T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 02-11-2011, n. 2598 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 12 novembre 1999 e depositato il 24 novembre successivo, la ricorrente ha impugnato la nota del 6 settembre 1999 del Comune con cui è stato comunicato alla medesima il diniego di autorizzazione edilizia per i lavori di recinzione da eseguirsi sui terreni di proprietà della stessa e posti all’interno del Parco della Spina Verde di Como, la nota prot. 1828/99 del 9 marzo 1999, recante il parere preliminare contrario al rilascio dell’autorizzazione, e il parere della Commissione edilizia del 2 settembre 1999.

Avverso i predetti provvedimenti vengono dedotte le censure di violazione di legge per contrasto con l’art. 8, comma 5, lett. a), della legge regionale n. 10 del 1993 e di eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto.

La recinzione per cui sarebbe stata richiesta l’autorizzazione, negata dal Comune con i provvedimenti impugnati, rientrerebbe, contrariamente a quanto sostenuto nei predetti atti, nello spettro applicativo della norma regionale in precedenza richiamata. Difatti, la recinzione avrebbe la finalità di limitare il pascolo del bestiame, utilizzato per concimare e ripulire il sito in questione, alle sole zone di interesse e sarebbe certamente provvisoria, essendo stata richiesta un’autorizzazione per cinque anni.

Vengono dedotti, altresì, l’eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria, la violazione di legge per contrasto con gli artt. 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto e di fatto, la palese illogicità e l’erroneità.

Il diniego impugnato non sarebbe correttamente motivato, atteso che il Comune avrebbe travisato l’effettivo oggetto della richiesta, ritenendo che la recinzione riguardasse un’area di pertinenza di un immobile piuttosto che un’area soggetta a piantagione, come invero risulterebbe nel caso di specie.

Inoltre, vengono dedotti ulteriori profili di eccesso di potere per carenza di congrua motivazione e di istruttoria, di violazione di legge per contrasto con gli artt. 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, di eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto, di illogicità e di erroneità.

La motivazione in ordine alle mancate garanzie in relazione alla temporaneità dell’opera sarebbe del tutto irragionevole, atteso che gli impegni assunti dalla ricorrente – e contenuti nel progetto presentato – sarebbero stati assolutamente idonei a fungere da garanzia per l’Amministrazione, che, in ogni caso, avrebbe potuto chiedere delle integrazioni o dei chiarimenti al fine di fugare i propri dubbi in merito alla temporaneità della recinzione.

Ulteriori doglianze si riferiscono all’eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti, al difetto assoluto di istruttoria, alla carenza di motivazione, alla violazione di legge per contrasto con gli artt. 3 e 6 della legge n. 241 del 1990 e all’eccesso di potere per irragionevolezza ed erroneità.

L’assenza di servitù di uso pubblico, sull’area oggetto della richiesta da parte della ricorrente, renderebbe illogica la motivazione che assume la mancata salvaguardia dei sentieri esistenti, visto che nessuna dimostrazione in ordine alla loro esistenza sarebbe stata fornita dal Comune.

Infine, vengono dedotti l’eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta, lo sviamento del potere dalla causa tipica, la violazione di legge per contrasto con l’art. 97 della Costituzione e con l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e la violazione dell’art. 841 c.c.

Il comportamento dell’Amministrazione sarebbe palesemente vessatorio nei confronti della ricorrente, visti anche i precedenti contenziosi instaurati tra le parti. Oltre ad una palese violazione del principio di buon andamento, si configurerebbe anche una violazione del diritto del proprietario di chiudere il proprio fondo in ogni tempo, come stabilito dall’art. 841 c.c.

Si è costituito in giudizio il Comune di Como, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con atto depositato in data 11 aprile 2008, due difensori della ricorrente hanno comunicato la propria rinuncia al mandato.

In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia la parte ricorrente ha depositato delle memorie e il Comune di Como della documentazione; con riferimento a quest’ultima, la parte della ricorrente ne ha eccepito la tardività.

Alla pubblica udienza del 24 maggio 2011, su richiesta del procuratore della parte ricorrente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Si può prescindere dall’esame dell’eccezione formulata dalla parte ricorrente in ordine alla tardività del deposito della documentazione da parte del Comune di Como, in quanto il ricorso è fondato.

