Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-09-2011) 05-10-2011, n. 36104 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 18 febbraio 2011, il tribunale di Firenze, quale giudice del riesame, revocava il decreto di sequestro preventivo emesso il 24 gennaio dal G.I.P. di quella città ed avente ad oggetto opere abusive eseguite, in assenza di permesso costruire, in comune di Montespertoli e consistenti nell’esecuzione di due nuovi vani e sopraelevazione di un vano scala mediante nuova costruzione, con ampliamento volumetrico di mc 23,74 ottenuta anche mediante sopraelevazione del tetto, il tutto in Zona B, ove non era consentito alcun incremento di volumetria e con superamento delle altezze massime consentite (m. 8 in luogo di m. 7,50).

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso il Procuratore della Repubblica di Firenze, deducendo l’omessa motivazione e la violazione dell’art. 321 c.p.p. in relazione al periculum in mora escluso dal Tribunale, che riteneva insussistente un apprezzabile aggravio del carico urbanistico giudicando apodittica la diversa affermazione del G.I.P..

Osservava, a tale proposito, che l’ordinanza impugnata si poneva in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte in materia ed ometteva di considerare che i presupposti per l’applicazione della misura reale erano stati compiutamente valutati dal G.I.P., il quale aveva correttamente affermato che l’intervento abusivo aveva reso possibile la realizzazione di due nuovi vani abitabili, determinando un incremento volumetrico non consentito nella zona e che le opere, relativamente alle quali la amministrazione competente aveva respinto i relativi progetti, rientravano inequivocabilmente nel novero delle nuove costruzioni.

Rilevava, altresì, che il Tribunale non aveva indicato le ragioni per le quali intendeva discostarsi dalle diverse argomentazioni poste dal G.I.P. a sostegno del provvedimento revocato.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente osservare che il Pubblico Ministero ricorrente ha correttamente richiamato la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (SS. UU. n. 12878, 20 marzo 2003) con la quale è stata definitivamente risolta la questione della applicabilità del sequestro preventivo all’immobile ultimato riconoscendo la validità dell’orientamento che ne riteneva l’ammissibilità.

In tale decisione si afferma che il giudice di merito deve valutare attentamente e, conseguentemente, motivare, la sussistenza del pericolo derivante dalla libera disponibilità del bene pertinente al reato, considerando, in particolare, "la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell’indagalo o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività". A titolo di esempio, con specifico riferimento all’incidenza sul carico urbanistico, si aggiunge che la delibazione in fatto sotto tale profilo deve essere effettuata considerando la consistenza reale e l’intensità del pregiudizio temuto, tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione della misura.

Sulla nozione di "carico urbanistico", peraltro, vengono fornite puntuali indicazioni, osservando, testualmente, che "(…questa nozione deriva dall’osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento cd. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deve essere proporzionato all’insediamento primario ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell’attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l’effetto che viene prodotto dall’insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari istituti di diritto urbanistico; a) negli standards urbanistici di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 che richiedono l’inclusione, nella formazione degli strumenti urbanistici, di dotazioni minime di spazi pubblici per abitante a seconda delle varie zone; b) nella sottoposizione a concessione e, quindi, a contributo sia di urbanizzazione che sul costo di produzione, delle superfici utili degli edifici, in quanto comportino la costituzione di nuovi vani capaci di produrre nuovo insediamento; c) nel parallelo esonero da contributo di quelle opere che non comportano nuovo insediamento, come le opere di urbanizzazione o le opere soggette ad autorizzazione; d) nell’esonero da ogni autorizzazione e perciò da ogni contributo per le opere interne (L. n. 47 del 1985, art. 26 e L. n. 493 del 1993, art. 4, comma 7) che non comportano la creazione di nuove superficie utili, ferma restando la destinazione dell’immobile;

e) nell’esonero da sanzioni penali delle opere che non costituiscono nuovo o diverso carico urbanistico (L. n. 47 del 1985, art. 10 e L. n. 493 del 1993, art. 4).

