Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-03-2012, n. 3189 Procedimento civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La sentenza attualmente impugnata: 1) dichiara inammissibile il ricorso per revocazione proposto dalla YKK Mediterraneo s.p.a. avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona del 14 marzo 2008; 2) respinge la domanda, proposta da O.A. nei confronti della suindicata società di risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata (di cui all’art. 96 cod. proc. civ.).

La Corte d’appello di Ancona, per quel che qui interessa, precisa che:

a) dalla sentenza di cui si chiede la revocazione risulta, con chiarezza, che la questione relativa alla produzione, da parte dell’ O. in sede di procedimento disciplinare, delle "copie" ovvero degli "originali" di documenti aziendali (utilizzati per la propria difesa) è stata espressamente presa in considerazione, costituendo un punto controverso;

b) peraltro, tale questione non è stata considerata decisiva, visto che il licenziamento disciplinare è stato ritenuto sproporzionato per eccesso rispetto agli addebiti contestati;

c) poichè l’attuale impugnativa muove dalla premessa della qualificazione come errore di fatto revocatorio della statuizione secondo cui l’ O. avrebbe utilizzato, nella suddetta circostanza, le "copie" dei documenti aziendali (e non gli "originali", come sostiene la ricorrente), è evidente che il ricorso per revocazione di cui si tratta è inammissibile, mancando tutti gli elementi per la sussistenza di un errore del suddetto tipo.

2- Il ricorso di YKK Mediterraneo s.p.a. domanda – per un unico motivo e letteralmente – la cassazione della sentenza perchè affetta da errore revocatorio; resiste, con controricorso, O. A..

3.- In udienza è stata respinta – perchè formulata in modo del tutto generico e basata su erronei presupposti – l’istanza del difensore della società ricorrente di rinvio della trattazione della presente causa al fine di ottenere l’emanazione di un provvedimento di riunione dell’attuale ricorso con altri due ricorsi per cassazione, proposti prima di quello per revocazione (di cui si tratta nel presente giudizio), dalla stessa società YKK nei confronti di O.A., avverso due sentenze della Corte di appello di Ancona riguardanti la medesima vicenda.

Motivi della decisione

1 – Profili preliminari.

1.- Con riferimento al rigetto dell’istanza di rinvio della trattazione della causa avanzata dal difensore della ricorrente YKK Mediterraneo s.p.a. – onde ottenerne la trattazione congiunta con altre due pendenti presso questa Corte per effetto di due ricorsi per cassazione, proposti prima di quello per revocazione (di cui si tratta nel presente giudizio), dalla stessa società YKK nei confronti di O.A., avverso due sentenze della Corte di appello di Ancona riguardanti la medesima vicenda – deve essere precisato che, da quanto si desume dalla costante e condivisa giurisprudenza di questa Corte relativa all’interpretazione della normativa sui provvedimenti di rinvio dell’udienza di discussione della causa, la relativa istanza deve essere adeguatamente motivata.

Pertanto, nell’ipotesi di istanza avanzata per ottenere la trattazione congiunta di una pluralità di giudizi relativi alla medesima vicenda (non espressamente contemplata dagli artt. 115 e 82 disp. att. cod. proc. civ.) le ragioni poste a fondamento della richiesta devono essere illustrate in modo adeguato e tale da evidenziare i reali benefici che possano bilanciare l’inevitabile ritardo nella trattazione della causa di cui si chiede l’accorpamento con altre.

Tale bilanciamento – che, nel giudizio di cassazione deve essere effettuato con particolare rigore, in considerazione dell’impulso d’ ufficio che lo caratterizza – rappresenta l’ineludibile portato del necessario rispetto dell’art. 111 Cost., comma 2, il quale – con lo statuire che la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo – detta una regola per l’interpretazione delle singole norme del codice di rito funzionalizzata alla celerità del processo, secondo la quale al giudice è impedito di adottare provvedimenti che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, ritardino inutilmente la definizione del giudizio (arg., ex Cass. 28 gennaio 2010, n. 1808; Cass. 19 marzo 2010, n. 6753; Cass. 7 luglio 2009, n. 15895; Cass. SU 3 novembre 2008, n. 26373; Cass. 16 maggio 1989, n. 9320; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21927; Cass. 7 dicembre 2010, n. 24787; Cass. 26 marzo 1997, n. 10422).

Nella specie, alle suddette considerazioni va aggiunto che, come si dirà anche più avanti, èjus receptum che il ricorso per cassazione sia – dal punto di vista logico-giuridico – subordinato al giudizio di revocazione sicchè, qualora siano state proposte impugnazioni contro la sentenza di merito e la sentenza emessa nel giudizio di revocazione, debba essere esaminato per primo il ricorso proposto contro la sentenza emessa in sede di revocazione (Cass. 4 giugno 1998; Cass. 20 marzo 2009, n. 6878; Cass. 17 marzo 2010, n. 6456).

Ne deriva, da quest’ultimo punto di vista, l’istanza di rinvio di cui si tratta appare basata su un erroneo presupposto, visto che i due giudizi pendenti, da essa richiamati, sono stati introdotti con ricorsi per cassazione, mentre nel presente giudizio (trattato per primo rispetto agli altri) si denuncia un errore revocatorio.

1 – Sintesi dei motivi di ricorso.

2- Con il motivo di ricorso si sostiene, in relazione all’art. 395 cod. proc. civ., n. 4, che la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 18/10 del 5 marzo 2010 sia affetta da errore di fatto revocatorio.

La società ricorrente riferisce:

1) di avere impugnato – con ricorso per cassazione, per vizi di motivazione, ritualmente notificato il 6 agosto 2008 – la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 140/08 del 19 marzo 2008 che ha disposto: a) il rigetto dell’appello proposto dalla società YKK avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 658/05 (di annullamento del licenziamento inflitto il 9 luglio 2002 ad O.A., con le conseguenti pronunce); b) l’accoglimento dell’appello incidentale del lavoratore, con conseguente annullamento delle sanzioni di sospensione dal servizio per 5 giorni, inflitte all’ O. prima del licenziamento;

2) di avere medio tempore, con altro ricorso depositato il 17 luglio 2006 (recte: 2008), impugnato per revocazione dinanzi alla stessa Corte d’appello di Ancona la medesima sentenza n. 140/08 sull’assunto che essa fosse affetta da errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa;

3) con la sentenza n. 18/2010 (cui si riferisce il presente ricorso) la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile il suddetto ricorso per revocazione, oltre a respingere la domanda risarcitoria ex art. 96 cod. proc. civ., proposta dall’ O.;

4) alla suindicata decisione di inammissibilità la Corte anconetana è pervenuta per la principale ragione che la questione relativa alla produzione, da parte dell’ O. in sede di procedimento disciplinare, delle "copie" ovvero degli "originali" di documenti aziendali (utilizzati per la propria difesa) è stata espressamente presa in considerazione nella precedente sentenza di appello, costituendo un punto controverso, conseguentemente rispetto alla soluzione adottata su tale questione è proponibile solo ricorso per cassazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, mentre è da escludere la proponibilità di un ricorso per revocazione ex art. 395 cod. proc. civ., n. 4, mancando tutti gli elementi per la sussistenza di un errore di fatto revocatorie.

Con l’attuale ricorso si chiede, come si è detto, la revocazione di tale ultima sentenza, sostenendosi che essa sia affetta da errore di fatto revocatorio, per ragioni analoghe a quelle poste a base del precedente ricorso per revocazione proposto alla Corte d’appello di Ancona.

2 – Esame delle censure.

