T.A.R. Valle d’Aosta Aosta Sez. I, Sent., 02-11-2011, n. 71Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto notificato in data 22 febbraio 2011 e depositato il successivo 28 febbraio la Società "La R. s.a.s." ha impugnato innanzi questo T.A.R. l’atto del Sindaco del Comune di Ayas del 15 gennaio 2011, prot. n. 60, avente ad oggetto il pagamento degli oneri concessori non ancora versati e delle sanzioni per ritardato pagamento, relativi alla concessione edilizia 22312242 del 28 agosto 1996 e successive varianti.

2. A sostegno del ricorso deduce in punto di fatto:

A) Il Comune di Ayas aveva rilasciato ad Anna Chanoux, dante causa della società ricorrente, in data 28 agosto 1996, con atto n. 22312242, concessione per la realizzazione di un fabbricato ad uso di civile abitazione nonché per la costruzione di un fabbricato commerciale con autorimesse interrate su un terreno sito un Frazione Champoluc, distinto al catasto al foglio 30, mappali 4501,502/a; 502/b.

B) Il pagamento degli oneri concessori, pari a lire 149.654.215, detratte le somme già corrisposte all’atto della concessione, era pari i a lire 120.724.215.

Tali somme dovevano essere versate nella misura del 30% all’inizio dei lavori, del 30% all’ultimazione della copertura, del 30% all’ultimazione dei lavori e del 10% al decorso del termini di ulteriori sessanta giorni e come condizione per il rilascio dell’agibilità;

C) La società ricorrente subentrava nella concessione;

D) Al Comune erano stata versata dai due proprietari la somma complessiva di euro 55.187,09, per cui il debito residuo della ricorrente doveva intendersi pari ad euro 7.161,75;

E) A garanzia del pagamento degli oneri concessori la società ricorrente aveva stipulato con l’UNIPOL assicurazioni un contratto d’assicurazione fideiussoria a beneficio del Comune di Ayas, per cui, in caso di inadempimento dell’obbligato principale, il Comune avrebbe potuto escutere direttamente il fideiussore, non avendo le parti convenuto il pagamento del beneficium excussionis;

F) Il 22 novembre del 2003 la ricorrente aveva ottenuto dal Comune una concessione in variante rispetto alla concessione edilizia iniziale del 1996, per lavori da iniziare entro un anno dal rilascio della stessa e da concludere entro i cinque anni, termine quest’ultimo poi prorogato di un anno;

G) Prima della scadenza del termine ultimo per la conclusione dei lavori, oggetto di proroga, la società ricorrente in data 2 dicembre 2009, aveva presentato al Comune istanza di accertamento di conformità in relazione ad opere eseguite in difformità nel corso degli anni, istanza sulla quale il Comune non si era pronunciato, pure avendo comunicato al ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ai quali la ricorrente aveva replicato producendo elaborato progettuale ad integrazione dell’istanza di sanatoria, al fine di uniformare le ulteriori opere in difformità agli standard richiesti dalla normativa urbanistica in zone ad alto e medio rischio idrogeologico.

Con tale documentazione la ricorrente si era limitata ad affermare l’avvenuta realizzazione entro il 2004 di alcune opere all’interno della struttura e non invece la fine complessiva dei lavori; la non ultimazione dei lavori era evincibile anche dall’elaborato progettuale integrativo, presentato in sede di sanatoria, ove si rappresentava la necessitò degli adeguamenti strutturali alla normativa sul rischio idrogeologico.

H) La mancata ultimazione dei lavori era altresì evincibile dalla mancata ultimazione del tunnel di collegamento convenuto dalla dante causa della ricorrente con la Funivie di Champoluc per l’accesso sicuro al futuro edificio, ottenendo in cambio la costituzione di una servitù di passaggio sul fondo stesso.

I) Il Comune di Ayas – senza avere prima mai richiesto il pagamento degli oneri concessori né alla ricorrente né al fideiussore, con l’atto oggetto di impugnativa aveva pertanto intimato alla ricorrente di pagare la somma di euro 39.355, risultante dalla somma di euro 19.677,83 quali oneri mancanti per la concessione del 1996 e il 100% della stessa a titolo di oblazione – sul duplice erroneo presupposto che i lavori fossero stati effettivamente ultimati – nonché la somma di euro 11.733,71, quali oneri mancanti e oblazione per la concessione edilizia 2242/var del 22 novembre 2003, così per un totale di euro 51.089,41.

3.Ciò posto in punto di fatto, parte ricorrente ha articolato in sei motivi di ricorso le seguenti censure avverso l’atto in epigrafe indicato:

1) Illegittimità ex artt. 3 e 21 octies l. 241/90. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, nonché per travisamento dei fatti e per manifesta illogicità in relazione all’ultimazione dei lavori all’intero edificio.

L’accertamento del Comune in relazione all’ultimazione dei lavori, motivato genericamente sulla base del sopralluogo del 1/09/2010, deve intendersi erroneo secondo parte ricorrente in quanto nell’edifico de quo devono ancora essere eseguiti dei lavori di estrema importanza.

