T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 03-11-2011, n. 2604 Sanzioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso ritualmente notificato e depositato (R.G. 4452/04), il ricorrente, ispettore capo di polizia, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Questore di Milano gli ha applicato la sanzione disciplinare della deplorazione, chiedendone l’annullamento e formulando, altresì, domanda di risarcimento danni.

Il provvedimento impugnato si fonda su una duplice motivazione: anzitutto, l’ispettore D.B., incaricato di un indagine da parte della Procura di Milano, avrebbe omesso di informarne con tempestività i propri dirigenti, allegando di dovere interpellare in via prioritaria il P.M.; in secondo luogo, egli avrebbe inopportunamente rappresentato al P.M. difficoltà organizzative nell’espletamento del servizio, senza prima "chiarire" la circostanza con il proprio dirigente.

L’atto sarebbe viziato per lesione dell’art. 5 del d.P.R. n. 737 del 1981 (difetto della negligenza contestata); dell’art. 13 del medesimo d.P.R. (omessa assunzione di testi indicati dal ricorrente a sua discolpa); dell’art. 13 e 18 dello stesso d.P.R. (assunzione di testi per delega e in assenza di contraddittorio); degli artt. 1 e 2 della L. n. 241 del 1990, dell’art. 6 del D.M. n. 284 del 1993 e dell’art. 120 del d.P.R. n. 3 del 1957 (inosservanza del termine per concludere il procedimento disciplinare). Inoltre si lamenta eccesso di potere, anche contestando che il ricorrente avesse l’obbligo di tenere informati i dirigenti dell’esito delle indagini (pag. 9 del ricorso).

Con un secondo ricorso (R.G. 767/05) l’ispettore D.B. ha impugnato il provvedimento con cui il Questore di Milano ne ha disposto il trasferimento dalla divisione di polizia amministrativa e sociale al commissariato di Porta Ticinese. L’atto è stato adottato il giorno seguente alla reintegrazione del ricorrente presso la propria divisione, a seguito di sentenza di questo Tribunale n. 5431/04, che ha accertato l’illegittimità di un precedente ordine di trasferimento di analoga natura.

Il ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento ed il risarcimento del danno, adducendo difetto di motivazione, "abuso di potere" (censura da ritenersi equivalente, sulla base del tenore letterale del ricorso, all’eccesso di potere), difetto dei presupposti, carenza di istruttoria, violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 55 del d.P.R. n. 335 del 1982, della circolare del 13 febbraio 2004.

I ricorsi sono connessi, e meritano di essere riuniti.

I fatti sono i seguenti: a seguito di delega del P.M. del 16 gennaio 2004 (doc. 3, con il quale, a margine, viene indicato il nome del ricorrente), l’ispettore D.B. ha avviato intercettazioni telefoniche fin dal 29 gennaio 2004; dal 30 gennaio seguente, di ciò è stato informato il dirigente (doc. 8); il 7 febbraio successivo il ricorrente ha consegnato un rapporto informativo al proprio dirigente. Quest’ultimo, tuttavia, con relazione del 10 febbraio (doc. 8), su cui si è basato il successivo foglio di addebito disciplinare (doc. 9), ha rappresentato al Questore che l’ispettore D.B. avrebbe informato il P.M. delle perplessità che il medesimo dirigente aveva sollevato, a proposito delle difficoltà organizzative connesse all’espletamento dell’incarico: difatti, il P.M. aveva contattato direttamente il dirigente in questione per avere spiegazioni. È significativo che in tale ultima relazione, da cui si è originato il procedimento disciplinare, non vi siano contestazioni esplicite e gravi circa l’inottemperanza dell’obbligo informativo da parte del ricorrente.

A seguito di tali fatti, con atto del 3 marzo 2004 il ricorrente è stato trasferito al commissariato di Porta Ticinese, senza alcuna motivazione: con la citata sentenza n. 5431 del 2004 questo Tribunale ha annullato il provvedimento, accertando altresì in via incidentale che l’ispettore D.B. aveva agito con correttezza nei confronti del proprio dirigente, posto che "il personale di P.G. è tenuto al segreto istruttorio (…) sicchè giammai avrebbe potuto riferire del corso delle indagini senza l’autorizzazione del sostituto procuratore".

Nel frattempo, prima della pubblicazione della sentenza, il Questore di Milano aveva adottato, in data 26/4/2004, la sanzione disciplinare impugnata in questa sede.