3.- Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito illustrate. In base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:

1) i sensi dell’art. 403 cod. proc. civ., la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non può essere impugnata per revocazione, essendo contro di essa proponibili soltanto i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione (Cass. SU 9 marzo 2006, n. 5055; Cass. 18 febbraio 2009, n. 3842 e n. 3843);

2) infatti, la norma suindicata detta un principio generale volto ad evitare che la definizione di una lite sia oggetto di ripetute contestazioni, che impediscono la formazione di una statuizione idonea a concludere definitivamente la controversia (Cass. SU 20 aprile 2004, n. 7584; Cass. 4 agosto 2010, n. 18120);

3) nel ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione non sono deducibili censure diverse da quelle previste dall’art. 360 cod. proc. civ., e, in particolare, non sono denunciabili ipotesi di revocazione ex art. 395 cod. proc. civ., non rilevando in contrario la circostanza che la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione non possa essere a sua volta impugnata per revocazione (Cass. 23 febbraio 2004, n. 3557; Cass. 19 marzo 2007, n. 6441; Cass. 28 giugno 2010, n. 15386).

Tali orientamenti risultano ricevere nuova linfa anche dalla necessità del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., che comporta, fra l’altro che le impugnazioni civili siano proposte in conformità con i principi di economia processuale – di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire – onde evitare che esse determinino, oltre ad un inutile aggravio dei costi del processo per le parti e per lo Stato, anche un allungamento dei termini per la definizione del giudizio non correlata ad alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti, situazione tanto più grave nelle cause in materia di lavoro e previdenza e assistenza obbligatorie, in considerazione della particolare valenza dei diritti ivi tutelati (arg. ex Cass. 29 luglio 2009, n. 17684; Cass. 8 febbraio 2010, n. 2723; Cass. 7 febbraio 2011, n. 3024).

Tanto basta per escludere l’ammissibilità del presente ricorso per revocazione, che risulta essere stato impropriamente proposto avverso una sentenza pronunciata in giudizio di revocazione.

4 – Conclusioni.

3.- In sintesi, il ricorso è inammissibile.

La società ricorrente va, quindi, condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate nella misura indicata in dispositivo.

Va, inoltre, osservato, che la condotta processuale della società ricorrente che, anche con l’instaurazione del presente giudizio, ha dimostrato di essere caratterizzata dalla utilizzazione di inutili attività processuali e formalità superflue (quale, ad esempio, la istanza di rinvio di cui si è detto al punto 1) perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 cod. proc. civ., da effettive garanzie di difesa ( art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità ( art. 111 Cost., comma 2), dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti, non risulta conforme all’art. 88 cod. proc. civ., comma 1.

Essa, infatti, ha certamente contribuito, fra l’altro, a pregiudicare il diritto fondamentale dell’ O. ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2, e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) il quale impone in primo luogo al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso (vedi, per tutte: Cass. SU 3 novembre 2008, n. 26373), ma è idoneo anche a concretizzare la clausola generale del cit. art. 88 cod. proc. civ., vietando alle parti comportamenti di carattere puramente defatigatorio che determinino l’allungamento dei tempi processuali per effetto della proliferazione non necessaria dei procedimenti (nello stesso senso, vedi per tutte: Cass. SU 20 agosto 2010, n. 18810; Cass. SU 3 novembre 2008, n. 26373; Cass. 19 agosto 2009, n. 18410; Cass. 3 maggio 2010, n. 10634; Cass. 5 maggio 2011, n. 9962).

Il Collegio ritiene, pertanto, di dover applicare l’art. 92 cod. proc. civ., comma 1, ultima parte, condannando la società ricorrente a rimborsare all’ O., al suddetto titolo, la somma di Euro 2000,00 (duemila/00), come risulta anche dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 70,00 per esborsi, Euro 4000,00 (quattromila/00) per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Condanna la società ricorrente, altresì, al pagamento di Euro 2000,00 (duemila/00) in favore di O.A., ai sensi del combinato disposto degli artt. 88 e 92 cod. proc. civ..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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