Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-05-2011) 05-10-2011, n. 36138

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il tribunale di Pistoia, con sentenza del 27 gennaio 2006, condannava M.S. alla pena di 14 anni di reclusione per il tentato omicidio del maresciallo M.G.; pena aumentata per la continuazione con gli altri reati contestati (detenzione illegale di armi, porto illegale, detenzione di armi clandestine, ricettazione di armi di provenienza illecita, ricettazione di assegni provento di rapina, resistenza a pubblico ufficiale aggravata).

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 23 novembre 2007, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva M. S. dal reato di tentato omicidio e da quello di resistenza, determinando la pena in complessivi anni quattro di reclusione ed Euro 2500 di multa.

Con sentenza del 26 novembre 2008 la Corte di cassazione dichiarava inammissibile il ricorso di M.S. e accoglieva invece il ricorso del Procuratore Generale, annullando la sentenza della Corte d’appello di Firenze in relazione ai delitti di tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale, rinviando per nuovo giudizio ad altra sezione della medesima Corte.

Con sentenza del 5 marzo 2010, la seconda sezione penale della Corte d’appello di Firenze, a conferma della sentenza di primo grado del tribunale di Pistoia, ha ritenuto sussistente la responsabilità penale dell’imputato per il reato di tentato omicidio, confermando la pena base di 10 anni di reclusione, aumentata ad anni 12 per l’aggravante della latitanza e ad anni 14 per la recidiva; ha dichiarato la prescrizione del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione M. S., in relazione ai capi C (tentato omicidio) e H (resistenza a pubblico ufficiale) per i seguenti 2 motivi:

1. violazione di legge penale in relazione agli articoli 56 e 575 del codice penale e illogicità manifesta della motivazione.

2. Dichiarazione di rinuncia alla prescrizione per l’imputazione di resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Violazione di legge penale in relazione agli articoli 337, 339 del codice penale.

Sotto il primo profilo il ricorrente evidenzia la sussistenza di plurimi ed evidenti vizi di illogicità e contraddittorietà della sentenza, che ne comprometterebbero in modo manifesto la coerenza logica, non consentendo al percorso argomentativo effettuato dal giudice di sostenere che sia stata raggiunta la prova della responsabilità dell’imputato. I profili contradditori sarebbero i seguenti:

a) il maresciallo M. sostiene di aver sparato, mentre gli altri colleghi sostengono il contrario. Contraddittorietà tra le deposizioni testimoniali e le prove assunte (dalla pistola di ordinanza del M. risultano mancanti 14 colpi, ma non sono mai stati trovati in loco i relativi bossoli). Secondo la difesa del ricorrente, peraltro, due bossoli di pistola di ordinanza dei carabinieri sarebbero stati ritrovati sul posto insieme a quelli della mitraglietta M 12 utilizzata dal brigadiere I..

Lamenta, poi, la difesa che la sentenza impugnata, laddove afferma che il maresciallo M. non poteva, subito dopo il ferimento, non essere sincero e spontaneo, non applica una massima di esperienza, ma una mera congettura;

b) riconducibilità del proiettile (il ricorso, a pagina 23, parla di bossolo, ma è evidentemente un errore materiale) incastrato nel barbecue a quello che ha ferito il maresciallo Ma.. La difesa – premesso che la responsabilità del M. sarebbe, per la sentenza della Corte d’appello, connessa con la dimostrazione che il proiettile che ha trafitto il Ma. è quello che è stato trovato conficcato nel muretto del barbecue – afferma che la Corte d’appello di Firenze avrebbe emesso una motivazione contraddittoria, ritenendo dapprima che tale proiettile sia quello che ha colpito il maresciallo Ma., mentre successivamente affermerebbe l’impossibilità che l’ogiva conficcata nel barbecue sia quella che ha colpito il predetto Ma. (pagina 23, terzo capoverso, del ricorso). In più, secondo la difesa, la sentenza impugnata darebbe atto che il M. sparò un solo colpo e da ciò deriverebbe la necessità che il proiettile rinvenuto nel barbecue sia proprio quello che ha trafitto il Ma.. Infine vi sarebbe incompatibilità tra l’altezza del colpo che ha raggiunto il Ma. e l’altezza alla quale è stato rinvenuto il colpo nel barbecue. c) Possibilità che un proiettile blindato si frammenti in caso di urto contro superfici ossee di grande consistenza (nel caso di specie furono urtate due costole). d) Irrilevanza – secondo la Corte – delle valutazioni in ordine alla precisa posizione del M. al momento dello sparo del Ma. e degli altri Carabinieri. Secondo la difesa sarebbe chiara la irragionevolezza di una tale affermazione in quanto nella valutazione delle dinamiche della ricostruzione del fatto non può definirsi irrilevante la posizione dei soggetti agenti, soprattutto in un accertamento fondato su elementi probatori di valore indiziario. La Corte, poi, omette di considerare la rilevanza di tali accertamenti ai fini della dimostrazione della sussistenza di una tesi alternativa logicamente sostenibile e mai esclusa. e) La "deliberata messa nel nulla" dei risultati peritali raggiunti nel corso del giudizio di appello. La perizia avrebbe dimostrato che:

