Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-05-2011) 05-10-2011, n. 36123 Sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.L., O.F., C.A. F. e C.A.M. ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe con cui la Corte di appello, solo parzialmente riformando quella di primo grado resa in esito a giudizio abbreviato C. è stato prosciolto per uno dei capi contestatigli; la pena è stata ridotta al medesimo e nei confronti dell’ A. e dell’ O., per il resto li ha riconosciuti colpevoli delle plurime violazioni del D.P.R. n. 309, art. 73 oggetto di contestazione.

A. con il ricorso si duole delle modalità con cui sono stati sentiti come testimoni tali I.I. e P.V. acquirenti della sostanza stupefacente.

Si sostiene che dagli atti dovevano desumersi elementi per inquadrare i medesimi come indagati per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, onde avrebbero dovuto essere sentiti quali indagati di reato connesso. Per I., anzi, si sostiene che sarebbe stato arrestato per la sostanza stupefacente acquistata secondo la contestazione dall’ A..

Contesta la lettura delle intercettazioni, sostenendo che nulla ivi sarebbe stato detto in merito a traffici di droga.

Ritiene poco credibili le sit rese da I. e P..

Sostiene, ancora, che illegittimamente sarebbe stata negata l’attenuante del fatto di lieve entità D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5, in ragione dell’occasionalità degli episodi e dell’assenza di un apparato organizzato dell’attività di spaccio.

Illegittimamente, pur trattandosi di incensurato, infine, sarebbero state negate le attenuanti generiche, qualificando, in modo asseritamente contraddittorio, l’ A., appunto incensurato, come reo scaltro e abituale.

O. con il ricorso si duole del fatto che le medesime circostanze sarebbero state poste a fondamento del diniego delle attenuanti generiche e dell’attenuante del fatto di lieve entità D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5. Successivamente è pervenuta rituale rinuncia al ricorso.

C. contesta che sia stata ravvisata nella condotta contestatagli la fattispecie concorsuale rispetto alla condotta di tale CA.Fr., separatamente giudicato. Doveva ravvisarsi semmai la connivenza non punibile.

Contesta poi che sia stata ritenuta la recidiva reiterata pur non essendovi stata in precedenza dichiarazione giudiziale della recidiva semplice.

C. con il ricorso censura l’apprezzamento probatorio riconosciuto alle dichiarazioni di tali S. e G..

Censura, poi, la lettura fornita delle intercettazioni.

Contesta il diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità, che non sarebbe esclusa dalla indicata metodicità della condotta.

Si duole, infine, del diniego delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

In via preliminare va rilevato che O.F. ha presentato rituale rinuncia al ricorso, con la conseguente inammissibilità ex art. 591 cod. proc. pen., comma 1, lett. d),.

Tutti gli altri ricorsi sono manifestamente infondati.

Quanto all’ A. giova rilevare che è apoditticamente sostenuta, con richiamo a considerazioni di fatto inapprezzabili in questa sede, una posizione processuale dei due acquirenti che la Corte di merito ha nettamente smentito: e ciò non può essere rivalutato.

Ma in ogni caso, a tanto voler concedere, la doglianza circa la modalità di escussione non potrebbe utilmente essere proposta dall’imputato.

Vale il principio secondo cui l’eventualmente ipotizzabile violazione delle disposizioni di cui all’art. 210 cod. proc. pen. nell’esame di persona indagata o imputata in un procedimento connesso non determina la inutilizzabilità delle dichiarazioni nel procedimento principale, ma una nullità a regime intermedio, ai sensi dell’art. 180 cod. proc. pen., che non può essere eccepita dall’imputato del procedimento principale per assenza di interesse all’osservanza della disposizione violata (Sezione 1^, 11 febbraio 2010, Visentin).

E’ improponibile anche il motivo sulle intercettazioni.

Basta ricordare che, in tema di intercettazioni, il significato attribuito al linguaggio eventualmente criptico utilizzato dagli interlocutori, e la stessa natura convenzionale conferita ad esso, costituiscono valutazioni di merito insindacabili in cassazione;

mentre la censura di diritto può riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa, nel senso che le valutazioni effettuate dal giudice di merito sul contenuto delle comunicazioni intercettate sono censurabili in sede di legittimità se ed in quanto si fondino su criteri interpretativi inaccettabili ovvero quando applichino scorrettamente tali criteri (Sezione 4^, 11 marzo 2009, Biliardi).

