Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 01-03-2012, n. 3179 Giudizio avanti i Tribunali delle Acque Pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche notificato il 15-10-2008 alla Provincia di Milano e ad R.E. il Consorzio del Cavo Rainoldi ed Uniti, premesso di essersi costituito per gestire, conservare e migliorare cavi e fontanili dei proprietari dei fondi irrigati con acque del Cavo Rainoldi, i cui utenti da tempo immemorabile avrebbero gestito pure i fontanili originanti il Cavo delle Fontane, esponeva:

il 10-2-2000 il ricorrente aveva chiesto alla Regione Lombardia di poter derivare acqua pubblica da quattro teste di fontana confluenti nel Cavo di cui ad esso Consorzio;

il 17-11-1998 la s.p.a Concrete, titolare del podere (OMISSIS), aveva chiesto alla Regione Lombardia di poter derivare acqua irrigua dalla Roggia Barozza e dal Cavo delle Fontane;

il 31 7-2000 R.E. aveva acquistato il suddetto podere (OMISSIS), reiterando la domanda di derivazione d’acqua il 10-7-2005, accolta il 27-5-2008 dalla Provincia di Milano malgrado l’opposizione del Consorzio, che quindi proponeva ricorso per violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 4, in riferimento al D.P.R. n. 238 del 1999, art. 1, eccesso di potere, vizio di motivazione e travisamento, per l’assenza di derivazione d’acqua dal Cavo delle Fontane al 17-11-1998 (data della domanda di nuova concessione e non di sanatoria nè di riconoscimento di un antico diritto).

Si costituiva in giudizio la R. resistendo al ricorso, eccependo la carenza di interesse in capo al ricorrente, comunque beneficiario dell’acqua di esubero dalle "tre once magistrali milanesi" spettanti al suo podere, non facente parte del Consorzio ricorrente, cui la R. non aveva mai aderito, avendo fruito della predetta derivazione d’acqua grazie non già alla transazione intercorsa con il Consorzio, ma alla sentenza n. 1/2000 del competente TRAP, ed avendo la Provincia di Milano esaminato per prima la sua domanda, di data anteriore rispetto a quella dell’attuale ricorrente, titolare di derivazione idrica solo in via di fatto.

Anche la Provincia di Milano si costituiva in giudizio resistendo al ricorso con analoghe argomentazioni.

Il TSAP con sentenza del 15-3-2011 ha rigettato il ricorso, rilevando in particolare che il podere (OMISSIS), acquistato dalla R. nell’anno 2000, da tempo immemorabile risultava legittimato ad usufruire di tre once d’acqua prelevate dal rio delle Fontane, immissario non del Cavo Rainoldi, ma della Roggia Barozza, dalla quale poteva prelevare acqua solamente il citato podere (OMISSIS), mentre il Consorzio ricorrente doveva soltanto ricevere la tracimazione del Cavo delle Fontane (solo asseritamente gestito da tempo immemorabile dagli utenti del Consorzio del Cavo Rainoldi, peraltro costituito non prima dell’anno 1990 ed unicamente per breve tempo posto in condizione di avvantaggiarsi di tale utenza, non risultando aver mai agito per vedersi riconoscere alcuna usucapione), tramite un incastro pertinente al solo podere in questione, e non aveva alcun interesse a contrastare la concessione ottenuta dalla R., fruendo già dell’acqua in esubero rispetto alle tre once milanesi suddette.

