Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-05-2011) 05-10-2011, n. 36130

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 21-4-2010 la Corte di Appello di Lecce pronunziava la riforma della sentenza emessa dal GUP del Tribunale del luogo, in data 24-4-2008, appellata da M.R., ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 610 c.p., commesso ai danni di C.R., in data 23-1-2004, e riduceva la pena, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 1, ad anni uno e mesi due di reclusione.

Il fatto era stato derubricato dal primo giudice dall’ipotesi originariamente contestata ai sensi degli artt. 110-61, n. 1 e art. 584 c.p., e si era verificato allorchè il C. si era recato a prelevare la figlia V. a scuola, ed era sorta una lite per cause attinenti alla circolazione stradale, con dei giovani che si trovavano in due vetture – una Y10 ed una Fiat Tipo, guidata dal M..

Dapprima vi era stata in tale contesto una lite con diverbio, degenerata in aggressione fisica, con calci e pugni inferti dagli altri giovani al C..

Costui si era poi allontanato a bordo dell’auto, ed il M., secondo l’accusa, lo aveva inseguito sbarrandogli la strada, e impedendogli di proseguire la marcia. In tale frangente altro inseguitore, M., aveva aggredito il C. con dei pugni dati attraverso il finestrino della vettura della persona offesa, mentre altri ( S.) lo avevano percosso con uno schiaffo.

A seguito dei predetti eventi l’uomo aveva accusato un malore, con crisi respiratoria, ed era poi deceduto.

In sentenza veniva descritta la dinamica dei fatti, specificando che al momento in cui il C. si era sentito male, altri avevano cercato di rianimarlo, ma egli era deceduto prima dell’arrivo dell’ambulanza.

Si era ritenuta la sussistenza della condotta tipica della violenza privata nel comportamento ascritto al M., che aveva tagliato la strada alla vettura in cui si trovava il C. e in tal modo aveva precluso a costui la prosecuzione del tragitto, mentre altra traversa era ostruita dalla presenza di una gru.

La Corte aveva ritenuto che il M. avesse agito in relazione alla pregressa colluttazione verificatasi tra i due occupanti della Y10 ed il C. (come a fl.4-5 della sentenza), rilevando la sussistenza del dolo della violenza privata.

Si era ritenuta altresì congrua la determinazione di pena resa dal primo Giudice senza concedere le generiche, mentre era stata esclusa la configurabilità dell’aggravante ex art. 61 c.p., n. 1, evidenziando che il M. era intervenuto nella seconda fase dell’episodio, senza aver partecipato alla lite ed alla colluttazione per cause futili(motivi di parcheggio), onde mancavano elementi dai quali poter desumere che il predetto avesse agito condividendo fin dall’inizio le futili ragioni degli altri giovani aggressori.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore del M., deducendo:

1 – la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 1, per difetto di motivazione.

A riguardo il difensore evidenziava che la Corte aveva travisato le risultanze processuali ed era incorsa in contraddittorietà della motivazione, avendo attribuito all’imputato la condotta tipica della violenza privata, in base alle dichiarazioni che la figlia del soggetto passivo del reato aveva reso al GUP , avendo la ragazza identificato l’imputato come colui che aveva realizzato il comportamento consistito nel bloccare la marcia della vettura tenuta dal padre.

Secondo la difesa la Corte aveva tuttavia omesso di considerare che non era emerso alcun collegamento tra il M. e gli altri giovani che erano a bordo dell’auto Y10, che avevano aggredito il C., e che dalla stessa ragazza parte offesa era stato escluso che l’auto dell’imputato si fosse notata fin dall’inizio, nei pressi della scuola, presso i giardini nei quali era avvenuta la lite.

Peraltro il ricorrente rilevava che la condotta dell’imputato non aveva impedito al C. di allontanarsi, dato che costui aveva ripreso la marcia, svoltando a sinistra.

Pertanto la difesa riteneva che la motivazione della sentenza rivelasse il travisamento della prova, e rilevava la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 1, sostenendo che la Corte aveva omesso di effettuare un raffronto tra le testimonianze ed una valutazione di elementi decisivi che la difesa aveva evidenziato. In conclusione il ricorrente rilevava che i Giudici di appello avevano motivato in modo selettivo e generico, e non consentendo una verifica della rispondenza della decisione alle risultanze processuali.

Per tali motivi la difesa avanzava richiesta di annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Invero i motivi di impugnazione vengono formulati in fatto e tendono alla diversa interpretazione dei dati probatori.

La sentenza risulta logica e completa nell’analisi fattuale delle risultanze acquisite, che sono state attentamente analizzate descrivendo puntualmente la dinamica dell’episodio nonchè il ruolo assunto dal M. nella vicenda oggetto di contestazione, dimostrando una correlazione temporale e causale tra la condotta dell’imputato e l’episodio dell’inseguimento del C. da parte degli altri aggressori.

Nè risultava fornita dalla difesa spiegazione alternativa del comportamento tenuto dall’imputato.

Quanto alla fattispecie di cui all’art. 610 c.p., risulta parimenti dimostrato con chiarezza che il comportamento tenuto dal M., tagliando la strada al veicolo in cui si trovava il C., in tal modo costringendolo a deviare il percorso, ebbe a coartare l’altrui volontà e libertà di orientamento.

Nè assume rilevanza il dato che la persona offesa avesse ripreso la marcia dopo l’azione dell’imputato che si era posto di traverso per ostacolarne il percorso. Infatti, secondo giurisprudenza di questa Corte (- Sez. 5^ – sentenza del 11 novembre 1988, n. 10834, Baldini) "il delitto di violenza privata, che è reato istantaneo, deve considerarsi consumato nel momento stesso della coartazione all’arresto poichè è irrilevante che gli effetti della imposizione si siano protratti nel tempo e che la vittima possa successivamente eliminarli".

V. altresì Sez. 1^26-9-2002 n. 32001, Cabiale – RV 222349 – ove si afferma la sussistenza della violenza privata nella condotta tenuta dal conducente di un veicolo il quale compia deliberatamente manovre insidiose al fine di interferire con la condotta di guida di altro utente della strada realizzando così una privazione della libertà di determinazione e di azione della persona offesa …"-.

Pertanto le censure articolate dalla difesa relative al difetto della motivazione, ex art. 606 c.p.p., lett. e) ed alla violazione dell’art. 192 c.p.p., restano manifestamente infondate.

Gli ulteriori rilievi svolti nel ricorso attengono alla diversa interpretazione dei dati processuali, esaurientemente vagliati nella sentenza impugnata, onde la Corte deve dichiarare l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina in Euro 1.000,00.

Il ricorrente va inoltre condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla Parte civile, che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende oltre al rimborso delle spese in favore della costituita Parte Civile, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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