In particolare l’edificio è sprovvisto di un accesso idoneo alla strada, in quanto la società Le Funivie di Champoluc, partecipata dal Comune medesimo, non ha ancora concluso il tunnel di collegamento.

2) Illegittimità per violazione di legge, ex art. 3 e 21 octies l. 241/90. Eccesso di potere per manifesta illogicità. In particolare sull’impossibilità di ritenere compiuto il termine di fine lavori in pendenza del procedimento di edilizia in sanatoria sull’istanza del 2009.

I lavori, secondo parte ricorrente, non potevano considerarsi conclusi anche in virtù del fatto che la ricorrente prima della scadenza del termine di fine lavori aveva presentato istanza di concessione in sanatoria sulla quale il Comune non si era ancora espressamente pronunciato, avendo comunicato solamente, in data 20 dicembre 2010, i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza nonché l’ordine di demolizione, atto quest’ultimo gravato innanzi al G.A.

La ricorrente in sede di controdeduzioni ex art. 10 bis l. 241/90 aveva dichiarato la propria disponibilità a rimuovere le opere ritenute insanabili e ad apportare le modificazioni richieste dall’Amministrazione per le restanti opere ritenute sanabili con lavori aggiuntivi, rappresentati nell’elaborato progettuale.

La conclusione del procedimento del Comune secondo parte ricorrente è perciò pregiudiziale alla possibilità di dichiarare la fine dei lavori in quanto vi sono ancora opere che devono essere compiute in relazione al richiesto titolo in sanatoria.

3) Illegittimità ex art 3 e 21 octies L. 241/90. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per manifesta illogicità. In particolare sull’ultimazione dei lavori nell’intero edificio.

Il provvedimento impugnato si basa sull’erroneo presupposto che l’integrazione progettuale del 27 dicembre 2010 prodotta dalla ricorrente dimostrerebbe l’ultimazione dei lavori per l’intero edificio già nel 2004, laddove nella citata integrazione documentale si affermava semplicemente che le "ulteriori opere in difformità" erano state realizzate nel 2004.

Dalla integrazione documentale del 2010 dovrebbe per contro evincersi la necessità di ulteriori lavori per la conformazione dell’immobile alla norme urbanistiche, per cui i lavori non possono in ogni caso essere considerati ultimati.

4) Illegittimità ex art. 3 e 21 octies l. 241/90. Eccesso di potere per manifesta ingiustizia ed illogicità. In particolare, la mancata escussione del fideiussore.

Il Comune ha illegittimamente richiesto alla ricorrente il pagamento degli oneri concessori e la relativa oblazione per ritardato pagamento, senza avere prima escusso nei termini il fideiussore UNIPOL assicurazioni, lasciando quindi colposamente scorrere i termini di pagamento.

La maggiore somma a titolo di oblazione non è dovuta ove, come nella specie, il Comune – potendolo- non abbia riscosso in tempo, esercitando i propri diritti di garantito nei confronti del fideiussore, ex art. 1175 e 1375 c.c.

5) Illegittimità ex art. 3 L. 241/90. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, nonché per erroneità e contraddittorietà manifesta.

L’agire dell’Amministrazione fin dal 2004 risulta contraddittorio in quanto implica la certezza della conclusione dei lavori nel 2004 e nel tempo stesso la certezza che i lavori non fossero conclusi alla stessa data.

Il fatto stesso che il Comune non abbia escusso il fideiussore nei termini (affinchè non maturasse la sanzione nella misura massima) lascia supporre che il Comune non avesse certezza che i lavori fossero conclusi.

6) Illegittimità ex art. 21 octies l. 241/90 per travisamento dei fatti. Erroneità nell’ammontare degli oneri dovuti.

La ricorrente in data 29 novembre 2000 aveva pagato la somma di lire 24.039.495, ovvero euro 12.415,37, con l’intento di anticipare parte degli oneri cui sarebbe stata obbligata con l’evoluzione degli interventi edilizi. Detto pagamento aveva pertanto la funzione di anticipare parte degli oneri futuri e non di adeguarsi ad una sanzione ingiusta, inflitta a seguito di un comportamento colposo dell’Amministrazione, che non aveva per tempo escusso il fideiussore.

Pertanto il Comune di Ayas secondo parte ricorrente ha errato nella determinazione finale degli oneri ancora dovuti, determinabile nella somma di euro 7.161,75, con l’esclusione di tutte le sanzioni inflitte per il contestato ritardo.

4. Si è costituito il Comune, con deposito di documenti e due articolate memorie difensive, instando per il rigetto del ricorso.

5. In data 22 giugno 2011 la società ricorrente ha depositato memoria difensiva di replica alle avverse deduzioni.

6. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 13 luglio 2011.