– il ricorrente ebbe ad esplodere un solo colpo; non è provato che l’ogiva trovata sul barbecue sia quella che ha attraversato il corpo di Ma.. Sostiene poi la difesa la contraddittorietà della tesi esposta in sentenza, secondo cui da un lato il proiettile seguì una traiettoria rettilinea e quindi non potè rivoltarsi (ciò che avrebbe consentito anche ad un proiettile blindato di lasciare delle tracce radio opache) e dall’altro lato sostiene che il proiettile fu deviato dalle costole di Ma., per giustificare il suo rinvenimento nel barbecue a un livello troppo basso. Infine, secondo la difesa, essendo il proiettile inciso sull’ogiva, questo, al contatto con il corpo umano e soprattutto con le ossa, si sarebbe dovuto frantumare e lasciare da subito ben più che un residuo radio opaco in uscita: in tutto il tramite si sarebbe dovuta trovare materia metallica derivata dalla apertura della ogiva incisa. f) Infine, viene censurata la seguente affermazione contenuta nella sentenza di appello impugnata: ".. inoltre non si hanno dati valutabili sulla precisa posizione del tronco del ferito quando fu colpito e più in generale sulla esatta traiettoria e provenienza del colpo". Secondo la difesa questa affermazione evidenzierebbe la mancanza di convinzione della Corte in ordine alla responsabilità dell’imputato e sarebbe la dimostrazione delle gravissime lacune probatorie della ipotesi di accusa.

Quanto al secondo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione del reato di resistenza aggravata, il signor M. dichiara espressamente di rinunciare alla prescrizione e chiede che la sentenza sia annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello, non essendo sufficientemente motivata sul punto la sentenza impugnata. Quest’ultima, nell’applicare la prescrizione, si limiterebbe infatti ad escludere l’assoluta evidenza della insussistenza del reato, senza prendere in esame gli elementi evidenziati dalla difesa a favore di una assoluzione nel merito, ed in particolare le dichiarazioni testimoniali del brigadiere I. e del maresciallo L.; riafferma in questa sede la difesa l’insussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale non solo sotto il profilo soggettivo, difettando il compimento di alcun atto di violenza o minaccia, ma soprattutto sotto quello soggettivo, poichè il signor M. non aveva la consapevolezza della qualifica soggettiva ricoperta dai soggetti intervenuti sul posto che lo stavano inseguendo.

Il 9 maggio il M. ha depositato memoria difensiva con motivi aggiunti; in sostanza, il M. ha ribadito le proprie censure di illegittimità e grave travisamento della prova, riportando numerosi stralci della sentenza con successivo commento critico. In questa memoria il difensore del M. si sofferma su due elementi ritenuti determinanti e cioè: a) sulla posizione relativa del ricorrente e del Maresciallo Ma. (il quale ultimo, a detta del ricorrente, sarebbe stato più in alto, per cui il proiettile non avrebbe potuto avere una traiettoria discendente); b) sul fatto che il M. avrebbe sparato un solo colpo (quello conficcato nel barbecue) e che tale proiettile non può essere quello che ha attraversato il corpo del Ma..

Il 13 maggio il M. ha depositato ulteriore memoria difensiva, in cui sostanzialmente richiama le considerazioni già espresse in precedenza.

