Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-03-2012, n. 3194 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Milano con sentenza n. 3781 del 2006 rigettava la domanda proposta da F.V. e S.S., volta ad ottenere il superiore inquadramento di agenti accertatori con inserimento al 6^ livello.

Tale decisione, appellata dagli originari ricorrenti, è stata riformata dalla Corte di Appello di Milano n. 638 del 2009, che ha accolto la loro domanda con decorrenza dal 30 gennaio 2001, con condanna dell’AMSA al pagamento delle differenze retributive dall’anzidetta data, oltre rivalutazione ed interessi.

La Corte territoriale ha riconosciuto il richiesto superiore inquadramento richiamandosi al conferimento inquadramento richiamandosi al conferimento agli appellanti delle funzioni in questione con apposita procedura con decreto del Sindaco in data 30.01.2001 dopo la partecipazione ad apposito corso di formazione e al rilascio dei tesserini quali agenti accertatori.

L’AMSA ricorre per cassazione con un motivo, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Gli intimati resistono con controricorso.

Viene autorizzata da parte del Collegio motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1. La ricorrente lamenta anzitutto vizio di motivazione, sostenendo che il giudice di appello non ha preso in considerazione che l’inquadramento delle funzioni degli agenti accertatori nel 6^ livello era stata erronea e frettolosa, tanto è vero che la delibera societaria del 1996 era stata modificata con delibera di 1999, la quale aveva riportato le anzi-dette funzioni nell’ambito del 5^ livello.

La ricorrente aggiunge che il giudice di appello non ha rilevato che dalla lettura delle declaratorie del CCNL si evince che per il riconoscimento del 6^ livello si richiede una preposizione a più uffici reparti, il che non si riscontra nell’attività dei due dipendenti.

Le esposte censure sono infondate.

L’unico motivo di ricorso è rubricato con l’espressione "omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione". Esso si chiude però con sei quesiti, ossia con sei questioni di diritto, le quali anzitutto non sono più richieste dal codice di procedura civile, essendo stato abrogato l’art. 366 bis, dalla L. 18 giugno 1009, n. 69, art. 47 e poi contraddicono la detta rubrica, che concerni vizi di motivazione in fatto ( art. 360 c.p.c., n. 5), oltre alla lamentata ultrapetizione. Nè manca un richiamo all’art. 2732 cod. civ., pur non risultando nella sentenza impugnata alcun cenno ad una confessione o ad una sua revoca.

A queste ragion di inammissibilità si aggiunge la non fondatezza della censura, la quale chiede nella sostanza una rivalutazione delle prove, anche documentali, acquisite in causa, là dove là dove la Corte territoriale ha effettuato una interpretazione del contratto collettivo di categoria sulla base di corretti criteri ermeneutici e di coerente motivazione, ricostruendo l’attività svolta dai ricorrenti e ponendo in evidenza, come già detto, che il conferimento delle funzioni rivendicate era avvenuto a seguito di apposita procedura con decreto del Sindaco in data 30.01.2001, dopo la partecipazione ad apposito corso di formazione e di rilascio dei tesserini quali agenti accertatori, i quali avevano così definitivamente acquisito il diritto alla qualifica.

Nel quadro così ricostruito nessuna decisiva rilevanza può essere data al fatto dell’intervenuta modifica della delibera societaria circa l’inquadramento delle funzioni degli agenti accertatori.

3. La ricorrente ha denunciato anche vizio di "ultrapetizione", osservando che nel ricorso di primo grado non vi era, da parte dei ricorrenti, alcuna domanda di attribuzione di mansioni di agente accertatore.

Anche questa doglianza è priva di pregio e va disattesa, avendo rilevato gli attuali controricorrenti (cfr. pag. 14 controricorso) che l’originario ricorso alla lettera "d" delle conclusioni così recitava "Condannare altresì AMSA ad adibire in ricorrenti alle mansioni di agente accertatore". Il che rende evidente l’insussistenza del denunciato vizio.

4. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 50,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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