Motivi della decisione

7. Oggetto del presente ricorso è l’intimazione di pagamento degli oneri concessori (dovuti per un totale lire 120.724.215) non ancora corrisposti dalla società ricorrente, con relative sanzioni per ritardato pagamento, in relazione alla concessione edilizia n. 22312242 del 28/08/1996, nonché degli oneri di urbanizzazione (per un totale di euro 11.803,90) e degli oneri di costruzione (pari a complessivi euro 12.822,75) dovuti per il rilascio della concessione edilizia 2242/var del 2/11/2003.

Il Comune ha infatti intimato alla società ricorrente il pagamento di euro 39.355,70, pari alla sommatoria del pagamento dovuto di lire 38.101.590 – relativo agli oneri concessori della concessione edilizia n. 22412242 – e della relativa sanzione pari al 100%, per un totale quindi di lire 76.203.80.

Ha altresì richiesto, in relazione alla concessione edilizia 2242/var, il pagamento della somma di euro 11.733,71, e segnatamente la somma di euro 1.475,49 per oblazione nella misura del 50% della seconda rata degli oneri di urbanizzazione pagati in ritardo e la somma di euro 5.129, 11 in relazione agli oneri concessori non ancora corrisposti, con relativa sanzione al 100% (per un totale quindi di euro 10.258,22 euro).

8. Non è oggetto di contestazione la quantificazione degli oneri concessori e degli oneri di urbanizzazione di cui al gravato provvedimento, ma solamente la scadenza dei ratei relativi all’ultimazione dei lavori e la debenza delle sanzioni per il ritardato pagamento (primi cinque motivi di ricorso), nonché l’imputazione della somma versata dalla società ricorrente, pari a lire 24.039.495, relativa alla concessione edilizia 22312242, alle sanzioni per ritardato pagamento della prima rata (secondo l’imputazione effettuata dal Comune) ovvero all’anticipazione degli oneri concessori futuri, secondo la prospettazione di parte ricorrente (sesto motivo di ricorso).

9. Ciò posto, il collegio procederà alla disamina dei motivi di ricorso secondo un ordine logico ed accorpando la trattazione dei motivi di ricorso che si presentano connessi da un punto di vista oggettivo.

10. Pertanto i primi tre motivi di ricorso – con i quali parte ricorrente lamenta la violazione di legge e l’eccesso di potere sulla base del presupposto che erroneamente il Comune avrebbe posto a base della richiesta di pagamento degli oneri concessori non ancora versati l’ultimazione dei lavori, intimando anche il pagamento della correlativa sanzione nella misura massima del 100% – possono essere esaminati congiuntamente.

11. Nell’atto impugnato sono infatti determinati gli oneri concessori non ancora versati e sono altresì determinate le sanzioni per ritardato pagamento nella misura massima del 100%, in applicazione di quanto al riguardo statuito dall’art. 72 l.r. 11/98 secondo cui "Il mancato versamento, nei termini di legge, del contributo per il rilascio della concessione, o di parte di esso, comporta:

a) l’aumento del contributo, o della parte di esso non versata, in misura pari al venti per cento qualora il versamento sia effettuato nei successivi centoventi giorni;

b) l’aumento in misura pari al cinquanta per cento quando, superato il termine di cui alla lett. a), il ritardo si protragga non oltre i successivi sessanta giorni;

c) l’aumento in misura pari al cento per cento quando, superato il termine di cui alla lett. b), il ritardo si protragga ulteriormente.

2. Le misure di cui alle singole lettere del comma 1 non si cumulano.

3. Nel caso di pagamento rateizzato, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.

4. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, lett. c), il Comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito con apposita ingiunzione".

12. Il pagamento degli oneri concessori relativi alla concessione edilizia 22312242, pari a lire 120.724.215, era stato fissato infatti nella misura del 30% all’inizio dei lavori, del 30% all’ultimazione della copertura, del 30% all’ultimazione dei lavori e nel 10% al decorso del termini di ulteriori sessanta giorni e come condizione per il rilascio dell’agibilità.

13. Parte ricorrente contesta l’ultimazione dei lavori e la motivazione contenuta nel gravato provvedimento in ordine a tale presupposto, sulla base di tali rilievi:

a) L’edificio è sprovvisto di accesso idoneo alla strada, poiché la società le Funivie di Champoluc non aveva concluso la realizzazione del tunnel di collegamento (primo motivo di ricorso);

b) Parte ricorrente aveva presentato istanza di concessione edilizia in sanatoria in data 2 dicembre 2009, il cui procedimento non si era ancora concluso, essendosi il Comune limitato a comunicare i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, ai sensi dell’art. 10 bis l. 241/90, ai quali la ricorrente aveva controdedotto con la presentazione di un elaborato progettuale, con cui la medesima ricorrente si era impegnata a rimuovere le opere ritenute insanabili e ad apportare le modificazioni necessarie per le restanti opere, ritenute sanabili con lavori aggiuntivi. Pertanto, nella prospettazione di parte ricorrente la conclusione del procedimento sull’istanza di sanatoria, doveva ritenersi pregiudiziale rispetto alla possibilità di dichiarare la fine dei lavori, in quanto vi erano ancora delle opere che dovevano essere compiute in ragione di un titolo in sanatoria (secondo e terzo motivo di ricorso).

c) Erroneamente il Comune ha ritenuto che l’integrazione progettuale presentata in data 27 dicembre 2010 dalla ricorrente dimostrerebbe l’avvenuta ultimazione dei lavori già nel 2004, avendo la ricorrente semplicemente rappresentato che "le ulteriori opere in difformità" erano state eseguite entro il 2004; ciò non significava che l’intero edificio fosse completato a tale data (terzo motivo di ricorso).

