T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 02-11-2011, n. 1943 Mestieri girovaghi Sicurezza pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con gravame, notificato il 26 aprile 1996 e depositato l’11 maggio successivo, la ricorrente esponeva che, con ordinanza dell’11 aprile 1996, il Questore di Palermo le aveva ordinato di cessare immediatamente l’attività abusiva di "cartomanzia, scienze occulte e grande esorcista" sia nel suo studio che in altri luoghi, con espresso divieto anche di esercizio, di propaganda e ricerca di clientela attraverso la stampa e il mezzo televisivo e radiofonico.

Tale atto era stato così motivato: "considerato che detta attività costituisce esercizio del mestiere di ciarlatano ai sensi dell’art. 231 del regolamento di esecuzione del TULPS".

La ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, di tale atto, per i seguenti motivi:

1) Violazione e/o erronea applicazione dell’art. 121 del TULPS in relazione all’art. 231 del regolamento di esecuzione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità. Violazione degli artt. 2, 21, comma 1 e 97 della Cost..

2) Eccesso di potere per insufficienza e/o genericità della motivazione, per ingiustizia manifesta. Violazione degli artt. 3, 4, 21, comma 1, 33, comma 1, 35, comma 1, 41v e 97 della Cost.. Eccezione di incostituzionalità. Violazione delle norme in materia di imposta sui redditi delle persone fisiche e di imposta sul valore aggiunto e di quelle sulla tenuta delle scritture contabili obbligatorie.

Per l’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.

Con ordinanza n. 1325 del 30 maggio 1996, riformata con ordinanza del C.G.A. n. 592 del 24 luglio 1996, l’istanza cautelare è stata respinta.

Con ordinanza presidenziale n. 320 dell’8 luglio 1996, sono stati disposti incombenti istruttori, che sono stati eseguiti il 31 ottobre successivo.

Con memoria depositata in vista della udienza, la ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 12 ottobre 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

La controversia ha ad oggetto l’ordinanza, con la quale il Questore di Palermo ha ordinato alla ricorrente l’immediata cessazione della attività di cartomante, considerata ex se, ai sensi dell’art. 231 del regolamento di esecuzione del TULPS, esercizio del mestiere di ciarlatano.

Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo del difetto di motivazione.

Occorre premettere che l’art. 121, ultimo comma del T.U.L.P.S. (approvato con R.D. 18 giugno 1941, n. 773) vieta espressamente il mestiere di ciarlatano e l’art. 231 del relativo regolamento d’esecuzione, approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635, chiarisce, ai fini dell’applicazione del divieto sancito dall’art. 121, che sotto la denominazione di "mestiere di ciarlatano" va compresa ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità o a sfruttare od alimentare l’altrui pregiudizio ed esemplifica quei mestieri, che possono rappresentare l’indice di ciarlataneria, come "gli indovini, gli interpreti di sogni, i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi, esorcismi, o millantano o affettano in pubblico grande valentia nella propria arte o professione, o magnificano ricette e specifici, cui attribuiscono virtù straordinarie o miracolose".

In merito alla interpretazione di tali disposizioni sono riscontrabili nella giurisprudenza amministrativa due diversi orientamenti.

Secondo il primo, l’attività di cartomante (come le altre di chiromante, veggente, occultista contemplate dall’art. 121 t.u.l.p.s. e dall’art. 231 reg. p.s.) è sanzionata solo quando, a seguito di un’approfondita analisi della fattispecie concreta, costituisce manifestazione di vera e propria ciarlataneria e tale è ogni attività diretta a speculare sull’altrui credulità od a sfruttare od alimentare l’altrui pregiudizio (fra le altre: Consiglio di Stato, VI, 9 febbraio 2006, n. 510; TAR Emilia Romagna Bologna, I, 21 marzo 2003, n. 274; TAR Campania Salerno, I, 11 marzo 2002, n. 205; T.A.R. Marche, 6 aprile 2001, n. 343; Consiglio di Stato, IV, 12 marzo 2001, n. 1393 e 16 ottobre 2000, n. 5502).

Secondo altro orientamento, la normativa vigente vieta lo svolgimento del mestiere di cartomante perché comporta – secondo l’id plerumque accidit, ragionevolmente valutato dall’art. 231 reg. p.s. – il rischio dell’approfittamento dell’altrui credulità (pregiudizievole sotto il profilo patrimoniale e personale), anche se non sono in concreto commessi reati (per tutte Consiglio Stato, VI, 27 febbraio 2006, n. 814).

Il Collegio ritiene di aderire al primo orientamento, in quanto, essendo indubbio (dalla stessa formulazione) che l’elencazione di cui alla norma succitata non esaurisce tutte le ipotesi di ciarlataneria, ma è meramente esemplificativa, deve ritenersi necessaria una approfondita analisi della fattispecie concreta per verificare se tale attività concretizza un abuso della credulità popolare e dell’ignoranza. Tale analisi deve tenere conto del mutato contesto storico e sociale rispetto al momento, in cui è stata introdotta quella normativa, di cui è, peraltro, espressione la stessa giurisprudenza, che è giunta a ritenere ammissibili le attività di cui di discute in quanto fonte di reddito e quindi soggette al prelievo fiscale al pari di qualsiasi attività professionale. E’ stato, in particolare, affermato che l’attività di cartomante è indifferente per l’ordinamento giuridico, non essendo contraria al combinato disposto degli art. 121 t.u.l.p.s e 231 del relativo regolamento, se non quando sia manifestazione di vera e propria "ciarlataneria", con la conseguenza che i proventi dalla stessa derivanti rientrano tra quelli "di lavoro", con conseguente obbligo della loro annotazione nelle scritture contabili, la cui omissione è penalmente sanzionata (Corte appello Milano, 11 aprile 1990).

Nel caso in esame, l’Amministrazione non doveva limitarsi alla contestazione, ma aveva il dovere di valutare in concreto, attraverso apposita istruttoria e conseguente sufficiente motivazione, l’oggettiva idoneità dell’attività svolta dalla ricorrente ad integrare l’ipotesi di "ciarlatano".

Le spese vanno compensate, in ragione del contrasto giurisprudenziale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *