Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-03-2012, n. 3334 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 28 e 29 febbraio 1996 la Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a. in amministrazione straordinaria conveniva dinanzi al Tribunale di Genova la IBM-Semea s.p.a. – più tardi IBM Italia s.p.a.- e il Ministero della Difesa, per ottenere la revoca ex art. 67, commi 1 e 2, L. Fall. nei confronti della massa dei creditori della cessione di un credito che la società in bonis, versante in stato di notoria insolvenza, vantava verso il Ministero della difesa; con la conseguente condanna alla restituzione della somma percepita di L. 1.907.213.545, oltre interessi anatocistici e rivalutazione monetaria.

Esponeva che tra la Piaggio e l’IBM era intercorsa una scrittura privata contenente un piano di rientro del debito di L. 7.514.100.000, di cui la cessione del credito costituiva esecuzione, con accettazione del Ministero della Difesa.

Costituitasi ritualmente, l’IBM ammetteva la cessione del credito, ma ne contestava la finalità solutoria di debiti pregressi, dal momento che essa riguardava canoni di una locazione finanziaria proseguita in costanza di procedura concorsuale. Negava altresì fa propria conoscenza dell’altrui stato di insolvenza.

Anche il Ministero della Difesa si costituiva, chiedendo il rigetto della domanda nei propri confronti, in considerazione dell’autorizzazione espressa al pagamento da parte degli stessi commissari dell’amministrazione straordinaria della Piaggio.

Con sentenza 4 ottobre 1999 il Tribunale di Genova accoglieva la domanda e condannava l’IBM alla restituzione della somma di L. 1.907.213.000, oltre interessi legali e spese di lite.

In accoglimento del gravame dell’IBM, la Corte d’appello di Genova, con sentenza 17 luglio 2002, ritenuta l’incompatibilità con il diritto comunitario dell’azione revocatoria fallimentare, configurabile come aiuto di Stato nell’ambito di un procedimento volto alla conservazione, e non alla liquidazione, di un’impresa, rigettava le domande proposte dalla Piaggio in amministrazione straordinaria, con compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

Sul ricorso della Piaggio, cui resisteva la sola IBM, la Corte di cassazione con sentenza 24 febbraio 2006 cassava con rinvio la pronunzia, statuendo che l’accertamento di eventuali agevolazioni fiscali poteva invalidare gli aiuti di Stato, ma non determinare la caducazione dell’intero procedura concorsuale e, di riflesso, dell’azione revocatoria da essa derivata; e che l’effettiva destinazione liquidatoria andava accertata con riferimento al momento della decisione sulla domanda revocatoria, anche in caso di pregressa alienazione dell’intero complesso aziendale.

In sede di rinvio, la Corte d’appello di Genova, con sentenza 5 novembre 2009, in riforma della decisione di primo grado, rigettava le domande proposte dalla Piaggio in amministrazione straordinaria nei confronti della IBM Italia S.p.A. e del Ministero della Difesa e la condannava alla rifusione delle spese processuali sostenute da quest’ultimo; con compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio nei confronti della IBM Italia S.p.A..

Motivava:

– che la destinazione liquidatoria dell’amministrazione straordinaria della Piaggio, con riferimento alla data di decisione della domanda revocatola, era dimostrata dalla stessa cessione del complesso aziendale: senza che alcun elemento specifico inducesse ad attribuire a tale operazione un diverso fine di risanamento;

– che peraltro la procedura concorsuale, nella persona dei commissari, era subentrata nei rapporti negoziali di durata (locazione finanziaria di macchine, noleggio di prodotti, manutenzione di macchinari) e pertanto ai sensi del combinato disposto degli art. 72 e 74, L. Fall. i relativi pagamenti dei canoni non erano soggetti a revoca ex art. 67, L.Fall..

– che si doveva infatti escludere l’esaurimento sia del rapporto di locazione finanziaria, per mancato pagamento del corrispettivo del diritto di opzione finale sui beni, sia degli altri rapporti contrattuali di durata, rinnovati tacitamente di anno in anno.

Avverso la sentenza, notificata il 10 febbraio 2010 la IAM R. PIAGGIO in amministrazione straordinaria proponeva ricorso per cassazione, articolato in sei motivi e notificato il 12 aprile 2010.

