Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-03-2012, n. 3301 Trasferimento di azienda

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1- La sentenza attualmente impugnata conferma la sentenza del Tribunale di Perugia n. 273/2005 del 23 marzo 2006, di accoglimento della domanda di A.R. e degli altri lavoratori indicati in epigrafe volta ad ottenere la corresponsione delle voci retributive (recupero di produttività, indennità di doppio turno e premio annuale per la qualità della prestazione) che gli stessi avevano percepito presso la s.p.a. GESENU e che, invece, la s.r.l.

ECOCAMPANIA, subentrata nella titolarità dell’appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani del Comune di Assisi, non aveva più erogato.

La Corte d’appello di Perugia, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la notificazione del ricorso introduttivo non è viziata da nullità perchè è andata regolarmente a buon fine;

b) risulta, infatti, che il plico è stato ritirato presso l’ufficio postale, previo avviso di giacenza, da una persona qualificatasi come incaricato della ECOCAMPANIA, di cui deve presumersi, in assenza di querela di falso, l’operatore che ha effettuato la consegna abbia accertato l’identità e l’idoneità al ritiro;

c) deve anche presumersi, in assenza di prove contrarie, che effettivamente la suddetta persona fosse realmente un incaricato della società (la firma sembra essere di C.R.);

d) poichè l’atto ha raggiunto il suo scopo, è irrilevante che, in quel momento, l’indirizzo della sede legale fosse cambiato;

e) inoltre, il ricorso dei ricorrenti non presenta alcun vizio: i ricorrenti hanno specificato di chiedere il pagamento di diversi emolumenti che percepivano dalla GESENU: recupero di produttività, indennità di doppio turno, qualità della prestazione (facendo riferimento agli accordi e alla contrattazione collettiva, nonchè allegando i documenti necessari), rinviando per la relativa quantificazione all’esito del giudizio;

f) quanto al merito, già sulla base del contratto collettivo e degli accordi che accompagnarono il passaggio nella gestione dell’appalto, si desume il diritto dei lavoratori al mantenimento degli emolumenti in godimento;

g) a ciò è da aggiungere che, in base alla giurisprudenza di legittimità, è configurabile l’ipotesi di trasferimento di azienda, di cui all’art. 2112 cod. civ., anche nel caso di subingresso di una impresa ad un’altra nella gestione di un appalto, anche se l’attività trasferita si fondi essenzialmente sulla mano d’opera.

2- Il ricorso della Curatela del Fallimento ECOCAMPANIA s.r.l. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; resistono, con controricorso, A.R. e gli altri lavoratori indicati in epigrafe, che propongono, a loro volta, ricorso incidentale subordinato per un solo, articolato motivo, cui replica la suddetta Curatela, con controricorso.

Le parti depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, perchè riguardanti la medesima sentenza.

1 – Sintesi dei motivi di ricorso.

1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 145 (nel testo precedente alla modifica di cui alla L. 28 dicembre 2005, n. 263) e dell’art. 354 cod. proc. civ., nonchè della L. n. 890 del 1982, art. 7.

Si contesta la statuizione della Corte d’appello secondo cui la notifica del ricorso introduttivo del giudizio è da considerare perfettamente valida e regolare, ancorchè sia stata effettuata (in data 5 febbraio 2002) presso la precedente sede della società sita in (OMISSIS) (mentre la società si era trasferita a (OMISSIS)) e il plico sia stato ritirato presso l’ufficio postale di (OMISSIS) da una persona qualificatasi come incaricato della società destinataria, ma in assenza del riscontro del ricevimento di tale persona presso la sede della società stessa.

2.- Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 420 e 421 cod. proc. civ. Si rileva che, nel ricorso introduttivo, i lavoratori non avevano determinato l’ammontare degli emolumenti richiesti e che a ciò si è provveduto attraverso i conteggi prodotti, senza alcuna previa assicurazione, nel corso del giudizio di primo grado cui la società non ha partecipato, essendo stata illegittimamente dichiarata contumace.

Ne conseguirebbe la nullità del ricorso medesimo, visto che non risulta essere stata indicata in esso neppure la somma complessiva richiesta e comunque la società non ha potuto approntare alcuna difesa al riguardo.

3.- Con il terzo motivo di ricorso si denuncia: a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 cod. civ. (nel testo risultante dalla modifica introdotta dalla L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 47 poichè i fatti di causa si riferiscono all’anno 1999); b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Si sostiene che l’art. 2112 cod. civ. non sarebbe applicabile alla successione nell’appalto verificatasi nella specie.

Conseguentemente non vi sarebbe la successione del nuovo al vecchio imprenditore nei rapporti di lavoro.

D’altra parte, nella presente vicenda, la ECOCAMPANIA si era impegnata a rispettare le leggi e le norme del CCNL del settore, mentre non aveva alcun obbligo di rispettare l’accordo integrativo aziendale, sottoscritto in precedenza dalla GESENU e del quale nè quest’ultima società nè il Comune di Assisi le hanno comunicato l’esistenza.

Inoltre, la tutela prevista dall’art. 4 del CCNL – sul mantenimento di trattamenti economici più favorevoli – non può certamente riguardare i trattamenti erogati dal precedente appaltatore che non trovano corrispondenza nella contrattazione collettiva nazionale.

2 – Sintesi del ricorso incidentale.

4- Con il ricorso incidentale si denuncia violazione degli artt. 434, 414 e 139 cod. proc. civ. nonchè dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si rileva che, pur essendo totalmente da condividere la sentenza in oggetto, tuttavia la Corte d’appello di Perugia non ha preso in considerazione la eccezione di improcedibilità del ricorso in riassunzione del giudizio di appello ritualmente proposta sul rilievo secondo cui il ricorso stesso -conseguente all’interruzione del processo dovuta al decesso di T.L. – non è stato notificato dalla Curatela anche a T.S., figlio del defunto e divenuto nel frattempo maggiorenne (essendo nato il (OMISSIS)), ma solo alla vedova F.A., in proprio e quale esercente la potestà sul figlio.