Motivi della decisione

Va premesso che tutte le considerazioni contenute in apertura del ricorso sono inammissibili, in quanto attengono non alla sentenza d’appello oggetto di impugnazione, bensì alla sentenza di rinvio della suprema Corte, che non può essere oggetto di sindacato in questa sede.

Si deve ribadire, poi, che nel controllo di legittimità la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia logica e compatibile con il senso comune; e l’eventuale illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, dev’essere percepibile "ictu ocuU", dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze. In secondo luogo, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio di motivazione, che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (cfr. Cassazione penale, sez. 2^, 05 maggio 2009, n. 24847).

Dunque, non è possibile per questa Corte procedere ad una ricostruzione alternativa dei fatti, sovrapponendo a quella compiuta dai giudici di merito una diversa valutazione del materiale istruttorio, qualora la motivazione a sostegno delle conclusioni raggiunte sia logica, congrua e sufficientemente specifica.

Venendo al ricorso proposto dal M., si evidenzia che il primo motivo denuncia la illogicità della motivazione sotto vari profili:

a) vi sarebbe un’insanabile contrasto tra la deposizione del maresciallo M. e quella degli altri colleghi in relazione all’esplosione o meno di colpi da parte del primo. Su questo punto si deve rilevare non solo l’esistenza di una compiuta ed approfondita motivazione da parte della Corte d’appello di Firenze, ma anche che sfugge la rilevanza di tale contraddizione ai fini dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato; la semplice esistenza di parziali contraddizioni tra le deposizioni dei testi non è di per sè sola elemento sufficiente per inficiare una ricostruzione dei fatti basata su plurime fonti di prova e correttamente motivata. Si ricorda che l’unica discordanza attiene esclusivamente all’esplosione o meno di colpi di pistola da parte del maresciallo M., mentre su tutto il resto e in particolare sulla ricostruzione del fatto al momento del suo ferimento vi è piena concordia di tutte le deposizioni testimoniali e non vi è alcuna contraddizione nemmeno con le affermazioni rese dall’imputato. La ricostruzione alternativa proposta della difesa, oltre ad essere preclusa in questa sede per quanto detto in premessa, essendoci sufficiente, logica e specifica motivazione della Corte d’appello sul punto, non può comunque essere condivisa perchè si basa non su elementi di prova, ma su mere supposizioni dedotte esclusivamente dall’esistenza di una minima contraddizione testimoniale. La difesa, cioè, sembra sostenere il seguente sillogismo: i testi non hanno detto il vero sui colpi esplosi dal M.; quindi stanno nascondendo qualcosa; ciò significa che il colpo che ha ferito il maresciallo M. è stato esploso da un collega e non dall’imputato. A parere di questa Corte non è dunque, come si vedrà in seguito, la Corte d’appello ad aver operato una ricostruzione dei fatti illogica e priva di elementi probatori, ma al contrario la difesa dell’imputato a volere sostenere una ricostruzione alternativa dei fatti basata su congetture prive di alcun riscontro anche solo indiziario.

La Corte, peraltro, opera una ricostruzione dei fatti che prescinde dall’esplosione o meno dei colpi da parte del maresciallo M., rendendo questo aspetto non determinante per l’accertamento di responsabilità del M..

Questa Corte non riprodurrà tutto il percorso logico argomentativo a sostegno della decisione di merito, ma limiterà le proprie considerazioni agli elementi asseritamente contraddittori ed illogici evidenziati nel ricorso. Innanzitutto, osserva la Corte di merito che la tesi sostenuta dalla difesa ha un senso solo se si ritiene che la contraddittorietà delle prove sia conseguenza del fatto che gli altri carabinieri hanno voluto proteggere il maresciallo M., quale effettivo autore dello sparo che ha colpito il maresciallo Ma.; diversamente l’accertamento dell’esplosione o meno di colpi da parte del maresciallo M. sarebbe del tutto irrilevante ai fini dell’accertamento della responsabilità penale del M..