Generica è la doglianza sulla pretesa non credibilità dei soggetti escussi quali acquirenti della droga, perchè non si articola sul punto alcuna reale contestazione. In ogni caso, il motivo invocherebbe un controllo sul potere valutativo della prova, riservato al giudice di merito, e precluso alla Corte di legittimità, a fronte di una motivazione, sul punto, esauriente, avendo spiegato la corte le ragioni della credibilità dei testimoni, anche in ragione di quanto intercettato.

Corretto è, poi, il diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità.

Come è noto, in tema di sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità ( D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5) può essere riconosciuta solo in ipotesi di "minima offensività penale" della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla norma (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri. Ciò in quanto la finalità dell’attenuante si ricollega al criterio di ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost., che impone – tanto al legislatore, quanto all’interprete – la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del fatto (Sezione 4^, 13 maggio 2010, Lucresi).

Qui il giudicante ha ampiamente motivato ponendo in luce, negativamente, la "abitualità" della condotta criminosa e l’"organizzazione" che questa denotava.

Nè è dato ravvisare in ricorso spendibili argomenti per supportare il giudizio di "lievità" del fatto che, come detto, sta alla base del trattamento sanzionatorio attenuato.

Corretto e incensurabile il diniego delle "generiche".

Va ricordato che la concessione o no delle circostanze attenuanti generiche risponde ad una facoltà discrezionale del giudice, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero del decidente circa l’adeguamento della pena in concreto inflitta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Tali attenuanti non vanno intese, comunque, come oggetto di una "benevola concessione" da parte del giudice, nè l’applicazione di esse costituisce un diritto in assenza di elementi negativi, ma la loro concessione deve avvenire come riconoscimento dell’esistenza di elementi di segno positivo, suscettibili di positivo apprezzamento (Sezione 6^, 28 ottobre 2010, Straface).

Qui la determinazione reiettiva non è affatto contraddittoria, giacchè l’incensuratezza che, come è noto, di per sè sola, non giustifica la concessione delle attenuanti generiche:cfr. art. 62 bis cod. pen., comma 3, non è incompatibile con la riferita abitualità nella commissione del reato, che è valutazione conferente chiaramente ai plurimi episodi sud iudice e, quindi, alla gravità del fatto cfr. art. 133 cod. pen..

Quanto al C., risulta manifestamente infondato il ricorso sulla qualificazione della condotta.

Vale in proposito il principio in forza del quale, in tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso di persone nel reato va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, l’occultamento e il controllo della droga, assicurando all’altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare (Sezione 6^, 11 novembre 2009, Hammani).

Di tale principio la corte ha fatto corretta applicazione, ricostruendo in modo qui incensurabile attraverso la lettura delle intercettazioni e l’apprezzamento degli esiti di servizio di pedinamento, la condotta del C. come consapevolmente volta a contribuire all’attività per cui è stato separatamente giudicato il CA..

Anche l’altro motivo, sulla contestazione della recidiva, non merita accoglimento, in ossequio al principio in forza del quale, in tema di recidiva, il giudice della cognizione – a differenza di quello d’esecuzione – può accertare anche i presupposti di una recidiva che non sia stata previamente dichiarata; ne deriva che la recidiva reiterata può essere riconosciuta in sede di cognizione anche quando in precedenza non sia stata dichiarata giudizialmente la recidiva semplice (Sezione 5^, 25 settembre 1998, Moccia).

Inaccoglibile anche il ricorso del C..

Quanto ai motivi sull’attendibilità dei testimoni e la lettura delle intercettazioni, valgono le considerazioni sopra sviluppate sull’inammissibilità di tali doglianze in questa sede, a fronte di una valutazione giudiziale ampiamente esauriente.

Inaccoglibile è, ancora, la censura sul diniego dell’attenuante speciale del fatto di lieve entità. Il giudice, facendo corretta applicazione del principio sopra menzionato, ha valorizzato, implicitamente, ma in modo chiaro, la ripetitività degli episodi di cessione. Del resto, in ricorso non sono spesi e documentati argomenti leggibili come deponenti per l’obiettiva, univoca, non pericolosità dei fatti come contestati e ritenuti.

Inaccoglibile, per il principio sviluppato supra a proposito del ricorso dell’ A., il motivo sul diniego delle generiche, correttamente spiegato anche con l’irrilevanza del solo stato di incensuratezza.

Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 500,00 a carico dell’ O., ed in Euro 1000,00, a carico degli altri,in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonchè O.F. al pagamento della somma di Euro 500,00 in favore della cassa delle ammende, A.L., C.A.F., ciascuno al pagamento della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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