13.1 I rilievi sono infondati e vanno disattesi.

13.2 Quanto al primo rilievo è sufficiente evidenziare che alcuna valenza assume rispetto alle concessioni edilizie di cui è causa (la 22312242 del 28/06/1996 e la 2242 var del 22/11/2003), relative rispettivamente alla costruzione e all’ampliamento di un edificio per destinazione casa e appartamenti per vacanze e seconde case, la realizzazione del tunnel di collegamento, oggetto – secondo quanto dedotto dal Comune resistente (memoria difensiva depositata in data 10 giungo 2011 con rinvio all’allegato n. 24) e peraltro non contestato da parte ricorrente in sede di memoria di replica – della concessione edilizia n. 2609 del 8/02/2002, relativa alla concessione di un distinto fabbricato a destinazione alberghiera.

Peraltro alcuna prova ha fornito parte ricorrente dell’inerenza di tale tunnel alle concessioni edilizie relative al primo fabbricato, essendosi limitata a depositare l’atto costitutivo della servitù di passaggio, con cui la società "Funivie di Champoluc" si impegnava tra l’altro alla realizzazione di un tunnel di collegamento.

13.3 Del pari infondato è il rilievo secondo cui, in considerazione della pendenza del procedimento di concessione edilizia in sanatoria, i lavori non potevano considerarsi ultimati, anche in ragione della circostanza che la società ricorrente con l’elaborato progettuale depositato in sede di controdeduzione ex art. 10 bis l. 241/90 aveva richiesto di potere effettuare ulteriori lavori, al fine di rendere il fabbricato conforme alla normativa urbanistica.

Ed invero alcun rilievo può avere al riguardo la pendenza di detto procedimento che postula l’avvenuta ultimazione dei lavori eseguiti in difformità (secondo quanto del resto rappresentato dalla parte in sede di elaborato progettuale integrativo); rispetto a detti lavori la valutazione di doppia conformità non può che avere riguardo ai lavori così come realizzati, senza che possano essere presi in considerazione i lavori necessari per rendere l’opera conforme alla normativa urbanistica e vincolistica.

L’accertamento di conformità è infatti strumento di conservazione di opere già realizzate e provviste della doppia conformità (T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, 20 marzo 2003, n. 117), senza che possono venire in rilievo le opere da eseguirsi per rendere le opere già eseguite conformi alla normativa urbanistica e vincolistica.

L’istituto dell’accertamento di conformità, già previsto dall’art. 13, l. 28 febbraio 1985 n. 47 ed ora regolato dall’art. 36, d.lg. n. 380 del 2001 – da leggersi nel caso della Regione Valle D’Aosta in relazione al disposto con l’art. 84 l.r. 11/98, il cui comma primo stabilisce "Fino alla scadenza dei termini fissati negli ordini del Sindaco di ripristino, e fino all’irrogazione delle sanzioni pecuniarie, i responsabili dell’abuso dotati di idoneo titolo possono richiedere la concessione in sanatoria quando l’intervento è conforme agli strumenti di pianificazione nonché ai piani, programmi, intese e concertazioni attuativi del PRG e non contrasta con quelle dei piani medesimi, adottate, sia con riferimento al tempo della realizzazione dell’intervento, sia con riguardo al momento della presentazione della domanda di concessione in sanatoria" – è infatti, come noto, diretto a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza concessione o autorizzazione, ma conformi nella sostanza alla disciplina urbanistica applicabile per l’area su cui sorgono (vigente sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria: c.d. doppia conformità). Nel caso, l’Amministrazione è chiamata a svolgere una valutazione eminentemente doverosa e vincolata, priva di contenuti discrezionali e relativa alla realizzazione di un assetto di interessi già prefigurato dalla disciplina urbanistica applicabile, di tal che il provvedimento di accertamento di conformità assume una connotazione eminentemente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 05 ottobre 2009, n. 5149; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 11 marzo 2009, n. 1393; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 21345).

Pertanto alcuna pretesa può avere la parte istante ad ottenere la concessione edilizia in sanatoria in forza dell’esecuzione di ulteriori lavori, volti a rendere le opere difformi alla normativa urbanistica e vincolistica, ad essa conformi.

13.4 Del pari destituito di fondamento è il terzo rilievo, in quanto nell’atto gravato l’ultimazione dei lavori è basata non solo sulle dichiarazioni rese dalla parte in sede di elaborato progettuale integrativo, ma anche sulle risultanze del sopralluogo effettuato in data 01/09/2010.

