Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-03-2012, n. 3329

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Iniziativa Granai di Nerva s.p.a. – proprietaria di un vastissimo appezzamento di terreno situato nel quartiere (OMISSIS), acquistato nel 1983, allorchè il Comune, a seguito dell’approvazione del piano di zona (OMISSIS), lo aveva già parzialmente destinato ad interventi di edilizia economica e popolare, da attuare attraverso l’assegnazione in diritto di superficie di singoli lotti a cooperative edilizie, delegate al compimento dei lavori – con citazione del 28.4.1988 convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma l’amministrazione comunale della città e la Coop. edilizia Casa Lanciani 74 s.r.l., per ottenerne la condanna in via solidale al risarcimento dei danni subiti per ia perdita di una porzione di mq.

7981,91 che, trasferita alla cooperativa assegnataria, era stata irreversibilmente trasformata in difetto di emissione del decreto di esproprio.

I convenuti, costituitisi in giudizio, eccepirono entrambi il proprio difetto di titolarità dal lato passivo del rapporto controverso e la prescrizione del diritto azionato; proposero inoltre, ciascuno nei confronti dell’altro, domande di rivalsa.

I giudice adito, con sentenza non definitiva del 10.7.92, respinse l’eccezione di prescrizione.

La causa, rimessa sul ruolo, fu quindi riunita ad altra, introdotta da Iniziative Granai di Nerva nei confronti dei medesimi convenuti per ottenere la restituzione dell’area ed il risarcimento integrale dei danni, sul presupposto della natura usurpativa dell’occupazione, attesa la sopravvenuta inefficacia del piano di zona.

Il Tribunale, con sentenza definitiva del 19.5.03, accolse la domanda proposta con il primo atto di citazione e, recepite integralmente le conclusioni della ctu disposta in corso di causa per accertare il valore del terreno, condannò i convenuti in solido al pagamento in favore dell’attrice della somma già rivalutata, e comprensiva dell’indennità di occupazione legittima, di Euro 326.801,00 oltre agli interessi legali sulla sola sorte capitale, calcolando l’importo dovuto a titolo risarcitorio ai sensi dell’allora vigente L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis. Dichiarò, inoltre, il Comune di Roma tenuto a manlevare la Cooperativa edilizia Casa Lanciarli di quanto questa fosse stata eventualmente tenuta a pagare in esecuzione della sentenza.

La decisione parziale e quella definitiva furono contestualmente appellate, in via principale da Iniziativa Granai di Nerva s.p.a. ed in via incidentale dal Comune di Roma e dalla Cooperativa.

La Corte d’Appello adita, con sentenza del 28.1.08: respinse l’impugnazione proposta da Granai di Nerva contro la sentenza non definitiva e tutte le impugnazioni incidentali; in parziale accoglimento dell’appello di Granai di Nerva contro la sentenza definitiva, condannò l’ente territoriale e la società cooperativa, in via fra loro solidale, a pagare all’appellante la maggior somma di Euro 558.325,68 oltre agli interessi legali sulla somma capitale anno per anno rivalutata.

La Corte territoriale, per ciò che nella presente sede ancora rileva, affermò che, pur versandosi in fattispecie di occupazione c.d. acquisitiva e non usurpativa, e pur apparendo infondate le critiche rivolte da Granai di Nerva alla sentenza di primo grado in punto di determinazione del valore di mercato del terreno, il risarcimento del danno andava liquidato in misura corrispondente a detto valore, posto che, nelle more del giudizio, il Giudice delle leggi aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, convertito dalla L. n. 359 del 1992; rilevò, inoltre, quanto alla domanda di manleva svolta dal Comune nei confronti della Cooperativa, che non v’era prova che l’ente avesse delegato la società al compimento delle operazioni di esproprio.

Beni Stabili s.p.a. (incorporante per fusione Sviluppi Immobiliari s.p.a., a sua volta incorporante per fusione Iniziativa Granai di Nerva s.r.l.) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi ed illustrato da memoria, cui ha resistito con controricorso il solo Comune di Roma.

Il Comune ha inoltre proposto ricorso incidentale contro la Cooperativa, che non ha svolto difese neppure nei suoi confronti.