Ed allora la Corte ha correttamente ed approfonditamente motivato, adducendo ragioni logiche e sorrette dalle risultanze istruttorie, sul perchè non ha ritenuto possibile che vi sia stata una ricostruzione "di comodo" dei fatti; si tratta delle considerazioni espresse alle pagine da 16 a 21, che qui non è il caso di riprodurre, ma che evidenziano un percorso logico assolutamente esente da censura, laddove la Corte d’appello ancora le proprie conclusioni non solo al fatto che la ricostruzione della difesa contrasta insanabilmente con le prove testimoniali e con le stesse affermazioni dell’imputato (pagg. 18-21), ma anche su tre considerazioni di ordine logico assolutamente condivisibili: – se i carabinieri avessero inteso favorire il maresciallo M., avrebbero concordato con lui la versione di comodo o comunque avrebbero sollecitato il silenzio di quest’ultimo sul punto; – anche il brigadiere I. utilizzava lo stesso munizionamento del M., ma inspiegabilmente la difesa non ha attribuito a lui il colpo che ha ferito il maresciallo Ma.; – già nell’immediatezza del fatto i carabinieri operanti smentirono le affermazioni di M. sull’esplosione di numerosi colpi di pistola da parte sua anche se in quel momento non era ipotizzabile non solo che il colpo fosse partito da uno dei carabinieri, ma soprattutto che fosse addebitabile al M., piuttosto che al brigadiere I., che usava lo stesso munizionamento e che si trovava anche lui nella stessa posizione relativa di M. rispetto al Ma.. Inoltre era assolutamente logico e corrisponde ad una massima di esperienza, e non a una mera congettura, sostenere che nell’immediatezza dei fatti, con un militare ferito gravemente e subito dopo un conflitto a fuoco, verificatosi in zona boschiva e non illuminata, i colleghi del M., che peraltro verosimilmente non avevano ancora nemmeno potuto parlarsi tra di loro, abbiano potuto ricostruire artificiosamente una diversa realtà fattuale, quando ancora non potevano immaginare ciò che ipoteticamente era successo.

Senza contare che la necessità di occuparsi del ferito e l’agitazione, se non proprio shock, derivanti da questo fatto e dal conflitto a fuoco, rendono più che inverosimile che i colleghi del M. abbiano avuto la freddezza e la lucidità per comprendere esattamente come erano andati i fatti e come potevano porre rimedio con una ricostruzione artificiosa dei medesimi, in quattro e quattr’otto concordata. b) Il proiettile (il ricorso, a pagina 23, parla di bossolo, ma è evidentemente un errore materiale) incastrato nel barbecue – che viene pacificamente attribuito all’arma del M. – non sarebbe quello che ha ferito il maresciallo Ma. e quindi il M. non è responsabile per tentato omicidio. Innanzitutto, secondo la difesa, la Corte d’appello di Firenze avrebbe emesso una motivazione contraddittoria, ritenendo dapprima che tale proiettile sia quello che ha colpito il maresciallo Ma., mentre successivamente affermerebbe l’impossibilità che l’ogiva conficcata nel barbecue sia quella che ha colpito il Ma. stesso (pagina 23, terzo capoverso, del ricorso); l’affermazione della difesa tuttavia è smentita dalla stessa sentenza, la quale non esclude mai che il proiettile conficcato nel barbecue sia quello che colpì il Ma., limitandosi ad affermare che sul punto non c’è certezza assoluta (al terzo capoverso della pagina 23 la Corte afferma di concordare sulla conclusione del tribunale di Pistoia in ordine alla mancanza di certezza e al fatto che ciò fosse però irrilevante in quanto lo stesso M. aveva dichiarato di avere esploso numerosi colpi di pistola nei dintorni della casa prima di quella notte; subito dopo la Corte precisa che però sono numerosi e significativi gli elementi che depongono per la riferibilità del proiettile rinvenuto nel barbecue al colpo che ha ferito il maresciallo Ma.). Nessuna contraddizione, dunque, è riscontrabile in questa valutazione della Corte, che anzi è perfettamente logica e idoneamente motivata.