Parte ricorrente si limita al riguardo ad affermare che le risultanze di tale sopralluogo non sono decisive, mancando lavori importanti da realizzare (ovvero il tunnel di collegamento e le opere di cui alla concessione in sanatoria, in relazione alle quali vale quanto in precedenza osservato dal Collegio).

Il Comune resistente ha provato la correttezza della risultanze acquisite in sede istruttoria, depositando il verbale del sopralluogo effettuato già in data 23 gennaio 2010 con relative fotografie, dal quale risulta che il fabbricato risultava completato sia nella struttura che nelle finiture e che due degli appartamenti erano abitati.

Le risultanze del sopralluogo appaiono poi confermate dalla dichirazione resa dal sig. Prevosto, legale rappresentante della società ricorrente, in data 27 aprile 2011, innanzi la Polizia Giudiziaria, relativamente all’ultimazione dei lavori in data antecedente al 31 dicembre 2005 e alla frequentazione di tale fabbricato a decorrere dal mese di marzo 2005.

Detta dichiarazione, non inserita nel gravato provvedimento in quanto ad essa successiva, ben può essere presa in considerazioni in questa sede, al fine di avvalorare le risultanze del sopralluogo e comunque del presupposto – ultimazione dei lavori – contenuto nel gravato provvedimento, senza che al riguardo possa venire in rilievo una motivazione postuma.

Ed invero la motivazione postuma ed i rilievi d’inammissibilità ad essa connessi, non possono che avere riguardo a presupposti già esistenti al momento dell’emanazione del provvedimento amministrativi e non esternati nel medesimo.

Per contro ben possono essere prese in considerazione in sede processuale, in relazione all’onere probatorio gravante sulle parti, i documenti successivi che confermino i presupposti posti a base dell’atto gravato e confermino la correttezza dell’istruttoria procedimentale.

Nell’ipotesi di specie il presupposto – ultimazione dei lavori – era già menzionata nel gravato provvedimento e motivato con riferimento alle risultanze del sopralluogo, oltrechè alla presentazione dell’istanza di sanatoria.

La dichirazione resa dal Sig, Prevosto risulta valutabile in questa sede, alla stregua di una prova documentale della dichirazione confessoria di carattere stragiudiziale resa a terza persona, liberamente valutabile dal giudice ex art. 2735 comma 1 seconda parte c.c..

Deve infatti ritenersi che il divieto della prova confessoria contenuto nell’art. 63 comma 5 c.p.a.(secondo cui "Il giudice può disporre anche l’assunzione degli altri mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, esclusi l’interrogatorio formale e il giuramento") afferisca alla confessione giudiziale, alla quale va peraltro assimilata la confessione stragiudiziale resa alla parte o a chi la rappresenta, in quanto aventi entrambe valore di prova legale, laddove la confessione stragiudiziale resa a terza persona, in quanto liberamente valutabile dal giudice e conforme pertanto al principio del libero convincimento, deve ritenersi ammissibile anche nel processo amministrativo.

Ciò in particolare laddove la stessa, come nell’ipotesi di specie, provenga dalla parte privata.

Ed invero l’indisponibilità degli interessi pubblici, coerente con il divieto di confessione, può assumere rilievo solo in riferimento alle dichiarazioni rese dalla parte pubblica, laddove l’interesse privato sotteso al ricorso amministrativo si presenta disponibile, come dimostrato dalla circostanza che la parte può prestare acquiescenza all’atto amministrativo, ancora prima della scadenza del termine per il ricorso, con conseguente inammissibilità del ricorso medesimo.

Alcun fondamento hanno le deduzioni contenute nella memoria di replica di parte ricorrente in ordine all’inutilizzabilità di tali dichiarazioni, in quanto inutilizzabili anche in sede processuale penale.

Ed invero il regime dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari è coerente con l’impianto accusatorio del codice di procedura penale, basato sulla formazione della prova in sede dibattimentale.

Pertanto le ragioni di inutilizzabilità degli atti delle indagini in sede processuale penale, da riconnettersi ad una precisa scelta legislativa – in ragione del rilievo dei beni coinvolti in tale processo, in primis il bene della libertà personale – non sono suscettibili di esportazione in sede di processo amministrativo, laddove viene in rilievo il regime probatorio scolpito dal codice del processo amministrativo e dal codice di procedura civile cui esso rinvia, ai sensi del richiamato art. 63 comma 5 e del più generico disposto dell’art. 39 comma 1 c.p.a. secondo cui "Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali".

Né alcun rilievo può annettersi eventualmente alla circostanza che tale dichiarazione è stata resa in sede di procedimento penale, nella quale difetta il carattere confessorio, ovvero delle dichiarazione a sé sfavorevole, essendo per contro in sede penale la data di ultimazione dei lavori importante ai fini della decorrenza della prescrizione (effetto favorevole alla parte).