Deduceva:

1) la violazione dell’art. 67, comma 1, n. 2 e art. 74, L. Fall. per aver ritenuto inaccoglibile la domanda revocatoria per effetto del subentro dei commissari nei rapporti pendenti di locazione finanziaria e di noleggio, dal momento che oggetto della domanda non era il pagamento dei relativi canoni, bensì la cessione dei crediti, quale mezzo solutorio anomalo;

2) la violazione dell’art. 1523 cod. civ. e artt. 72 e 74, L. Fall., nonchè la carenza di motivazione nel ritenere promiscuamente applicabili la norma relativa alla vendita a rate – senza verificarne l’applicabilità alla locazione finanziaria, in funzione della sua natura traslativa – e quella fallimentare in tema di somministrazione;

3) la violazione dei principi in tema di riscatto dei beni concessi in locazione finanziaria e degli artt. 67, 72 e 74, L. Fall., nell’accertamento del subingresso dei commissari nel contratto, nonostante il loro comportamento incompatibile con tale intento;

4) la violazione degli artt. 72 e 74, L. Fall. e la carenza di motivazione nel ritenere estensibile per analogia il regime giuridico della somministrazione in caso di mancato scioglimento del contratto;

5) la violazione degli artt. 1362 e 1371 cod. civ. in tema di interpretazione del contratto e degli artt. 72 e 74 L. Fall., nonchè la carenza di motivazione nel considerare proseguiti i contratti di noleggio, con conseguente inammissibilità dell’azione revocatoria;

6) la violazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ. nell’accoglimento dell’appello incidentale proposto dal Ministero della Difesa.

L’IBM resisteva con controricorso.

Entrambe le parti depositavano, altresì, una memoria illustrativa, ex art. 378 cod. proc. civ..

All’udienza del 13 gennaio 2012, il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 67, comma 1, n. 2 e art. 74, L. Fall..

Il motivo è infondato.

La cessione dei crediti costituiva, nella prospettazione attrice, un mezzo solutorio anormale. Come tale, al pari dell’ordinario pagamento di una somma, presupponeva che l’organo della procedura concorsuale, attore in revoca, fosse terzo estraneo al rapporto negoziale sottostante. Tale non è stato l’accertamento della Corte d’appello di Genova, secondo cui la perdurante detenzione a scopo di uso dei macchinari concessi in locazione finanziaria e a noleggio comportava il subingresso nei rispettivi contratti, in assenza della dichiarazione di scioglimento da parte dei commissari straordinari: a nulla rilevando, in senso contrario, il loro esercizio del diritto di riscatto, non seguito dal pagamento integrale dei canoni e del corrispettivo dell’opzione di riscatto finale, che segna il passaggio di proprietà e la cessazione del rapporto negoziale ( art. 1523 cod. civ.).

Non giova alla ricorrente il richiamo dei precedenti di questa Corte secondo cui la revocatoria del pagamento prescinde dalla pari revoca dei contratti costitutivi dell’obbligazione adempiuta con lesione della par condicio (la cui stipulazione potrebbe essere, tra l’altro, anteriore al periodo sospetto): fattispecie del tutto eterogenea rispetto a quella in esame, in cui non è in discussione l’autonomia dell’atto da revocare (pagamento con mezzi anomali), bensì il presupposto stesso della terzietà degli organi della procedura rispetto ai rapporti contrattuali, che si assumeva tuttora pendenti.

Con il secondo, terzo e quarto motivo, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, si denunzia la violazione dell’art. 1523 cod. civ., artt. 72 e 74 L. Fall., nonchè la carenza di motivazione e la violazione dei principi in tema di riscatto dei beni concessi in locazione finanziaria nell’accertamento del subingresso dei commissari nel contratto.

Le censure sono fondate.

Al riguardo, occorre premettere che la Corte d’appello di Genova è incorsa, in effetti, nell’inesatta sussunzione del caso in esame entro la fattispecie di cui all’art. 74, L. Fall., che regola la pendenza del diverso rapporto di somministrazione. Tale inesattezza non sarebbe, in sè, decisiva, dal momento che la Corte ha poi ancorato il proprio iter argomentativo alla norma, in effetti pertinente, di cui all’art. 72 L. Fall., che nel testo previgente costituiva la disciplina ordinaria in tema di rapporti sinallagmatici in tutto o in parte inadempiuti; derivandone la conclusione che, in difetto di scioglimento del rapporto, la perdurante detenzione (ed uso) dei macchinari in questione poneva le premesse per il subingresso degli organi della procedura nei contratti in fieri, con la conseguente irrevocabilità dei pagamenti in precedenza eseguiti.

