Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-03-2012, n. 3207 Diritti politici e civili Diritto comunitario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.M. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 19 maggio 2009, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato detto Ministero al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 1.249,00, oltre agli interessi dalla data della decisione e con compensazione integrale delle spese di lite "considerato l’iter complessivo del giudizio", a titolo di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio dalla medesima promosso davanti al Tar Campania, limitatamente al periodo successivo a quello in precedenza preso in considerazione dalla stessa Corte di appello, che. con decreto del 21 luglio 2006, aveva già riconosciuto l’equo indennizzo di Euro 4.749.81, in relazione al medesimo giudizio amministrativo e a una durata non ragionevole di quattro anni e nove mesi, per il periodo compreso tra l’11 giugno 1998 (data di deposito del ricorso davanti al Tar Campania) e il marzo 2006 (data di presentazione del ricorso per equa riparazione). In particolare, con il decreto in questa sede impugnato, la Corte di appello di Napoli ha liquidato l’importo di Euro 1.249,00, conteggiando un ulteriore periodo di durata non ragionevole di un anno e tre mesi, dall’aprile 2006 (mese successivo a quello di presentazione del precedente ricorso per equa riparazione) al 27 giugno 2007 (data di deposito della sentenza che ha definito il giudizio amministrativo davanti al Tar Campania) e tenuto conto dell’importo di Euro 1.000,00 per ciascun anno di durata non ragionevole, già liquidato con il precedente decreto de 2 luglio 2006. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, sulla base di un motivo.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve disporsi, a norma dell’art. 335 c.p.c. la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, in quanto relativi all’impugnazione del medesimo provvedimento decisorio. Con i due motivi del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, la ricorrente – denunciando violazione di legge e vizio di motivazione – si duole che la Corte di merito, pur avendo accolto la domanda di equa riparazione e condannato l’Amministrazione al pagamento di un equo indennizzo, abbia disposto la compensazione delle spese senza che ricorressero giusti motivi e sulla base di motivazione incongrua. Con un unico motivo il ricorrente incidentale – denunciando violazione di legge per falsa ed erronea applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, in relazione agli artt. 88 e 111 Cost. – deduce che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare improcedibile il ricorso per equa riparazione proposto dalla L. per ottenere l’indennizzo maturato successivamente al precedente decreto di condanna che aveva riconosciuto il diritto all’indennizzo lino alla data di presentazione del ricorso per equa riparazione. Intatti, secondo il ricorrente incidentale, "la proposizione di plurime domande sul medesimo fatto generatore (medesimo processo) anche se relativo a indennizzi maturati in tempi diversi, non è conforme al principio stabilito dall’art. 88 c.p.c. (che vieta l’esercizio del diritto in l’orme eccedenti o devianti rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale) e del giusto e sollecito processo stabilito dall’art. 111 Cost.". In particolare, sempre secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, "il suddetto comportamento processuale viola le summenzionate norme perchè, oltre ad aggravare il carico di contenziosi pendenti presso le Corti d’appello in materia di ragionevole durata del processo, pone a carico dell’amministrazione finanziaria ulteriori oneri di spese di giudizio, anche per indennizzi minimali, che potrebbero essere evitati concentrando tutte le pretese in un’unica domanda".

Per ragioni di priorità logica va prima esaminato il ricorso incidentale. La censura è priva di fondamento.

La L. n. 89 del 2001, art. 4, nello stabilire che "la domanda di riparazione può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva", subordina la proposizione del giudizio di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo alla sussistenza di uno specifico presupposto indicato nella "pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata", a cui la norma ha aggiunto un termine finale costituito dalla scadenza del semestre decorrente dalla data in cui la decisione che lo conclude è divenuta definitiva (Cass. 2006/1184). Di conseguenza, a norma della citata L. n. 89 del 2001, art. 4 la domanda di equa riparazione deve essere avanzata, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il procedimento nel cui ambito la violazione si assume essersi verificata, è divenuta definitiva, ma è fatta salva la possibilità che la domanda sia proposta anche durante la pendenza del procedimento stesso (Cass. 2003/920; 2003/5265;