Sulla scia di tali condivisibili rilievi, altre decisioni successive hanno ulteriormente delineato i termini della questione, richiamando l’attenzione sulla circostanza che il pericolo degli effetti pregiudizievoli del reato, anche relativamente al carico urbanistico, deve presentare il requisito della concretezza, in ordine alla sussistenza del quale deve essere fornita dal giudice adeguata motivazione (Sez. 3, n. 4745, 30 gennaio 2008; conf. Sez. 6 n. 21734, 29 maggio 2008; Sez. 2, n. 17170, 5 maggio 2010) e chiarendo che, a tal fine, l’abuso va considerato unitariamente (Sez. 3, n. 28479, 10 luglio 2009; Sez. 3, n. 18899, 9 maggio 2008).

L’aggravamento del carico urbanistico è stato riconosciuto anche con riferimento alle ipotesi di realizzazione di opere interne comportanti il mutamento della originaria destinazione d’uso di un edificio (Sez. 3, n. 22866, 13 giugno 2007; conf. Sez. 4 n. 34976, 28 settembre 2010).

Nelle menzionate pronunce vengono, inoltre, indicate ipotesi specifiche di incidenza dei singoli interventi sul carico urbanistico, richiamando, ad esempio, il contenuto della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies come modificato dalle L. n. 122 del 1989 e L. n. 246 del 2005 che richiede, per le nuove costruzioni ed anche per le aree di pertinenza delle costruzioni stesse, la esistenza di appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione (Sez. 3 n. 28479/09, cit); la rilevanza di nuove costruzioni in termini di esigenze di trasporto, smaltimento rifiuti, viabilità etc. (Sez. 3 n. 22866/07, cit.); l’ulteriore domanda di strutture ed opere collettive, sia in relazione alle prescritte dotazioni minime di spazi pubblici per abitante nella zona urbanistica interessata (Sez. 3 n. 34142, 23 settembre 2005).

La menzionata giurisprudenza, che il Collegio condivide e dalla quale non intende discostarsi, ha dunque chiaramente individuato entro quale ambito può procedersi ad una corretta valutazione dei presupposti per l’applicazione del sequestro preventivo con riferimento all’aggravio del carico urbanistico.

Ciò posto, deve rilevarsi che, nella fattispecie, tale verifica era stata correttamente operata dal G.I.P., il quale aveva adeguatamente considerato la consistenza delle opere eseguite e la concreta rilevanza delle stesse.

Invero, la semplice descrizione degli interventi riportata nell’imputazione chiarisce che si tratta della creazione, attraverso l’esecuzione di specifici interventi, di nuovi vani abitabili all’interno di un’area ove lo strumento urbanistico vieta qualsiasi aumento di volumetria, con conseguente compromissione dell’assetto imposto al territorio attraverso la pianificazione.

Inoltre, il G.I.P. ha compiutamente dato atto delle caratteristiche dell’immobile abusivo e della concreta incidenza dello stesso sul carico urbanistico.

I principi in precedenza richiamati devono pertanto essere ribaditi, con l’ulteriore precisazione che l’incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico deve essere considerata con riferimento all’aspetto strutturale e funzionale dell’opera ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione della originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o alla effettiva utilizzazione tale da determinare un mutamento dell’insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione con particolare riferimento agli standard fissati dal D.M. n. 1444 del 1968.

Ciò posto, deve ulteriormente rilevarsi che il giudice del riesame non ha fornito alcuna indicazione delle ragioni per le quali le opere realizzate non incidono sul carico urbanistico, limitandosi ad una sommaria descrizione delle stesse ed alla affermazione di non condividere le diverse valutazioni del G.I.P. risolventisi in una motivazione meramente apparente.

Tale lacuna motivazionale dovrà, pertanto, essere colmata nel successivo giudizio di rinvio attenendosi ai principi dianzi menzionati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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