2. Con le prime tre censure, da esaminare congiuntamente, essendo le stesse strettamente connesse, si assume l’illegittimità del diniego impugnato perché la recinzione per cui sarebbe stata richiesta l’autorizzazione, negata dal Comune con i provvedimenti impugnati, rientrerebbe, contrariamente a quanto sostenuto nei predetti atti, nello spettro applicativo dell’art. 8, comma 5, lett. a), della legge regionale n. 10 del 1993, trattandosi di recintare una piantagione e non un fabbricato. Difatti, la recinzione avrebbe la finalità di limitare il pascolo del bestiame, che dovrebbe concimare e ripulire il sito in questione, alle sole zone di interesse e sarebbe certamente provvisoria, essendo stata richiesta un’autorizzazione per cinque anni, con tutte le garanzie in ordine alla temporaneità della stessa.

2.1. Le censure sono fondate.

L’art. 8, comma 5, lett. a), della legge regionale n. 10 del 1993 – applicabile alla fattispecie ratione temporis – stabilisce che "all’esterno del perimetro dei centri edificati di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, non sono consentiti: a) la costruzione di recinzioni delle proprietà se non con siepi, salvo le recinzioni temporanee a protezione delle aree di nuova piantagione e quelle strettamente pertinenti agli insediamenti edilizi, per le quali è comunque richiesta l’autorizzazione edilizia".

Nel caso di specie, la ricorrente in data 22 gennaio 1999 ha chiesto al Comune di Como il rilascio di un’autorizzazione finalizzata a recintare una porzione del proprio terreno per allevare pochi animali da cui ottenere la pulizia del bosco, allo scopo di sostituire le specie vegetali esistenti con essenze arboree più pregiate e in armonia con le caratteristiche ambientali del luogo (all. 4 al ricorso).

Il Comune di Como ha negato l’autorizzazione assumendo che quanto richiesto non rientrerebbe nella previsione di cui alla richiamata disposizione regionale; inoltre, sempre a giudizio del Comune, non sarebbe stata fornita alcuna garanzia a tutela dei percorsi viabilistici esistenti ed a riprova della temporaneità dell’opera.

La prima ragione addotta dal Comune per negare il rilascio dell’autorizzazione – ossia la non applicabilità della legge regionale richiamata perché non si tratta di recinzione della stretta pertinenza dell’immobile – denota un completo travisamento sia della richiesta formulata dalla ricorrente, che della norma regionale invocata.

La ricorrente ha chiesto, innanzitutto, di recintare una porzione del proprio terreno per allevare degli animali e per sostituire le piantagioni esistenti nel bosco e non di recintare una pertinenza di un immobile, come risulta evidente dalla domanda. Premesso ciò, l’art. 8, comma 5, lett. a), stabilisce che le recinzioni possono riguardare sia le aree di nuova piantagione, sia quelle strettamente pertinenti agli insediamenti edilizi.

Pertanto, risulta illegittimo il diniego del Comune, sull’assunto che la norma regionale invocata consentirebbe di recintare soltanto la stretta pertinenza di un immobile.

2.2. Anche con riferimento alla temporaneità dell’opera, la ricorrente ha evidenziato che la fase sperimentale di utilizzazione del terreno avrebbe avuto una durata di cinque anni (all. 8 al ricorso). Avuto riguardo, invece, alla asserita mancanza di tutela dei percorsi esistenti, a fronte di una dichiarazione della ricorrente che ha assicurato di garantire tali percorsi (all. 9 al ricorso), nel provvedimento finale ci si limita ad affermare apoliticamente che non sono state fornite adeguate garanzie in tal senso.

Di conseguenza, non può che essere ritenuto illegittimo il comportamento dell’Amministrazione che, oltre a travisare alcuni elementi della fattispecie, non ha nemmeno invitato la ricorrente a fornire ulteriori chiarimenti in ordine agli aspetti che potessero risultare poco evidenti, oppure allo scopo di ottenere ulteriori garanzie in relazione agli impegni assunti dalla stessa in fase di richiesta.

Infatti, "secondo un principio fondamentale dell’istruttoria amministrativa – oggi consacrato nell’art. 6, comma 1, lett. b) della l. n. 241/90 – l’amministrazione ha in particolare l’obbligo di accertare d’ufficio, per quanto possibile, la "realtà" dei fatti e degli atti, anche acquisendo, ove necessario, precisazioni relative all’interpretazione di istanze poco chiare, o troppo generiche, ovvero verificando direttamente la fondatezza e la veridicità delle dichiarazioni rese in istruttoria" (T.A.R. Lazio, Roma, I, 19 marzo 2010, n. 4321).

2.3. La fondatezza delle predette censure, determina, previo assorbimento delle restanti doglianze, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti con lo stesso ricorso impugnati.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti con lo stesso ricorso impugnati.

Condanna il Comune di Como al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente nella misura di Euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 24 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Elena Quadri, Consigliere

Antonio De Vita, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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