorbita la doglianza svolta con il quarto motivo e con la quale la società ricorrente si lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto non applicabile al procedimento in camera di consiglio la disciplina relativa alla nullità della citazione, che si attaglierebbe solamente ai procedimenti ordinali.

Il decreto impugnato deve essere di conseguenza annullato in relazione alle censure accolte.

Poichè sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va rinviata, per la decisione sul merito del ricorso per equa riparazione, alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, demandandole di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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