Motivi della decisione

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

1) Preliminarmente, va dichiarata la tardività, e la conseguente inammissibilità, del ricorso incidentale del Comune di Roma, rivolto unicamente ad ottenere la cassazione del capo della sentenza della Corte capitolina che ha respinto il motivo d’appello incidentale con il quale l’ente territoriale aveva insistito per la condanna della Cooperativa Casa Lanciani a rivalerlo di quanto da esso corrisposto ad Iniziative Granai di Nerva.

Versandosi in tema di chiamata in garanzia impropria, che da luogo alla trattazione congiunta di cause scindibili, il ricorso – proposto non nei confronti dell’impugnante principale, ma della parte contro cui era stata avanzata la domanda di rivalsa – avrebbe dovuto essere notificato nei termini ordinari l’interesse all’impugnazione del Comune era infatti insorto per effetto della statuizione di merito e non della proposizione del ricorso principale, sicchè non sussisteva alcun rapporto di dipendenza che legittimava l’impugnazione tardiva ai sensi dell’art. 334 c.p.c. (Cass. nn. 710/011, 21827/010, 19286/09).

Il Comune ha invece spedito l’atto per la notifica alla cooperativa, eseguita a mezzo posta, il 10.4.2009, e perciò in data successiva alla scadenza del termine lungo previsto dall’art. 327 c.p.c., decorrente nella specie dal 28.1.08 (data di pubblicazione della sentenza).

2) Si può passare all’esame dei ricorso principale.

3) Con il primo motivo di ricorso Beni Stabili s.p.a. denuncia violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 T.U. sugli espropri e della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, lett. a) violazione dei principi stabiliti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 349 del 2007 e vizio di motivazione. Rileva che la Corte di merito ha liquidato il danno attraverso la mera rivalutazione della somma riconosciuta dal primo giudice, disattendendo le contestazioni da essa mosse alla ctu e non rispettando il principio del "serio ristoro" affermato dalla Consulta, che avrebbe dovuto indurla a disporre la rinnovazione dell’indagine peritale.

Il motivo deve essere respinto.

3) La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 349/07, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, introdotto dalla L. n. 662 del 1996, per violazione dell’art. 117 Cost. rilevando che la norma, nel prevedere un criterio di liquidazione del danno da occupazione acquisitiva non ancorato al valore di mercato del bene, si poneva in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, nell’interpretazione datane dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

La Corte capitolina ha riformato la decisione impugnata nella parte in cui aveva applicato il meccanismo riduttivo previsto dalla norma dichiarata incostituzionale ed ha liquidato il danno subito da Granai di Nerva in misura corrispondente al ritenuto valore venale del terreno, in tal modo dando puntuale applicazione alla sentenza del giudice delle leggi.

Altra questione, che non attiene alla violazione dei principi di diritto invocati dalla ricorrente, ma alla correttezza dell’accertamento in fatto operato dal giudice del merito (ed è dunque deducibile unicamente sotto il profilo de vizio di motivazione), è se il bene, alla data della sua acquisizione da parte della p.a., avesse un valore di mercato superiore a quello accertato in sentenza.

La questione, affrontata specificamente nel terzo motivo, sarà più avanti esaminata.

4) Col secondo motivo, Beni Stabilì denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamenta che la Corte territoriale abbia respinto il motivo d’appello volto a contestare, attraverso ampi ed esaustivi rilievi critici, le conclusioni raggiunte dal ctu e integralmente recepite dal Tribunale, limitandosi a richiamare una propria precedente sentenza (pronunciata in causa connessa, avente parziale identità di parti e di petita ed identica causa petendi), in tal modo redigendo una motivazione per relationem che integrerebbe un vero e proprio vizio di omessa pronuncia.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, contrariamente a quanto sostenuto da Beni Stabili, non ha motivato la propria decisione attraverso il mero richiamo alle argomentazioni contenute nella precedente sentenza, dichiarando di farle proprie, ma ha diffusamente spiegato le ragioni per le quali riteneva di dover pervenire al medesimo convincimento, autonomamente accertando, sulla scorta di una molteplicità di circostanze di fatto, singolarmente enunciate, la correttezza del criterio metodologico adottato dal ctu e la piena condivisibilità delle conclusioni da questi raggiunte.