Deve infatti ritenersi, secondo quanto al riguardo rappresentato dalla più attenta dottrina e condiviso dalla giurisprudenza, che la confessione, in quanto impugnabile solo per errore di fatto e per violenza, sia atto giuridico in senso stretto e non atto negoziale.

Pertanto è bensì necessario il c.d. "animus confitendi", ma inteso come volontà riferita all’oggetto della dichirazione e non ai suoi effetti (Cassazione 90/1723).

Ciò posto, la dichirazione del Prevosto deve ritenersi veritiera in quanto va a saldarsi con le risultanze del sopralluogo e con le dichiarazioni rese dalla parte in sede di trasmissione del nuovo elaborato progettuale, circa la conclusione dei lavori eseguiti in difformità nel 2004, essendo verosimile che a tale data, o in data ad essa prossima, la società ricorrente avesse ultimato tutte le opere relative a tale fabbricato, e che sulla base di tale presupposto si fosse determinata a richiedere l’accertamento di conformità.

Alla stregua di tali rilievi i termini per la richiesta degli ultimi ratei degli oneri concessori e per l’applicazione delle sanzioni per ritardato pagamento nella misura massima del 100% possono considerarsi ampiamente maturati, con conseguente infondatezza dei primi tre motivi di ricorso.

14. Con il quarto motivo di ricorso parte ricorrente contesta la debenza delle sanzioni applicate per il ritardato pagamento degli oneri concessori, assumendo che il Comune ben avrebbe potuto escutere la garanzia fideiussoria, in relazione alla quale non era contemplato il beneficium excussionis, prima di far maturare i termini previsti per l’irrogazione delle sanzioni nella misura massima; pertanto il comportamento del Comune, oltre ad essere viziato per eccesso di potere si rileverebbe, nella prospettiva di parte ricorrente, anche irrispettoso del principio di buona fede di cui all’art. 1175 c.c., al quale deve essere improntato l’operato dell’Amministrazione nei rapporti con il cittadino.

14.1 Il Collegio non ignora che in ordine a tale problematica sussistano diversi orientamenti giurisprudenziali; sulla specifica questione sia l’orientamento del Consiglio di Stato che dei TAR non può dirsi univoco, essendosi talvolta affermato in materia il dovere dell’Amministrazione di non aggravare la posizione del debitore ai sensi dell’art. 1227 c.c. (V. la decisione del Consiglio di Stato Sezione V. n. 1001 del 3.7.1995 e TAR Veneto n. 342 del 9.2.2000), mentre in altre occasioni si è ritenuto che specifiche clausole in tema di fideiussione (quali l’obbligo del garante di pagare a seguito di semplice richiesta scritta del creditore e con rinuncia alla preventiva escussione) possono valere solo a rendere il rapporto fideiussorio autonomo rispetto al rapporto obbligatorio principale, senza comportare il dovere dell’Amministrazione di chiedere prima l’adempimento per poter poi applicare le relative sanzioni pecuniarie (V. la decisione del Consiglio di Stato Sezione V. 2072 del 10.12.1999, TAR Lombardia, Milano, sez. 2°, n. 1192 del 17.4.1999, T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 06 novembre 2000, n. 3494, secondo cui "In materia edilizia ed urbanistica, le norme sul versamento degli oneri concessori non prevedono a carico del comune l’onere di escutere previamente l’istituto garante prima di applicare le sanzioni per il ritardato pagamento del contributo. La prestazione di garanzie reali o personali, infatti, in caso di rateizzazione del contributo di concessione, è obbligatoriamente richiesta dalla legge (art. 47 l. n. 457 del 1978) e si colloca nell’interesse esclusivo dell’amministrazione. Trovano, perciò, piena applicazione i principi civilistici in materia di fidejussione e cioè solidarietà ai sensi dell’art. 1944 c.c., autonomia delle azioni verso i vari coobbligati e responsabilità principale del soggetto garantito rispetto a quella accessoria del garante (c.d. solidarietà diseguale)" T.A.R. Veneto Venezia, sez. II, 21 ottobre 2005, n. 3727).

14.2 Peraltro più di recente il Consiglio di Stato Sezione V, con le decisioni n. 1250 del 24 marzo 2005 e n. 6345 dell’11 novembre 2005 e n. 4025 del 16 luglio 2007, ha precisato che, in assenza di inadempimenti imputabili all’Amministrazione idonei a configurare a suo carico una responsabilità "da contatto" oppure di natura precontrattuale, il richiamo all’art. 1227 c.c. è del tutto inconferente, essendo tale disposizione riferibile solo alle obbligazioni di carattere risarcitorio e non a quelle (anche di contenuto pecuniario) di natura sanzionatoria, come nel caso in esame.