Tuttavia l’accertamento, in concreto, di tale effetto presenta una duplice aporia.

Da un lato, non tiene conto della libertà di forma della manifestazione di volontà dell’organo rappresentativo della procedura di sciogliersi dal contratto; che non richiede formule sacramentali e può quindi avvenire anche per fatti concludenti:

inclusi, in astratto, la cessione di azienda e lo stesso esercizio dell’azione revocatoria (Cass., sez. unite, 14 aprile 1999 n. 239;

Cass., sez. 1, 3 settembre 2010 n. 19.035). E’ dunque quaestio facti, bisognosa di motivato accertamento, la permanenza, o no, del vincolo obbligatorio; di cui la mancata restituzione dei beni può essere, certo, elemento indiziario, ma non necessariamente concludente, potendo risolversi nella mera inesecuzione di un’obbligazione restitutoria.

La seconda incongruenza consiste nel mancato apprezzamento dell’esercizio del diritto di opzione sui beni detenuti a titolo di locazione finanziaria, di cui la stessa sentenza da atto:

incompatibile, prima facie, con la volontà di rinnovare (tacitamente) il rapporto, produttiva della perdurante obbligazione di corrispondere i canoni in misura invariata, nonostante l’eventuale obsolescenza intercorsa.

Cosa diversa è che a tale dichiarazione non abbia fatto seguito, in punto di fatto, il pagamento del corrispettivo del riscatto: giacchè tale omissione non pone nel nulla l’esercizio del diritto (factum infectum fieri nequit), risolvendosi in un inadempimento suscettibile di rimedi risolutori del contratto e restitutori dei macchinari, rimasti di proprietà del concedente.

In questo senso, il richiamo (analogico) all’art. 1523 cod. civ., in tema di vendita a rate, è improprio, perchè al mancato acquisto finale non consegue ivi la maturazione di ulteriori rate di prezzo a venire.

Con il quinto motivo la ricorrente denunzia la violazione di legge e la carenza di motivazione nel considerare proseguiti i contratti di noleggio.

Il motivo è infondato.

Premessa l’inammissibilità di una difforme valutazione degli elementi di fatto presi in esame dalla corte territoriale, volta a prospettare una conclusione alternativa sulla base di un riesame nei merito – nel che si risolve l’affermata pluralità di separate erogazioni e forniture – si osserva come la giurisprudenza citata a sostegno (Cass., sez. l, 11 novembre 2003 n. 16.905; Cass., sez. 1, 17 marzo 1995 n. 3089) non sia pertinente al caso in esame, riguardando la revocabilità dei contratti stessi di locazione, non sciolti ex lege a seguito del fallimento del locatore (art. 80, L. Fall.): evenienza diversa, evidentemente, dalla revoca dei pagamenti dei relativi canoni, oggetto del presente thema decidendum.

Con l’ultimo motivo si censura, infine, la violazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ. nell’accoglimento dell’appello incidentale proposto dal Ministero della Difesa.

Il motivo è infondato.

La domanda del Ministero della Difesa che chiedeva dichiararsi opponibile alla Piaggio il suo pagamento in favore dell’IBM era stata respinta dal Tribunale di Genova. Non può quindi essere negato il suo interesse alla riforma della decisione, sfavorevole in parte qua;

nè a resistere alla domanda della Piaggio in amm. straord. volta all’accertamento di inopponibilità alla massa della cessione del credito: il che avrebbe comportato la rinnovazione del pagamento da parte del Ministero.

Anche se la riforma della decisione, da parte della Corte d’appello di Genova, si è tradotta, in dispositivo, non nell’accoglimento formale della domanda del Ministero della Difesa, bensì, specularmente, nel rigetto della domanda ex art. 67, L. Fall. anche nei suoi confronti, resta innegabile la soccombenza della Piaggio in amm. straord., ai fini della condanna alla rifusione delle spese giudiziali.

Il ricorso dev’essere quindi accolto nei limiti di cui sopra, con la correlativa cassazione della sentenza in parte qua e rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese processuali della fase di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, rigettati i residui;

Cassa la sentenza nei limiti di cui in motivazione e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese processuali della fase di legittimità tra la Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo Piaggio s.p.a. in amministrazione straordinaria e l’IBM Italia s.p.a.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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