5) Con il terzo motivo, Beni Stabili, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115, 116, 196 c.p.c. e vizi di motivazione della sentenza impugnata, lamenta che la Corte capitolina abbia proceduto alla determinazione del valore venale dell’area avvalendosi del metodo sintetico-comparativo, anzichè di quello analitico – ricostruttivo, che, a suo dire, sarebbe maggiormente affidabile ed avrebbe, comunque, dovuto essere adottato nel caso di specie in ragione della sua qualità di imprenditrice commerciale, cui competeva il risarcimento sia de danno emergente sia di quello da lucro cessante. Osserva ancora, a riguardo, che, poichè il mercato immobiliare risente di variabili macroeconomiche diverse dalla fluttuazione della moneta nel tempo, appare preferibile stabilire il valore del bene espropriato in base alla considerazione dei diversi elementi che concorrono a determinare lo sviluppo edilizio di una zona ed a fornire il valore di mercato degli immobili in essa compresi, anzichè attraverso la rivalutazione all’attualità del prezzo di immobili omogenei, ma oggetto di trasferimento in epoca antecedente. Aggiunge che la sentenza non ha dato risposta alle numerose critiche da essa mosse, nel corso del giudizio di merito, all’indagine del ctu, inficiata da macroscopici errori, relativi alla determinazione dei valori di porzioni limitrofe, occupate da altre cooperative, e dall’omessa considerazione di atti di comparazione specificamente prodotti o indicati (accertamenti di valore, stime dell’UTE, atti dell’amministrazione comunale, consulenze tecniche disposte in altri giudizi) che avevano riguardato aree adiacenti a quella dedotta in causa, stimate in misura assai più elevata di quella ritenuta congrua dal consulente e dalla Corte di merito.

Anche questo motivo deve essere respinto.

6) Priva di fondamento è la pretesa della società ricorrente di ottenere la liquidazione, oltre che del danno emergente, anche del danno da lucro cessante che assume esserle derivatole dalla perdita del terreno.

Secondo la giurisprudenza costante sia della Corte Costituzionale sia di questa Corte di legittimità, dall’art. 42 Cost., comma 3 deve trarsi il principio che l’indennità di esproprio è unica ed ha come termine di riferimento il valore di mercato del bene espropriato, quale gli deriva dalle sue caratteristiche naturali, economiche e giuridiche e, soprattutto, dal criterio previsto dalla legge per apprezzarle; l’indennità, pertanto, al di fuori delle ipotesi previste dalla L. n. 865 del 1971, art. 15 non può mai superare detto valore e non può essere rapportata al pregiudizio che il proprietario risente per non poter più svolgere, mediante l’uso dello stesso immobile, la propria attività di impresa, industriale o commerciale.

Il medesimo principio trova applicazione anche nell’ipotesi in cui l’acquisizione del bene alla mano pubblica sia avvenuta in via di c.d. occupazione acquisiva, che è fenomeno rientrante nella materia dell’espropriazione per p.u. considerata dal precetto costituzionale.

L’art. 42 Cost., comma 3, dal suo canto, riserva al legislatore il potere di modulare contenuto, ampiezza e denominazione dell’indennizzo nelle varie fattispecie disciplinate, sicchè, proprio in forza di questa norma, esso assume nell’espropriazione illegittima la massima estensione consentita, corrispondente al valore venale pieno dell’immobile espropriato ( L. n. 2359 del 1865, art. 39), maggiorato della rivalutazione monetaria e degli interessi dalla data in cui si è verificato il fatto acquisitivo.

7) Inammissibili sono poi le censure con le quali Beni Stabili deduce che il giudice d’appello avrebbe dovuto demandare al ctu di eseguire la stima secondo il metodo analitico-ricostruttivo, volto ad individuare il valore di trasformazione del suolo, anzichè con quello sintetico-comparativo, basato sulla valutazione dei dati di mercato, nella specie utilizzato per l’indagine.