Per la cassazione di tale sentenza il Consorzio del Cavo Rainoldi ed Uniti ha proposto un ricorso affidato a cinque motivi illustrato successivamente da una memoria cui la R. e la Provincia di Milano hanno resistito con separati controricorsi.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 2 e 4, in connessione con il D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, art. 1, e art. 100 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che il podere (OMISSIS) risultava legittimato a fruire di tre once d’acqua prelevate dal rio delle Fontane senza indicare in base a quali documenti o accertamenti istruttori sia giunto a questo convincimento; viceversa le ragioni di un godimento in passato da parte del podere (OMISSIS) delle tre once del cavo delle Fontane erano state fornite dall’esponente, che aveva dimostrato tramite la documentazione prodotta che le once di cui detto podere aveva goduto erano state somministrate dagli utenti del Cavo Rainoldi a fronte del pagamento di un canone, e che era stata la precedente proprietaria del podere (OMISSIS), ovvero la Concrete s.p.a., a chiedere espressamente la sospensione dell’erogazione dell’acqua, chiedendo, successivamente, la riattivazione dell’erogazione; al riguardo la ricorrente richiama la lettera del 16- 11-1989 indirizzata dalla società Concrete al regolatore dell’utenza del Consorzio con la quale comunicava la decisione di sospendere l’utenza dal 1-1-1990 e la successiva lettera della stessa società del 5-3-1992, sempre indirizzata al regolatore del Consorzio con la quale, facendo seguito ad un pregresso colloquio telefonico, confermava la richiesta di attivare la derivazione predetta, specificando che le spese sostenute dal Consorzio per tale utenza sarebbero state regolarmente corrisposte dalla Concrete; tali circostanze, unitamente al fatto che la proprietà del podere (OMISSIS) aveva riconosciuto il proprio debito per le prestazioni di fornitura, dimostrava inequivocabilmente che l’acqua era gestita dal Consorzio, e che era nella sua esclusiva disponibilità; inoltre la domanda presentata dal Consorzio per il riconoscimento dell’antico diritto all’utilizzo era stata formulata per il quantitativo di moduli 2,10, ovvero per l’intero quantitativo presente nel cavo delle Fontane, così pretendendo una titolarità originaria su quelle acque.

Il ricorrente aggiunge che il proprio interesse sostanziale a godere dell’intero quantitativo d’acqua del Cavo delle Fontane si rifletteva sull’interesse processuale a contrastare la concessione rilasciata alla R. in quanto concorrente con la propria domanda di riconoscimento sulle medesime acque.

La censura è fondata.

La sentenza impugnata ha ritenuto infondato il ricorso proposto dal Consorzio del Cavo Rainoldi ed Uniti anzitutto sulla base della considerazione che il potere Badile, acquistato dalla R. nel 2000, da tempo immemorabile risultava legittimato a fruire di tre once d’acqua prelevate dal rio delle Fontane, immissario non del Cavo Rainoldi ma della Roggia Barozza, dalla quale poteva prelevare acqua esclusivamente il potere Badile, mentre il Consorzio doveva soltanto ricevere la tracimazione del Cavo delle Fontane; inoltre ha affermato che il potere Badile, quanto meno per la quota di pertinenza della R., non faceva parte del Consorzio, ed anzi la R. stessa aveva rifiutato l’invito di quest’ultimo ad aderirvi, avendo visto riconoscere il suo diritto con la sentenza del competente TRAP n. 1/2000 intervenuta nella controversia pendente tra la società Concrete ed il Consorzio, (controversia poi definita, in pendenza dell’appello, con una transazione tra le parti ritenuta dal TSAP inopponibile alla R. in quanto priva di data, non trascritta e neppure menzionata nel contratto d’acquisto del podere (OMISSIS) stipulato tra quest’ultima e la società Concrete); infine il TSAP ha ritenuto che correttamente la Provincia di Milano aveva esaminato proritariamente l’istanza di concessione idrica della R. in quanto presentata per prima.

Orbene il convincimento espresso dalla sentenza impugnata si manifesta carente sotto il profilo argomentativo, non essendo stati assolutamente valutati, nell’esaminare gli elementi probatori acquisiti al processo, i due menzionati documenti prodotti dal Consorzio (il cui contenuto è stato debitamente trascritto nel ricorso) dai quali sembra emergere la circostanza che l’acqua del Cavo delle Fontane fosse nella riconosciuta disponibilità del Consorzio, al quale invero la dante causa della R. società Concrete si rivolse prima per comunicare la sua volontà di non usufruire ulteriormente di tale utenza (sul presupposto quindi di un rapporto pregresso ed antecedente al 16-11-1989, data della prima lettera), e poi per ottenere un ripristino della suddetta derivazione idrica, con l’espresso impegno a pagare al Consorzio le spese sostenute per tale utenza; si tratta invero di un comportamento reiterato nel tempo che appare in contrasto con il diritto di derivazione concesso alla R. dalla Provincia di Milano.

La sentenza impugnata, pertanto, omettendo del tutto l’esame di tale rilevante documentazione unitamente agli altri elementi valutati ai fini della decisione, non ha minimamente espresso le ragioni che potessero far ritenere logicamente compatibile la propria ricostruzione della vicenda che ha dato vita alla presente controversia con il rapporto intercorso tra la società Concrete ed il Consorzio nei termini sopra evidenziati come emergenti dalla menzionata documentazione.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 2 e 4, in relazione al D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, art. 1, difetto di giurisdizione ed insufficiente motivazione, assume che erroneamente la sentenza impugnata, al fine di escludere la necessità da parte della Provincia di Milano di un esame congiunto delle due domande di concessione idrica presentate dalla R. e dal Consorzio, ha ritenuto legittimo l’esame della domanda proposta per prima dalla R., "tanto più che una precostituita posizione di favore avrebbe potuto eventualmente riconoscersi a chi fruisse di una presa idrica (nel periodo di sospensione di quella di ragione Concrete) a titolo originario e non derivativo"; in realtà la domanda del Consorzio, richiedendo il riconoscimento dell’antico diritto, aveva la pretesa di escludere qualsiasi altro concorrente, cosicchè la decisione del TSAP di valutare nel merito la richiesta della R. respingendo l’impugnazione del Consorzio sotto il profilo della infondatezza della pretesa di quest’ultimo di vedersi riconoscere il diritto da parte della Provincia di Milano ai sensi del D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, art. 1 e del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 4, costituiva una pronuncia emessa in difetto di giurisdizione, non sussistendo la giurisdizione del TSAP in merito alla valutazione del diritto al riconoscimento.

Con il terzo motivo il ricorrente, deducendo vizio di motivazione, dopo aver ribadito che l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui il podere (OMISSIS) da tempo immemorabile risultava legittimato a fruire di tre once d’acqua prelevate dal rio Fontane, immissario non del Cavo Rainoldi ma della Roggia Barozza, non era confortata da alcuna argomentazione, premesso come fatto pacifico che l’acqua del Cavo delle Fontane potesse confluire nella Roggia Barozza, rileva come elemento decisivo che l’acqua del Cavo delle Fontane era presente nella Roggia Barozza solo in quanto il Consorzio stesso ve la faceva confluire; invero durante il periodo di sospensione dell’utilizzo dell’acqua da parte della società Concrete, l’acqua del Cavo delle Fontane era stata integralmente utilizzata dal Consorzio, cui la suddetta società si era poi rivolta per poter riutilizzare la suddetta acqua offrendo anche del denaro al riguardo.

Il ricorrente poi assume che, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, il Consorzio non aveva alcuna necessità di agire per vedersi riconoscere l’usucapione, dato che l’acqua era pacificamente goduta dall’esponente stesso e la società Concrete non ne aveva mai messo in discussione l’esclusiva titolarità, riconoscendo anzi il proprio titolo derivativo e non originario, comprovato anche dal pagamento di un corrispettivo al Consorzio per ottenere la derivazione dell’acqua.

Con il quarto motivo il ricorrente, deducendo insufficiente e contraddittoria motivazione nonchè violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 4, in correlazione con il D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238, art. 1 e violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 55 del citato R.D., assume che la sentenza impugnata ha affermato che il podere (OMISSIS) non faceva parte del menzionato Consorzio, che la transazione intervenuta tra quest’ultimo e la società Concrete risultava priva di data, non trascritta nè richiamata nel contratto di acquisto stipulato tra tale società e la R., che aveva già ottenuto il riconoscimento del suo diritto con la sentenza n. 1/2000 del competente TRAP; il ricorrente, premesso che al 10-8-1999 (data alla quale si deve far riferimento per la decorrenza della derivazione) il podere (OMISSIS) non aveva la disponibilità dell’acqua e quindi non sussistevano i requisiti per il rilascio della concessione, rileva che se, come implicitamente sostenuto dal TSAP, la suddetta transazione non era opponibile alla R., quest’ultima non avrebbe potuto trarre alcun vantaggio dalla menzionata sentenza, essendo rimasta estranea al relativo giudizio, e non essendo stata tale sentenza (neppure passata in giudicato in quanto superata dalla transazione) nè trascritta nè richiamata nel contratto d’acquisto intervenuto tra la società Concrete e la R..

Il ricorrente aggiunge poi che la non opponibilità alla R. della suddetta transazione non escludeva affatto la sua validità tra la società Concrete ed il Consorzio, con la conseguenza che dalla data della interruzione della derivazione fino alla sua riattivazione per effetto della transazione stessa non era possibile ritenere che la derivazione fosse rimasta nella disponibilità della Concrete e fosse stata ostacolata dal Consorzio; pertanto da tale transazione (successiva alla sentenza del TRAP per il semplice fatto che aveva risolto proprio la controversia oggetto di quella sentenza) si evinceva che la derivazione dal Cavo delle Fontane era rimasta chiusa dal 1-1-1990, come richiesto dalla Concrete, al 1-1-2000, data stabilita per la riattivazione nella transazione, cosicchè essa era rimasta inattiva per oltre dieci anni, ovvero per il periodo indicato dal R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 55, u.c., per la decadenza automatica dal diritto di utenza idrica; in ogni caso, poichè la concessione preferenziale può essere rilasciata ai sensi dell’art. 4 del citato R.D. per la quantità effettivamente utilizzata, la riattivazione della derivazione nel 2000 evidenzia che alla data del 10-8-1999 (alla quale si deve fare riferimento in base al D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, art. 23, comma 6 bis, per la decorrenza della derivazione) essa non era in atto, cosicchè la R. non avrebbe potuto ottenere il rilascio di una concessione preferenziale.

Con il quinto motivo il ricorrente, deducendo insufficiente motivazione e violazione dell’art. 1362 c.c., assume che, seppure la sentenza impugnata fosse corretta in ordine all’avvenuto riconoscimento del diritto della R. da parte della menzionata sentenza del TRAP, nondimeno sussisterebbe un vizio di interpretazione di detta sentenza, posto che quest’ultima sia sotto il profilo letterale che sotto quello intenzionale aveva stabilito che l’obbligo del Consorzio di somministrare l’acqua richiesta era controbilanciato dall’obbligo della società Concrete di contribuire alle spese di concessione e di manutenzione del Cavo Rainoldi;

inoltre non è stato considerato che la R. aveva spontaneamente partecipato al Consorzio erogando le spese di gestione e manutenzione dello stesso, così legittimando quest’ultimo alla presentazione della domanda di riconoscimento per tutta l’acqua del Cavo delle Fontane, compresa quella richiesta dalla Concrete, ed escludendo quindi il diritto della R. ad ottenere in via preferenziale la concessione oggetto dell’impugnazione.

Tutti gli enunciati motivi restano assorbiti all’esito dell’accoglimento del primo motivo.

In definitiva il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata per un suo nuovo esame alla luce delle argomentazioni sopra espresse al TSAP in diversa composizione che provvederà anche alla pronuncia in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio al TSAP in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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