Quanto alla asserita incompatibilità tra l’altezza del colpo che ha raggiunto il Ma. e l’altezza alla quale è stato rinvenuto il colpo nel barbecue, la Corte ha dato corretta e congrua motivazione, anche sulla base delle risultanze peritali, ritenendo che il proiettile fu deviato verso il basso nell’impatto con le costole anteriori e che tale conclusione è comprovata dal fatto che il foro di uscita posteriore è posto più in basso rispetto a quello che avrebbe dovuto essere se il proiettile avesse proseguito all’interno del corpo con una traiettoria rettilinea. c) Possibilità che un proiettile blindato si frammenti in caso di urto contro superfici ossee di grande consistenza; uno degli elementi fondamentali che la Corte territoriale ha utilizzato per escludere che il maresciallo Ma. sia stato colpito da un collega è dato dal fatto che all’interno del suo corpo furono rinvenute tracce radio opache che normalmente non vengono rilasciate da proiettili incamiciati, ossia blindati, come quelli in dotazione all’arma dei carabinieri. Sul punto la difesa afferma che anche i proiettili blindati, se incontrano una superficie ossea di grande consistenza, possano rilasciare tracce rilevabili all’esame radiografico. Ma qui è la tesi della difesa ad essere evidentemente contraddittoria, poichè per ossa di grande consistenza viene fatto esplicito riferimento al femore, mentre le costole non sono evidentemente superfici ossee particolarmente spesse. d) Irrilevanza – secondo la Corte – delle valutazioni in ordine alla precisa posizione del M. al momento dello sparo, del Ma. e degli altri carabinieri. Secondo la difesa sarebbe chiara la irragionevolezza di una tale affermazione in quanto nella valutazione delle dinamiche della ricostruzione del fatto non può definirsi irilevante la posizione dei soggetti agenti, soprattutto in un accertamento fondato su elementi probatori di valore indiziario.

Innanzitutto, si deve rilevare che la motivazione della Corte d’appello di Firenze non si basa su elementi di valore indiziario, ma su elementi di prova plurimi e concordanti; in secondo luogo è evidente dal contesto della motivazione il significato che la Corte attribuisce a tale affermazione e cioè che ci si trova in una situazione tale per cui è praticamente impossibile ricostruire la posizione relativa dei vari soggetti, a causa del buio, della zona boschiva e del fatto che tutti erano in movimento (peraltro non c’è stata una omissione istruttoria sul punto, dal momento che i testimoni sono stati esaminati in modo specifico anche su tale aspetto e lo stesso imputato ha riferito in ordine alla sua posizione rispetto alla luce che lo aveva illuminato). In tale situazione, la Corte non ha ritenuto l’irrilevanza in sè della posizione reciproca dei vari soggetti, quanto piuttosto che a fronte di un’impossibilità oggettiva di ricostruzione precisa delle varie posizioni, vi erano comunque elementi sufficienti per giustificare le conclusioni di responsabilità dell’imputato. e) La "deliberata messa nel nulla" dei risultati peritali raggiunti nel corso del giudizio di appello. Secondo la difesa, la perizia avrebbe dimostrato che; – il ricorrente ebbe ad esplodere un solo colpo, ma non è provato che l’ogiva trovata sul barbecue sia quella che ha attraversato il corpo di Ma.. Tale obiezione risulta superata dal fatto che per stessa ammissione del M., evidenziata dalla Corte d’appello, in quella zona erano stati sparati dalla sua pistola altri colpi, per cui anche se quello ritrovato nel barbecue non fosse quello che ha attinto il maresciallo Ma., ciò non escluderebbe affatto la tesi dell’accusa.

Sostiene poi la difesa la contraddittorietà della tesi esposta in sentenza, secondo cui da un lato il proiettile seguì una traiettoria rettilinea e quindi non potè rivoltarsi (ciò che avrebbe consentito anche ad un proiettile blindato di lasciare delle tracce radio opache) e dall’altro lato sostiene che il proiettile fu deviato dalle costole di Ma., per giustificare il suo rinvenimento nel barbecue a un livello troppo basso. Anche questa censura non coglie nel segno in quanto la motivazione della Corte d’appello è perfettamente logica, avendo ritenuto, sulla base delle stesse risultanze peritali, già esposte in precedenza, i motivi per cui il proiettile sia stato deviato in entrata dalle costole ed abbia proseguito con traiettoria rettilinea, ma con direzione leggermente spostata verso il basso. La Corte ha inoltre giustificato il mancato accoglimento della tesi della difesa, secondo cui il proiettile sarebbe ruotato all’interno del corpo del Ma., con ciò potendo rilasciare frammenti metallici anche se blindato, osservando correttamente che in tal caso la rotazione del proiettile all’interno del corpo avrebbe prodotto danni molto più devastanti per gli organi interni del maresciallo Ma..