"Invero, pur in presenza di un contratto di garanzia cosiddetta autonoma, con il quale il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia "a semplice richiesta" del creditore garantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validità, all’efficacia ed alla vicenda del rapporto principale, anche in questa ipotesi il meccanismo dell’adempimento del garante "a prima richiesta" scatta a seguito dell’inadempimento dell’obbligazione principale, ancorché resti vietato al garante di chiedere la preventiva escussione del debitore principale (Cass. 18 novembre 1992 n. 12341, 3 novembre 1993 n. 10850, 17 maggio 2001 n. 6757).

D’altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227 cod. civ. Infatti, l’onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell’agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (V. Corte cost. n. 308 del 14.7.1999).

Inoltre, non è dato ravvisare nel sistema di cui agli artt. 1936 ss. cod. civ. alcun principio di preventiva doverosa escussione del fideiussore alla scadenza del termine fissato per l’adempimento dell’obbligazione garantita, che peraltro colliderebbe con le finalità dell’istituto, inteso a rafforzare la garanzia del credito in funzione di un interesse proprio e specifico del creditore.

In altri termini, ed in materia di obbligazioni "portable" quali quelle pecuniarie, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere il coobbligato piuttosto che attendere il pagamento, ancorché tardivo, salva l’esistenza di apposita clausola in tal senso (che dovrebbe essere accettata dall’Amministrazione), nella specie non prevista" (Consiglio di stato, sez. V, 16 luglio 2007, n. 4025).

14.3 A tale orientamento ha aderito anche la IV sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4419 del 10 agosto 2007, secondo cui "Le norme sul versamento degli oneri concessori non prevedono, a carico del Comune, l’onere di escutere previamente il garante prima di applicare le sanzioni per il ritardato pagamento del contributo".

14.4 Il Collegio aderisce a tale ultimo orientamento, atteso che l’obbligo di collaborazione ex art. 1227 cc. è estraneo all’ambito sanzionatorio e dunque non vincolante per l’amministrazione. In questa diversa prospettiva la diligenza è richiesta al privato, il quale è tenuto a estinguere spontaneamente le obbligazioni assunte senza potersi giovare dell’inerzia dell’amministrazione. L’affidamento del privato non potrebbe d’altra parte derivare dalla mera inerzia dell’ente pubblico ma solo da un eventuale comportamento positivo di quest’ultimo tale da configurare una qualche responsabilità da contatto. Il dovere di diligenza a carico del privato non è attenuato dalla presenza della fideiussione, la quale non ha la finalità di agevolare l’adempimento ma costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’amministrazione (in questo senso cfr. di recente T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 11092009, n. 1688 secondo cui "la natura sanzionatoria delle misure ex art. 3 della legge 47/1985 impone che l’ente pubblico stabilisca in modo chiaro le obbligazioni del privato e che quest’ultimo sia messo in condizione di adempiere. Non è necessario invece che il privato sia sollecitato ad adempiere o agevolato in altro modo. Pertanto se il rapporto con l’amministrazione è trasparente e il privato è puntualmente informato delle scadenze delle rate degli oneri concessori non servono ulteriori atti di impulso diretti a provocare l’adempimento. Parimenti non è necessaria la preventiva escussione del fideiussore, a meno che un obbligo in questo senso non sia stato espressamente assunto dall’amministrazione"; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 21 luglio 2009, n. 4405 "L’Amministrazione non ha l’obbligo, a fronte del ritardato pagamento degli oneri concessori, di escutere la fideiussione, evitando in tal modo di applicare la sanzione. Infatti la fideiussione che accompagna la rateizzazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione non ha la finalità di agevolare l’adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituisce una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’amministrazione, sulla quale non incombe alcun obbligo di preventiva escussione del fideiussore; invero, la garanzia sussidiaria serve a scongiurare che il Comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non alleggerisce affatto la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenua i doveri di diligenza sullo stesso incombenti, né estingue di per sé l’obbligazione principale").

14.5 La correttezza di tali rilievi si evince anche dalla lettura del disposto normativo applicato dal Comune atteso che l’art. 72 comma 4 l.r. Valle D’Aosta prevede che "decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, lett. c) (ovvero il termine a decorrere dal quale la sanzione va applicata nella misura del 100%) il Comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito con apposita ingiunzione".

Pertanto prima della scadenza di tale termine non solo non è effettuabile la riscossione coattiva ma il Comune non è tenuto neanche ad intimare il relativo pagamento, che resta rimesso quindi prima di tale termine alla spontanea iniziativa del debitore – e per esso del fideiussore, coobbligato solidale – che è ben a conoscenza dei termini per la maturazione dei rispettivi ratei concessori, legati all’evoluzione dei lavori, laddove il Comune potrebbe non avere presente detta evoluzione.

Il debitore garantito inoltre, al fine di evitare il pagamento delle sanzioni, ben potrebbe sollecitare il fideiussore, coobbligato in via solidale, al pagamento dei ratei concessori, senza che per contro possa ravvisarsi in capo al Comune l’obbligo di richiedere il pagamento, prima della maturazione dei termini per l’applicazione delle sanzioni, al fideiussore, essendo la clausola del pagamento a prima richiesta prevista nell’interesse del creditore e non potendo per contro da essa evincersi un correlativo obbligo a carico dell’Amministrazione.

