Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-05-2011) 05-10-2011, n. 36134

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 19 novembre 2009 la Corte d’Appello di Roma, confermando la decisione assunta dal locale Tribunale, ha riconosciuto C.A. responsabile dei delitti di furto con strappo e indebita utilizzazione di carta Bancomat ai danni di L.M..

L’individuazione del C. quale autore degli illeciti si è fondata sul riconoscimento fotografico da parte della vittima del furto, sebbene non confermato da una successiva ricognizione in sede dibattimentale; nonchè nel possesso da parte dell’imputato, circa quindici giorni dopo il furto, di due schede telefoniche contenute nella borsetta sottratta alla L..

Ha proposto ricorso per cassazione il C., per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo. Con esso deduce vizio di motivazione in ordine all’efficacia probatoria attribuita alla ricognizione fotografica, che assume illegalmente eseguita, e lamenta che sia stata ingiustificatamente disconosciuta la valenza dell’esito negativo della ricognizione dibattimentale.

Il ricorso non è fondato.

Proprio perchè costituisce un mezzo di prova atipico, come ammesso dallo stesso ricorrente, il riconoscimento fotografico non è soggetto ai vincoli formali previsti per la ricognizione di persona dagli artt. 213 e 214 c.p., la sua valenza probatoria essendo strettamente connessa all’attendibilità del soggetto da cui il riconoscimento promana. Non hanno, perciò, ragion d’essere i rilievi mossi dal C. in ordine alle modalità di acquisizione dell’atto.

Sul contrasto fra l’esito dell’individuazione fotografica eseguita nell’immediatezza del fatto e quello – negativo – della ricognizione di persona disposta nel dibattimento la Corte d’Appello non ha mancato di soffermarsi, osservando che il tempo trascorso poteva aver offuscato il ricordo della persona offesa che, invece, era vivo al momento della prima descrizione dell’autore del furto, perfettamente rispondente alle fattezze del C.. In aggiunta a ciò ha osservato quel collegio che una prova ulteriore a carico dell’imputato, di significativa rilevanza, era costituita dal possesso di due schede telefoniche che erano state compendio del furto eseguito ai danni della L., in quanto contenute nella borsetta sottrattale.

La valutazione complessiva degli elementi probatori raccolti ha quindi indotto il giudice di merito al giudizio di colpevolezza dell’imputato a conclusione di una linea argomentativa che, per essere immune da vizi logici e giuridici, resiste al vaglio di legittimità.

Pur in assenza di eccezioni sul punto, vale la pena di osservare che la prescrizione dei reati non è maturata a tutt’oggi; infatti al termine massimo di sette anni e sei mesi (tenuto conto degli atti interruttivi) dalla data del fatto, che sarebbe venuto a naturale scadenza il 22 febbraio 2011, sono da aggiungere altri 231 giorni corrispondenti alla durata complessiva delle sospensioni verificatesi nel corso del processo: la prima per rinvio dell’udienza dal 28 aprile 2004 al 23 giugno 2002, motivato da indisposizione del difensore; la seconda per rinvio dal 21 luglio 2006 al 12 gennaio 2007, dovuto all’adesione del difensore all’astensione delle udienze proclamata dall’ordine forense. La data finale di compimento della prescrizione è, perciò, quella del giorno 11 ottobre 2011, tuttora appartenente al futuro.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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