Questa Corte ha infatti costantemente affermato che l’adozione dell’uno o dell’altro metodo è scelta riservata al giudice de merito, che, per quanto possibile, dovrà improntarla a criteri di effettività, e quindi stabilire nel caso concreto (anche avvalendosi delle indicazioni del ctu), se ricorrano o meno sufficienti elementi di comparazione, se sia, ciò nonostante, preferibile calcolare il valore di trasformazione del suolo, o se non sia addirittura opportuno avvalersi di entrambi i metodi (Cass. nn. 7200/011, 12877/010, 12771/07).

La Corte territoriale, come già si è accennato nell’esaminare il secondo motivo, ha ampiamente illustrato le ragioni della propria scelta, affermando l’indubbia adeguatezza dei riscontri assunti dal ctu a riferimento della valutazione (costituiti da ben 14 atti dispositivi o di accertamento, 10 dei quali aventi ad oggetto terreni compresi in zona PEEP con caratteristiche similari a quelli di proprietà di Granai di Nerva), compiendo dunque un apprezzamento di fatto che, siccome logicamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità (Cass. nn. 1901/010, 8307/01, 3839/99).

8) Per completezza, va rilevato che entrambi gli argomenti sui quali Beni Stabili fonda le proprie doglianze (la maggiore rispondenza del metodo analitico ad individuare il valore che il terreno espropriato avrebbe potuto avere qualora fosse stato sfruttato per i fini imprenditoriali per i quali era stato acquistato – e dunque a quantificare anche il danno da mancato guadagno da essa subito- e la sua maggiore affidabilità, per non essere legato alle fluttuazioni della moneta nel tempo), sono privi di consistenza.

8.1) Si è appena detto dell’inaccoglibilità della pretesa della ricorrente di conseguire un risarcimento comprensivo anche del danno da lucro cessante.

Qui va aggiunto che, volendo ragionare in astratto, sarebbe comunque stato onere dell’espropriata di provare che avrebbe ricavato dalla vendita dell’edificio, depurato dei costi di costruzione, un guadagno maggiore di quello che avrebbe ricavato dalla mera rivendita del suolo. Ciò senza contare che, allorchè Iniziative Granai di Nerva acquistò la ben più vasta area nel cui ambito ricade il terreno per cui è causa, il piano di zona era stato da tempo approvato e le porzioni destinate agli interventi di edilizia economica e popolare erano state già individuate ed assegnate alle cooperative, sicchè la società era ben consapevole che non avrebbe mai potuto commercializzarle.

8.2)Va escluso, d’altro canto, che l’accertamento condotto secondo il metodo comparativo sia condizionato dalle oscillazioni di valore della moneta: esso, al contrario, si fonda sulla ricognizione dei prezzi pagati, all’epoca dell’esproprio, per immobili aventi caratteristiche omogenee a quello oggetto di causa, e, dunque, su dati storici e certi.

Beni Stabili, peraltro, non ha richiamato il contenuto degli atti assunti in comparazione dal ctu, nè ha dedotto che questi ha, di fatto, ricondotto alla data dell’evento acquisitivo, mediante l’utilizzo degli indici ISTAT di devalutazione o di rivalutazione, i prezzi delle vendite di terreni omogenei attuate in periodi antecedenti o successivi, la censura, ove volta a contestare l’erroneità della concreta metodologia di calcolo adottata dal consulente, risulterebbe pertanto carente del requisito dell’autosufficienza ed andrebbe ugualmente dichiarata inammissibile.

9) Parimenti inammissibili, o infondate sono, infine, le censure volte a contestare l’intrinseca correttezza delle conclusioni raggiunte dal ctu e fatte proprie dal giudice del merito.

9.1) Iniziative Granai di Nerva ha contestualmente promosso dinanzi al Tribunale di Roma 42 separati giudizi per ottenere il ristoro dei danni subiti per la perdita di altrettante porzioni di terreno di sua proprietà ricomprese nel PEEP adottato dall’amministrazione comunale ed irreversibilmente trasformate dalle cooperative assegnatarie.