Una volta pubblicata la sentenza nell’ottobre 2004, essa ha trovato esecuzione il 10/1/2005, e, come si è visto, già il giorno successivo è intervenuto il nuovo, analogo provvedimento di trasferimento al commissariato di Porta Ticinese, oggi oggetto di causa: esso è stato sospeso in via cautelare da questo Tribunale, a causa della "persistenza dei motivi di illegittimità sostanziale già censurati" con la prima sentenza.

L’Amministrazione ha di conseguenza provveduto a revocare l’atto in autotutela, ma ha riassegnato nel maggio del 2005 il ricorrente (secondo quanto quest’ultimo afferma, senza contestazione della controparte), nell’ambito della propria divisione, a compiti di archivio, sottraendolo al pregresso ruolo di responsabile di una squadra di P.G.: colpito da infarto nell’ottobre del 2005, l’ispettore D.B. è stato congedato dal servizio.

Alla luce di tali fatti e degli atti di causa, i ricorsi sono entrambi fondati, con riferimento al difetto palese della contestata violazione dei doveri d’ufficio ed all’eccesso di potere.

L’Amministrazione ha infatti ignorato che l’ufficiale di polizia giudiziaria, incaricato dal P.M. di attività di indagine, si trova in un rapporto di subordinazione funzionale con l’A.G., che si affianca al rapporto di subordinazione gerarchica con il corpo di appartenenza. Per tale ragione, egli è tenuto ad informare il P.M. di ogni difficoltà che possa insorgere nell’espletamento dell’attività delegata, e dunque anche delle difficoltà organizzative che gli siano state prospettate dai propri dirigenti. Non ricorre quindi alcun profilo di illecito disciplinare nella circostanza che il ricorrente abbia reso nota al P.M. la situazione organizzativa critica dell’ufficio, lamentata dal dirigente: si è trattato, al contrario, di una condotta rispettosa del rapporto di dipendenza che legava l’ispettore D.B. al PM, con riferimento all’indagine in corso.

Nel contempo, ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 782 del 1985, "il personale su ogni fatto di particolare rilievo avvenuto durante l’espletamento del servizio deve riferire con apposita segnalazione al responsabile dell’ufficio, reparto o istituto, per gli adempimenti di legge, fatto salvo l’obbligo del dipendente di redigere gli ulteriori atti prescritti dalle disposizioni vigenti". Tuttavia, dovendosi combinare con il rapporto di dipendenza funzionale, è del tutto ragionevole che tale obbligo sia espletato secondo le modalità concordate con il P.M., posto che esso non necessariamente investe l’integrale contenuto dell’attività di indagine, coperto da segreto, quanto invece l’an e la natura di essa, in rapporto agli "adempimenti di legge" dei dirigenti, in particolare sotto il profilo organizzativo e di gestione delle risorse.

Nel caso di specie, in particolare, non è chiaro, né è stato chiarito dall’Amministrazione, quali specifici adempimenti dovessero essere disposti sulla base della conoscenza degli atti, né per quale ragione non fosse adeguata la relazione consegnata tempestivamente al dirigente da parte del ricorrente. Non si può pertanto rimproverare al ricorrente di avere chiesto di interloquire con il P.M. prima di riferire al dirigente, visto che l’ispettore D.B. aveva informato già quest’ultimo dell’incarico ricevuto e del tipo di attività demandatagli. In altri termini, debbono essere ribaditi sul punto i rilievi già svolti con la sentenza n. 5431 del 2004.

Entrambi i presupposti su cui si basa l’atto irrogativo della sanzione disciplinare sono perciò insussistenti, sicché esso va annullato, con assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso.

Quanto al provvedimento di trasferimento, esso è stato revocato, sicché, ferma la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda di annullamento, ne va valutata incidenter tantum la legittimità, ai fini risarcitori.

In questa prospettiva è fondata la censura di eccesso di potere, con assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso.

Appare infatti evidente che l’Amministrazione abbia volto la propria potestà organizzativa degli uffici al servizio di un obiettivo differente, costituito dall’inflizione all’ispettore D.B. di una sanzione disciplinare, conseguente a ciò che erroneamente è stato reputato un atto di insubordinazione.