14.6 Peraltro nell’ipotesi di specie è da escludersi qualsiasi affidamento della ricorrente, in quanto sia la dante causa della ricorrente, che la società ricorrente ed il fideiussore erano ben edotti della circostanza che alla scadenza del termini di cui all’art. 72 comma 1 lett. c) l.r. 11/98 (relativi alla debenza delle sanzioni per ritardato pagamento nella misura del 100%), si sarebbe provveduto alla riscossione coattiva con ingiunzione, con richiesta pertanto non solo degli oneri concessori maturati, ma anche delle sanzioni per ritardato pagamento nella misura massima, come risulta dalla nota prot. 1446 del 24 febbrario 1999 depositata in atti, inviata dal Comune, con cui si erano stati quantificati gli oneri concessori, fissando anche l’importo dei singoli ratei in relazione all’andamento dei lavori, con determinazione anche dell’importo delle sanzioni eventualmente dovute per ritardato pagamento.

14.7 Alla stregua di tali rilievi anche il quarto motivo di ricorso va rigettato.

15. Del pari destituito di fondamento, alla stregua di quanto innanzi rappresentato, è il quinto motivo di ricorso, con cui parte ricorrente deduce la contraddittorietà del comportamento dell’Amministrazione comunale, per avere la stessa da un lato considerato conclusi i lavori già nel 2004 e dall’altro per non avere già a partire da tale data richiesto il pagamento degli oneri concessori al fideiussore, prima che maturassero le sanzioni nella misura massima.

15.1 Infatti, come detto, alcun obbligo è ravvisabile in capo al Comune in ordine alla preventiva e tempestiva escussione del fideiussore.

15.2 In ogni caso il Comune si è determinato a considerare conclusi i lavori solo a seguito della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità depositato dalla parte alla fine del 2009 e a seguito del sopralluogo effettuato nel 2010, allorquando erano già decorsi ampiamente i termini per l’applicazione delle sanzioni nella misura massima.

Incombeva pertanto, come detto, sulla società ricorrente, debitore garantito – e per essa sul fideiussore, obbligato in via solidale – che ben era a conoscenza dell’ultimazione dei lavori, l’obbligo di tempestivo pagamento dei ratei concessori, al fine di evitare il pagamento delle sanzioni per ritardata pagamento.

16. Del pari destituito di fondamento è il sesto motivo di ricorso, con cui parte ricorrente deduce che la somma da lei versata in data 29 novembre 2000, pari a lire 24.039.495, non andava imputata alla sanzione per il ritardato pagamento della prima rata, ma agli oneri concessori successivamente maturati, con la conseguenze che in relazione a tali oneri successivi, per tale parte, non si dovevano applicare le sanzioni per ritardato pagamento.

16.1 L’assunto va smentito, atteso che le sanzioni per il ritardato pagamento configurano, al pari dell’obbligazione relativa agli interessi, un’obbligazione accessoria rispetto all’obbligazione principale – nel caso di specie obbligazione per il pagamento degli oneri concessori – e pertanto, ai fini dell’imputazione dei pagamenti effettuati dalla parte, non può che applicarsi in via analogica il disposto dell’art. 1194 c.c. secondo cui "il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore. Il pagamento fatto in conto di capitali e di interessi deve essere imputato prima agli interessi".

Pertanto, a fronte di un pagamento privo di imputazione ex latere debitoris, l’Amministrazione non poteva che imputare il pagamento alle sanzioni per ritardato pagamento, piuttosto che agli oneri concessori successivamente maturati o da maturare.

16.1 Peraltro la correttezza dell’imputazione effettuata dal Comune si evince anche dal comportamento della ricorrente che, con nota depositata presso il Comune di Ayas in data 27 aprile 1999, aveva rappresentato che la soma di lire 11.982.768 da lei già versata andava detratta non dal costo di costruzione ma dall’ammontare della prima rata, che andava pertanto determinato in lire 24.234.496.

Detta prima rata veniva versata in data 28/04/1999, mentre in data 29/11/2000 parte ricorrente versava la somma di lire 24.039.495 e, a distanza di pochi giorni, in data 5/12/2000 la somma di lire 195.000.

Con i due ultimi versamenti, effettuati come detto a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, parte ricorrente aveva versato pertanto la somma complessiva di lire 24.234.495, pressoché pari all’importo della prima rata, con ciò dimostrando, per comportamento concludente, di volere imputare il pagamento alla sanzione per ritardato pagamento della prima rata, pari al 100% della medesima.

17. In considerazione dell’infondatezza di tutti i motivi, il ricorso va rigettato.

18. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi motivi in considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali relative all’obbligo o meno del Comune di procedere alla preventiva escussione del fideiussore prima di intimare il pagamento delle sanzioni per ritardato pagamento degli oneri concessori, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle D’Aosta (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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