Il Tribunale ha tuttavia affidato ad un solo consulente il compito di stimare il valore di tutte le zone occupate, siccome comprese nella medesima area ed appartenenti al medesimo soggetto.

Il fatto che l’indagine sia stata condotta in via unitaria non autorizza però a riversarne per intero le conclusioni in ogni singolo procedimento: eventuali carenze od errori imputabili al ctu, asseritamente incidenti sulla stima di singoli lotti, ma non ricadenti sugli elementi generali posti a fondamento dell’intera valutazione, non possono infatti pregiudicare gli accertamenti concernenti lotti diversi da quelli oggetto di contestazione.

Risultano pertanto prive di attinenza alla decisione le critiche rivolte alla ctu, e riportate nel motivo, inerenti la valutazione di terreni sicuramente diversi da quello occupato dalla Coop. edilizia Casa Lanciani (e, se ben si è compreso, erroneamente considerati dal consulente, in quanto oggetto di giudizi di opposizione alla stima), cui pertanto, del tutto correttamente, il giudice del merito ha ritenuto di non dover replicare.

9.2) Beni Stabili lamenta, poi, che il giudice d’appello non abbia tenuto conto dei numerosi atti di comparazione prodotti dalla sua dante causa, provenienti dalla stessa amministrazione comunale o da altri enti pubblici o, ancora, costituiti da ctu espletate nel corso di altri giudizi.

Sennonchè, a parte il rilievo che non risultano illustrate nel motivo le caratteristiche degli immobili contemplati nei predetti atti, necessarie per giustificarne il giudizio di omogeneità con i terreni di cui si controverte, appare dirimente la constatazione che le valutazioni richiamate dalla ricorrente sono state operate in un periodo compreso fra gli anni 91/97, di gran lunga successivo all’anno (1983) in cui si è verificato l’evento acquisitivo ed al quale, correttamente, è stata riferita la stima del ctu.

Ne consegue che, atteso il continuo variare dei prezzi degli immobili, che, come posto in luce dalla stessa Beni Stabili, non sono legati alle fluttuazioni del valore della moneta ed hanno subito un notevolissimo incremento proprio negli anni 90, gli elementi offerti in comparazione erano privi di qualsivoglia utilità allo scopo.

9.3) La Corte territoriale ha, infine, chiarito che l’abbattimento del 75% del prezzo, determinato in via astratta, di alcuni dei suoli considerati dal ctu si giustificava in ragione della loro inclusione in zona E, avente possibilità di sfruttamento edilizio solo a distanza di un rilevante intervallo temporale, con conseguente necessità di depurarne il valore dei presumibili costi di lottizzazione ed urbanizzazione.

La ricorrente lamenta l’erroneità di tale assunto, osservando che l’intera area fu acquistata " per un corrispettivo che teneva già conto del predetti valori di riduzione .. con la conseguenza che l’ulteriore riduzione del valore in misura pari al 75% è del tutto fuori luogo".

La critica finisce però col rivelarsi controproducente: il ctu ha infatti operato l’abbattimento a partire da un prezzo (di circa L. 50.000 a mq.) assai più elevato di quello (di poco più di L. 8.000 a mq.) al quale Granai di Nerva aveva acquistato l’area in questione (estesa oltre 240.000 mq), nel medesimo anno a cui si riferisce la stima.

Il giudice capitolino, del resto, non ha mancato di sottolineare che il prezzo pagato da Granai di Nerva (che avrebbe, se mai, potuto far dubitare della correttezza dell’indagine sotto il profilo opposto a quello qui esaminato) costituiva decisivo riscontro della congruità della stima del ctu, ed appare persino superfluo rilevare come siffatto argomento, fondato su una circostanza di fatto incontestabile e non sottoposto ad alcuna censura dalla ricorrente, sarebbe stato di per sè sufficiente a giustificare la decisione.

Le spese del giudizio fra ricorrente principale e Comune di Roma seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Non v’è luogo alla liquidazione delle spese fra le predette parti e la Coop. Casa Lanciani, che non ha svolto difese.

P.Q.M.

La Corte: riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna Beni Stabili s.p.a. al pagamento delle spese processuali in favore del Comune di Roma, che liquida in Euro 8.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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