Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3208 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.N. ricorre per cassazione, sulla base di dieci motivi e memoria, avverso il decreto in data 28 marzo 2009, con il quale la Corte di appello di Ancona ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore della somma di Euro 5.600,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla data del decreto, a titolo di equo indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio di separazione giudiziale tra coniugi instaurato davanti al Tribunale di Forlì con ricorso depositato l’11 giugno 1999 e definito con sentenza del 5 luglio 2008.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

La ricorrente lamenta:

– il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa, e non all’intera durata del giudizio (primo motivo);

– la determinazione da parte della Corte di appello, in violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, e con vizio di motivazione, della durata ragionevole del giudizio di separazione nella misura di quattro anni anzichè in quella di due anni e sette mesi (motivi da due a cinque);

– l’insufficiente quantificazione, con vizio di motivazione, del danno non patrimoniale (motivi da sei a nove);

– la decorrenza degli interessi legali dalla data del decreto anzichè da quella della domanda (decimo motivo).

Il primo motivo è infondato, in quanto è vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14), non toccando tale diversità di calcolo la complessiva attitudine della legge 2001/89 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo (Cass. 2011/17440).

I motivi da due a cinque sono inammissibili per carenza d’interesse, in quanto, anche conteggiando un periodo di durata ragionevole inferiore ai quatto anni stabilito dalla Corte di merito – e in particolare, per il giudizio di primo grado, tre anni, secondo i parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di cassazione (Cass. 2008/14), e non già due anni e sette mesi, come infondatamente richiesto dalla ricorrente – l’indennizzo da liquidare, conteggiato nella misura di Euro 750,00 ad anno per i primi tre anni e di Euro 1.000,00 ad anno per gli anni successivi (V. Cass. 2009/21840; 2010/819; 2010/17922) e pari ad Euro 5.350,00 per una durata non ragionevole di sei anni e un mese, non sarebbe superiore a quelle liquidato nella misura di Euro 5.600,00 dalla Corte di appello nel decreto impugnato.

I motivi da sei a nove sono privi di fondamento in quanto l’importo liquidato dalla Corte di appello (Euro 5.600,00) è superiore a quello di Euro 5.350,00 che si sarebbe dovuto quantificare, per una durata non ragionevole di sei anni e un mese, in base ai parametri stabiliti dalla Corte di cassazione e in precedenza indicati.

Il decimo motivo è fondato in quanto, per costante giurisprudenza, sulla somma dovuta a titolo di equa riparazione vanno riconosciuti gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda proposta davanti alla corte di appello e non da quella del decreto impugnato (Cass. 2005/18105; 2005/24756; 2009/27193).

Il decreto impugnato deve essere dunque cassato in ordine alla censura accolta e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, disponendosi che sull’indennizzo liquidato alla ricorrente devono essere conteggiati gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, compensate per due terzi quelle del giudizio di cassazione in considerazione dell’accoglimento parziale del ricorso e limitatamente alla decorrenza degli interessi legali, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione delle spese del giudizio di cassazione in favore dei difensori della ricorrente, dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i motivi da 2 a 5, rigetta il primo motivo e i motivi da 6 a 9 e accoglie il decimo motivo. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, dispone che gli interessi legali da conteggiarsi sull’indennizzo liquidato in favore della ricorrente decorrano dalla domanda.

Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00 di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, compensate per due terzi, che si liquidano in Euro 965,00 di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle spese del giudizio di cassazione in favore dei difensori della ricorrente, avvocati Carlo Zauli e Guido Maria Pottino, dichiaratisi antistatari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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