Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 18-05-2011) 05-10-2011, n. 36083 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza resa in esito all’udienza del giorno 20/9/2010 la Corte di Appello di Genova ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da V.F..

Il V. ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento del provvedimento appena sopra menzionato. Parte ricorrente denunzia:

1) Illogicità della motivazione e travisamento della prova per avere la ordinanza impugnata attribuito al V.F. "menzogne e condotte processuali anche del fratello E.". 2) nullità dell’ordinanza "per vizio applicativo e interpretativo dell’art. 314 c.p.p.", in relazione all’indispensabile nesso causale tra colpa grave e provvedimento cautelare; concorrente vizio di omessa motivazione sul punto.

All’udienza camerale del 18/5/2011 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Motivi della decisione

Si deve rammentare che l’ordinanza applicativa di custodia cautelare in carcere fu pronunziata a fronte delle contestazioni di omicidio volontario e porto e detenzione illegittimi di pistola.

Questa Corte rileva che, diversamente da quanto affermato in ricorso, le condotte attribuite al V.F. come giusto fondamento della ordinanza di rigetto della domanda di riparazione, sono state individuate dalla stessa sentenza di assoluzione pronunziata ex art. 530 c.p.p., comma 2, dalla Corte di Assise di Appello (pgg 49-52). Lo stesso ricorrente nel protestare un travisamento della prova non nega oggi la circostanza, valorizzata nella ordinanza oggi impugnata, della uscita dello stesso V.F. dal bar (in cui era avvenuto l’alterco tra la vittima dell’omicidio e V.E.), in compagnia della vittima stessa e nel tempo immediatamente precedente l’omicidio. La stessa sentenza della Corte di assise descrive un intreccio di dichiarazioni difensive non aderenti alla realtà dei fatti e prive di coerenza intrinseca e suscettibili di costituire mendacio. La ordinanza non manca di rilevare lo stesso contrasto emerso tra le dichiarazioni dei due fratelli coimputati.

La colpa ostativa al riconoscimento del diritto a riparazione azionato, è stata individuata con corretto impiego dei principi stabilmente affermati da questa Corte in tema di applicazione dell’art. 314 c.p.p..

La colpa grave non è stata individuata nel silenzio dell’imputato ma nel comportamento attivo di rappresentazione mendace dei fatti, condotta capace di realizzare un vero depistaggio delle indagini attraverso la menzione di una inesistente banda di albanesi e attraverso una narrazione dei movimenti dell’indagato, nel tempo immediatamente precedente l’omicidio, tale da trarre in inganno l’organo procedente.

Il rapporto causale tra queste condotte che integrano colpa grave perchè frutto di consapevoli scelte e il provvedimento cautelare adottato è costituito dalla sinergia tra falsità delle situazioni mendacemente rappresentate e il rafforzamento dei gravi indizi di colpevolezza.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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