Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3210 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

G.L. propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 1 aprile 2009, con il quale la Corte di appello di Napoli, accertata una durata non ragionevole di quindici anni, ha condannato detto Ministero al pagamento in suo favore della somma di Euro 7.500,00, pari ad Euro 500,00 per anno di ritardo, oltre a interessi legali a decorrere dalla data del decreto, per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio da lui promosso davanti al Tar Campania con ricorso depositato il 2 luglio 1990 e ancora pendente alla data di presentazione del ricorso per equa riparazione (26 giugno 2008).

Il Ministero intimato non ha svolto difese.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

I ricorrenti censurano il decreto impugnato, proponendo quattro motivi di ricorso, con i quali, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, lamentano: – il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa, e non al? intera durata del giudizio (primo motivo);

– l’inosservanza, con vizio di motivazione, dei parametri europei ai fini della quantificazione dell’equo indennizzo (motivi da due a quattro).

Il primo motivo è privo di fondamento, in quanto è vincolante per il giudice nazionale il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14).

Sono invece fondati i motivi da due a quattro, esaminati congiuntamente in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, atteso che la determinazione dell’indennizzo nella misura di euro 500,00 per anno di ritardo è irragionevolmente inferiore a quella calcolata in base ai parametri stabiliti dalla CEDU, come interpretati e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte.

Il ricorso merita pertanto accoglimento nei termini sopra precisati e il decreto impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. Determinata in quindici anni la durata non ragionevole del giudizio svoltosi davanti al Tar Campania – secondo l’accertamento compiuto dalla Corte di appello, infondatamente censurato dal ricorrente -, va considerato che, in ordine al criterio per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto, la CEDU, in due decisioni (Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010) ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi e alle loro peculiarità, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille euro annue normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a valutazioni più riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue (v. Cass. 2010/14753; 2010/15130).

Nel caso di specie – considerati i margini di valutazione equitativa adottabili in conformità dei criteri ricavabili dalla sopra menzionata giurisprudenza della CEDU e valutate le specificità del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi al Tar (Campania oltre i limiti ragionevoli di durata, tenuto altresì conto, in particolare e secondo quanto risulta dal decreto impugnato, del mancato deposito, nel giudizio presupposto, di istanze sollecitatorie di parte – al ricorrente va liquidata in via equitativa, per danno non patrimoniale, la somma di Euro 9.000,00 con gli interessi legali dalla domanda, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e accoglie i motivi da due a quattro nei termini di cui in motivazione.

Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 9.000,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00 di cui Euro 600,00 per competente ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 525,00 di cui Euro 425,00 per onorali, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

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