2004/3143; 2005/28864). Qualora la domanda di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001, sia proposta durante la pendenza del processo presupposto, il giudice dell’equa riparazione deve prendere in considerazione, ai fini della valutazione della ragionevolezza della durata di detto processo, il solo periodo intercorrente tra il promovimento del processo stesso e la proposizione del ricorso per equa riparazione, non potendo egli compiere una valutazione prognostica in ordine a successivi sviluppi del giudizio di cui si tratta, i quali restano incerti, oltre che quanto all’esito, anche quanto ai tempi di svolgimento (Cass. 2005/19352). Infatti tale valutazione prognostica è esclusa dalla lettera della L. n. 89 del 2001, art. 2 che si riferisce ad un evento lesivo storicamente già verificatosi e dunque certo, mentre a sua volta l’art. 4 della stessa legge, permettendo l’esercizio dell’azione anche in pendenza del processo presupposto, delimita l’ambito del giudizio, anticipandone la liquidazione per ogni violazione già verificatasi, e fa implicitamente salva la facoltà di proporre altra domanda in caso di eventuale ritardo ulteriore (Cass. 2011/8547), al fine di richiedere successivamente l’ulteriore indennizzo per il periodo residuo di durata non ragionevole del processo presupposto (Cass. 2006/7143).

Alla stregua degli enunciati principi, la proposizione di successive domande di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata di un medesimo processo, in conseguenza del protrarsi della violazione anche nel periodo successivo a quello accertato con una prima decisione – costituendo esercizio di una specifica facoltà prevista dalla legge ed essendo anzi funzionale al perseguimento della finalità della legge stessa, che postula il riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione alla durata dell’intero giudizio, dall’introduzione fino alla pronuncia definitiva (Cass. 2006/8717;

2007/18720) – non integra, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente incidentale (peraltro facendo leva su di un orientamento giurisprudenziale riguardante la diversa fattispecie del creditore di una determinala somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, che proceda al frazionamento del credito in plurime richieste giudiziali di adempimento; cfr. Cass. S.U. 2009/26961;

Cass. 2007/23726; 2008/15476), gli estremi di una situazione di abuso del processo o di esercizio del diritto in forme eccedenti o devianti rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale, in violazione del principio di lealtà processuale previsto dall’art. 88 c.p.c. e del giusto e sollecito processo stabilito dall’art. 111 Cost.. In particolare, per quanto riguarda l’aggravamento del carico di contenzioso pendente presso le Corti d’appello in materia di ragionevole durata del processo e degli oneri delle spese di giudizio a carico della Pubblica Amministrazione, che secondo il ricorrente incidentale potrebbero essere evitati concentrando tutte le pretese in un’unica domanda, questa Corte ha già più volte rilevato, con orientamento a cui si intende in questa sede dare continuità, che "nulla impedisce alla pubblica amministrazione di predisporre i mezzi necessari per offrire direttamente soddisfazione a chi abbia sofferto un danno a cagione dell’eccessiva durata di un giudizio in cui sia stato coinvolto" (Cass. 2009/27728; 2010/1101; 2011/20856). E’ infondato anche il ricorso principale. Infatti, per effetto del richiamo operato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, nel giudizio per l’equa riparazione della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo trovano applicazione le norme del codice di rito (Cass. 2004/23789; 2007/14053) e a norma dell’art. 92 c.p.c. il giudice può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati in motivazione. Nella specie, la Corte di merito ha motivalo congruamente la compensazione delle spese processuali, facendo riferimento all’iter complessivo del giudizio, con chiaro e univoco riferimento proprio alla peculiarità della fattispecie processuale, che ha comportato la instaurazione di un duplice giudizio di equa riparazione, e all’accoglimento parziale della domanda nella misura di Euro 1.29,00. a fronte della ben maggiore richiesta formulata dalla ricorrente (Euro 3.875,00) in aggiunta all’importo già percepito con il precedente decreto (Euro 4.749,81). L’esito del giudizio di cassazione, con il rigetto di entrambi i ricorsi. giustifica la integrale compensazione tra le parli delle spese relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *