Cass. civ. Sez. VI, Sent., 02-03-2012, n. 3353 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che, con distinti ricorsi, C.A. e C. A. ricorrono per cassazione nei confronti dei decreti della Corte d’appello di Genova, in epigrafe indicati, che, liquidando Euro 1.500,00 in favore di ciascuno di essi, quali eredi di V.A. S., per anni tre di ritardo, hanno accolto parzialmente la domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del procedimento relativo al fallimento della Capital Italia s.r.l. svoltosi avanti al Tribunale di Lucca e nell’ambito del quale erano decorsi circa quindici anni tra la data della presentazione da parte della V. della domanda di ammissione al passivo ed il decesso della medesima;

che il Ministero della giustizia resiste con controricorso;

che in prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Ritenuto che, preliminarmente, i due ricorsi debbono essere riuniti in applicazione della regola generale di cui all’art. 274 c.p.c., perchè riferiti alla medesima vicenda processuale, mentre non si ravvisano le condizioni per la riunione con altri ricorsi proposti avverso decisioni diverse, giacchè – a differenza dei casi esaminati con le sentenze n. 13377 del 2011, n. 18693 del 2011 e n. 23831 del 2011 – le pretese delle parti, pur traendo origine dalla durata, ritenuta eccessiva, della stessa procedura fallimentare, presentano elementi di differenziazione in punto di data della domanda di insinuazione al passivo e di conseguente durata del processo presupposto al quale ciascuna di esse ha partecipato, talora anche con diversa posizione e assistenza defensionale;

che nel solo procedimento n. 7428/11 parte resistente ha eccepito la invalidità della procura rilasciata in calce al ricorso, per difetto del requisito prescritto dall’art. 83 c.p.c., comma 3; che l’eccezione è priva di fondamento, atteso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la materiale congiunzione tra il foglio separato, con il quale la procura è stata rilasciata, e l’atto cui essa accede ha riguardo ad un complesso di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi: sì che tale requisito sussiste ove, come nella specie, la procura su foglio separato risulti unita mediante spillatura al ricorso e notificata insieme con esso, senza che in contrario possa addursi la presenza di spazi vuoti nell’ultima pagina del ricorso, che avrebbero reso non necessario l’utilizzo di foglio separato per il rilascio della procura (cfr. Cass. S.U. n. 2646/98; Id. n. 13666/02; sez. L n. 12332/09);

che con i primi sei motivi di entrambi i ricorsi in esame si censurano gli impugnati decreti, sotto il profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione, nella parte in cui hanno ritenuto ragionevole una durata della procedura de qua di dodici anni;

che la censura è fondata, nei limiti di seguito precisati;

che, in tema di ragionevole durata del procedimento fallimentare e tenendo conto della sua peculiarità, il termine è stato ritenuto elevabile fino a sette anni allorquando il procedimento si presenti particolarmente complesso: ipotesi, questa, che è ravvisabile in presenza di un numero particolarmente elevato dei creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare, di proliferazione di giudizi connessi nella procedura ma autonomi (e quindi a loro volta di durata vincolata alla complessità del caso), di pluralità di procedure concorsuali indipendenti;

che, sebbene la procedura in questione – come già riconosciuto da questa Corte in fattispecie identica (Sez. 1^, 14 novembre 2011, n. 23831) – si presenti senz’altro di particolare complessità, non è conforme al richiamato principio il decreto impugnato che ha ritenuto di poter individuare un termine di durata ragionevole superiore ai setti anni;

che l’accoglimento degli esaminati motivi e la necessità di rideterminare, insieme al periodo di irragionevole durata, l’ammontare dell’indennizzo e di regolare le spese, comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi;

che i ricorsi riuniti vanno dunque accolti nei limiti di cui in motivazione;

che non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito;

che va fatta applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840), a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere di Euro 750,00 per anno per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento, mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere richiamato il parametro di Euro 1.000,00 per ciascun anno di ritardo;

che, pertanto, il Ministero della giustizia deve essere condannato al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti di Euro 3625,00 (pari alla quota della metà di Euro 7.250,00) a titolo di equo indennizzo per il periodo di otto anni di irragionevole durata, quale risulta sottraendo dalla durata complessiva di anni quindici quella, da ritenersi ragionevole, di anni sette;

che su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda, in conformità ai parametri ormai consolidati ai quali questa Corte si attiene nell’operare siffatte liquidazioni;

che le spese di entrambi i gradi – liquidate come da dispositivo tenuto conto della identità delle posizioni – seguono la soccombenza, ravvisandosi giustificati motivi per la compensazione della metà delle spese del giudizio di cassazione, essendo il ricorso accolto in parte.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi indicati in epigrafe, li accoglie nei termini di cui in motivazione, cassa i decreti impugnati e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere a Ca.An. e C.A., nella qualità di eredi di V.A.S., la somma di Euro 3.625,00 per ciascuno, con interessi legali a decorrere dalla data della domanda, nonchè al pagamento in solido delle spese processuali, liquidate, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 1.140,00 (di cui Euro 490,00 per onorati ed Euro 600,00 per diritti), e, quanto al giudizio di legittimità, previa compensazione della metà, nell’importo, ridotto per effetto della compensazione, di Euro 482,50 (di cui Euro 50,00 per esborsi), oltre, in ambo i casi, alle spese generali e agli accessori di legge, con distrazione, limitatamente al giudizio di merito, in favore del difensore antistatario.

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