Ne è prova sia la contestualità verificatasi tra la reintegrazione del ricorrente ed il nuovo trasferimento, sia il fatto che esso sia stato disposto presso il medesimo commissariato di Porta Ticinese, sia la circostanza, allegata dal ricorrente e non contestata, per cui, solo ad un mese dal trasferimento dell’ispettore D.B., il Questore ha sollecitato il trasferimento di chi ne avesse interesse proprio alla divisione da cui proveniva il ricorrente, con ciò smentendo il presupposto assunto nell’atto impugnato, secondo cui essa aveva a disposizione un organico adeguato.

Accertata la illegittimità di entrambi i provvedimenti impugnati, va valutata la domanda risarcitoria, con riferimento ai soli eventi indotti dagli atti impugnati.

Il Tribunale ritiene comprovati sia l’illiceità della condotta della Questura, sia il profilo soggettivo dell’illecito: l’Amministrazione non solo è incorsa in un grave vizio, ma ha agito perseguendo scientemente, in particolare per mezzo del secondo ordine di trasferimento, uno scopo incongruo rispetto al potere esercitato. Né sono stati allegati fatti eccezionali che possano ribaltare il giudizio sulla ricorrenza dell’elemento soggettivo.

Quanto al danno, non può ritenersi provato il nesso eziologico tra gli atti impugnati e l’infarto che successivamente ha colpito il ricorrente, come del resto ammette quest’ultimo, affermando che esso è "indimostrabile".

Tuttavia, il ricorrente allega, altresì, una compromissione della propria integrità psicofisica, comprovata da relazione medica del 13/3/2004, che ha riscontrato somatizzazioni a livello gastrointestinale e coliche addominali; da altra relazione medica del 13/1/2005, compilata dal servizio di psichiatria del dipartimento di P.S., che ha rilevato un pregresso episodio di note d’ansia situazionale risalente al marzo 2004; da perizia psicologica del 16/5/2005 (la cui produzione non è stata contestata da controparte), che, pur escludendo per ragioni non precisate il danno biologico, ha attestato una alterazione dell’equilibrio esistenziale del ricorrente, con "fenomeni di sofferenza", anche di origine psicosomatica, compatibili con la situazione lavorativa venutasi a creare.

Tali accertamenti si coniugano al dato d’esperienza comune, secondo cui divenire destinatario di ripetuti provvedimenti disciplinari o che comunque incidono gravemente sulla propria posizione professionale, sapendosi estraneo agli addebiti, ben può ingenerare una condizione di stress, che si traduce in lesione dell’integrità psicofisica, e che si manifesta per il solo fatto che gli atti vengano adottati a catena, quale che sia poi l’effettiva durata di efficacia degli stessi.

Nel caso di specie, e in assenza di diverse cause allegate in atti, deve dunque ritenersi dimostrato il nesso causale tra gli atti impugnati e la menomante condizione di stress protrattasi in danno del ricorrente per un non breve lasso di tempo.

Il danno ingiusto è perciò provato nell’an, con riferimento ai due provvedimenti impugnati in questa sede (mentre la domanda risarcitoria fu rigettata dalla citata sentenza n. 5431 del 2004, con riferimento al primo provvedimento di trasferimento). Nell’impossibilità di determinare il quantum (ad oggi risulta impraticabile una perizia che accerti secondo criteri medicolegali la gravità della transeunte condizione di stress patita dal ricorrente), esso va liquidato in via equitativa in Euro 25.000.00, somma da ritenersi comprensiva di rivalutazione monetaria, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo.

Tale somma pare infatti adeguata, avuto riguardo alla gravità della condotta dell’Amministrazione, alla reiterazione dolosa di atti illegittimi, alla protrazione temporale del danno evento ingenerato dai provvedimenti impugnati, alle conseguenze prodotte sull’equilibrio psicofisico del ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 6.000,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

riuniti i ricorsi,

accoglie il ricorso n. 4452/04 e per l’effetto annulla l’atto irrogativo della sanzione disciplinare.

Dichiara cessata la materia del contendere con riferimento al ricorso n. 767/05.

Accertata l’illiceità del provvedimento di trasferimento impugnato con il ricorso n. 767/05, condanna nei ricorsi riuniti l’Amministrazione a risarcire il danno, che liquida in Euro 25.0000,00, oltre interessi legali come in motivazione.

Condanna l’Amministrazione a rifondere le spese, che liquida in Euro 6.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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