Infine, secondo la difesa, il proiettile, essendo inciso sull’ogiva, al contatto con il corpo umano e soprattutto con le ossa si sarebbe dovuto frantumare e rilasciare da subito ben più che un residuo radio opaco in uscita, ma ciò costituisce una affermazione apodittica e priva di precisi riscontri istruttori (tale considerazione, espressa nel ricorso alla pagina 30, non contiene alcun riferimento alle perizie o ad altra risultanza istruttoria in cui sarebbe contenuta). f) Infine, viene censurata la seguente affermazione contenuta alla pagina 24 della sentenza di appello impugnata: "Inoltre non si hanno dati valutabili sulla precisa posizione del tronco del ferito quando fu colpito e più in generale sulla esatta traiettoria e provenienza del colpo". Secondo la difesa questa affermazione evidenzierebbe la mancanza di convinzione della Corte in ordine alla responsabilità dell’imputato e sarebbe la dimostrazione delle gravissime lacune probatorie della ipotesi di accusa. Ma ancora una volta il ricorrente cerca di decontestualizzare la frase per dedurne conseguenze diverse da quelle desumibili dal contesto della sentenza. La frase viene utilizzata infatti dalla Corte territoriale non per evidenziare dubbi o carenze probatorie, ma per sconfessare la ricostruzione dei fatti proposta dalla difesa e corrisponde comunque alla considerazione che non è possibile operare un calcolo di precisione assoluta sulla traiettoria e sulla posizione finale del proiettile, in virtù del fatto che non è possibile ricostruire con esattezza geometrica la posizione del M. e del maresciallo Ma.. Ma tale considerazione non porta ad indebolire la motivazione della Corte d’appello, la quale si fonda su precisi e plurimi riscontri istruttori e soprattutto è giustificata da motivazione logica, coerente e approfondita e dunque idonea a sostenere pienamente la sentenza di condanna.

Quanto al secondo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione del reato di resistenza aggravata, osserva questa Corte che la prescrizione dichiarata con sentenza non può essere, nei gradi successivi, oggetto di rinuncia (Cassazione penale, sez. 3^, 7/07/2009, n. 37583). La dichiarazione di rinuncia alla prescrizione va effettuata dall’imputato sì dopo che i termini massimi sono maturati (tra le tante, Prima Sezione Penale, sentenza n. 18391 del 2007, Cariglia, rv 236576), ma "..comunque prima che si giunga alla sentenza che conclude il giudizio in corso, così che il giudice, ormai esclusa per espressa volontà dell’imputato l’applicazione della prima parte dell’art. 129 c.p.p., possa pronunciarsi "liberamente" sul merito della contestazione con affermazione di assoluzione o di condanna dell’imputato stesso. Una volta che il giudice si sia pronunciato sulla contestazione dichiarando l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può ammettersi che nei successivi gradi di giudizio l’imputato manifesti per la prima volta la propria rinuncia alla prescrizione che, in presenza del principio di divieto di reformatio in peius, altererebbe la pienezza della valutazione del giudice e la parità tra le parti processuali" (cfr. Cassazione penale, sez. 3^, 7/07/2009, n. 37583).

Quanto si è appena detto comporta che la rinuncia alla prescrizione manifestata per la prima volta in sede di impugnazione contro una decisione che ha dichiarato prescritto il reato non può che essere intesa come censura alla decisione, volta ad ottenere una rivalutazione del materiale probatorio e finalizzata alla dimostrazione di innocenza, con conseguente assoluzione nel merito che non soffra i limiti fissati dalla seconda parte dell’art. 129 c.p.p.. Nell’ambito di questi limiti appare evidente dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata che i giudici di appello hanno ritenuto sussistere non la prova dell’innocenza del ricorrente, bensì la prova della sua responsabilità, così che hanno concluso che la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione costituisce la soluzione più favorevole; tale conclusione appare a questa Corte corretta sul piano interpretativo e logicamente ineccepibile, per cui non può essere censurata. Nè potrebbe questa Corte, in sede di legittimità, procedere a nuova valutazione del materiale istruttorio ai fini dell’espressione di un giudizio di merito che porti all’assoluzione dell’imputato.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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