3 – Esame dei motivi del ricorso principale.

5.-I motivi del ricorso principale non sono da accogliere, per le ragioni di seguito illustrate.

5.1.- Quanto al primo motivo, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel sistema previgente la novella del 2003, quale applicabile al caso di specie, per le società a responsabilità limitata, in base al coordinato disposto degli artt. 2436 e 2494 cod. civ., è prescritta, in caso di adozione di modificazioni statutarie, la pubblicazione sul Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata "del testo integrale dell’atto modificato nella sua redazione aggiornata".

L’art. 2457-ter c.c., commi 1 e 2 disciplinava il regime di opponibilità ai terzi degli atti per i quali era prevista la pubblicazione, sicchè, mentre dopo quindici giorni dalla pubblicazione la modificazione statutaria era opponibile ai terzi juris et de jure, prima di quel termine l’atto era inopponibile solo se il terzo dimostrava di non averne avuto conoscenza , nella ipotesi estrema della mancata pubblicazione e comunque per il tempo che l’aveva preceduta l’inopponibilità, sino a quando la società non dimostrava la conoscenza del terzo (Cass. 5 febbraio 2009, n. 2835;

Cass. 23 marzo 2001, n. 4180).

E’ corretta in diritto, pertanto, la sentenza impugnata in punto di ritenuta inopponibilità ai ricorrenti del trasferimento della sede legale risultando il trasferimento della sede sociale pubblicato successivamente alla notifica del ricorso introduttivo del giudizio.

Quanto alla questione concernente la persona che ha ritirato il plico presso l’ufficio postale in seguito ad avviso di giacenza è sufficiente richiamare, a conferma della correttezza giuridica della sentenza impugnata, i principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte e consolidatisi nella successiva giurisprudenza, secondo i quali:

a) per la notificazione a mezzo posta presso la sede di un ente, la L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2, con disposizioni estensibili alle persone giuridiche, consente la consegna del plico, oltre che al legale rappresentante, a persona all’uopo addetta, e, allorchè il conferimento del compito di ritirare l’atto sia stato dichiarato dalla persona cui viene effettuata la consegna e che sottoscrive l’avviso di ricevimento, l’agente postale è dispensato da ulteriori accertamenti, determinando tale dichiarazione la presunzione, fino a prova contraria, dell’esistenza dell’incarico, il quale non abbisogna di deleghe formali e continuative, e può derivare anche da un mandato verbale e temporaneo (Cass. S.U. 24 ottobre 2005, n. 20473);

b) nella notificazione a mezzo del servizio postale, qualora, per l’impossibilità di effettuare la consegna del piego personalmente al destinatario, lo stesso, legge in base alla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2, sia stato consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto e nel rispetto dell’ordine stabilito da detta norma, a persona dichiaratasi addetta "al servizio del destinatario", l’agente postale non è tenuto ad accertare la corrispondenza al vero della dichiarazione, essendo sufficiente che essa concordi con la situazione apparente, consistente nella presenza del consegnatario nei luoghi indicati dalla norma, gravando sul destinatario l’onere di provare l’inesistenza della qualità dichiarata dal consegnatario (Cass. S.U. 23 novembre 2004, n. 22044; Cass. SU 27 aprile 2010, n. 9962).

La Corte del merito ha fatto applicazione dei suddetti principi ove ha affermato la regolarità della notifica sottolineando che l’avvenuto ritiro del plico in oggetto presso l’ufficio postale, previo avviso di giacenza, da parte di una persona qualificatasi come incaricato della ECOCAMPANIA, porta a presumere, da un lato, in mancanza di prove contrarie, che la dichiarata titolarità dell’incarico da parte della società fosse effettiva e, dall’altro lato, che, in assenza di querela di falso, l’operatore che ha effettuato la consegna abbia comunque accertato l’identità e l’idoneità al ritiro.

Ne deriva che la statuizione della Corte territoriale sulla regolarità e validità della notificazione del ricorso introduttivo si deve considerare assolutamente corretta oltre che congruamente motivata, risultando basata su due argomentazioni conformi ai principi affermati da questa Corte (e su riportati) rilevanti nella specie, rappresentate dalla ininfluenza della intervenuta modifica della sede legale della società destinataria (non ancora pubblicizzata come prescritto) e dalla irrilevanza di una formale investitura della qualifica di incaricato alla ricezione da parte della persona qualificatasi come tale al momento del ritiro del plico presso l’ufficio postale, in mancanza di prova contraria e di querela di falso con riguardo alle relative attestazioni all’operatore dell’ufficio stesso.

5.2.- Per quanto concerne il secondo motivo va ricordato il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui la nullità del ricorso introduttivo, per mancata determinazione dell’oggetto della domanda o per omessa esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui la domanda stessa si fonda, sussiste solo quando l’individuazione di tali elementi sia impossibile anche attraverso l’esame complessivo dell’atto, riservato al giudice del merito. In particolare, la nullità per mancata determinazione dell’oggetto della domanda, non può farsi discendere dalla mancata quantificazione, anche analitica, delle differenze retributive richieste dal lavoratore, ove questi abbia esposto completamente i titoli sufficienti per la quantificazione della domanda, come, nel caso di richiesta di condanna del datore di lavoro al pagamento di differenze retributive per le mansioni effettivamente svolte, l’esatta specificazione di queste ultime, essendo lo svolgimento di mansioni superiori sufficiente a fondare, ai sensi dell’art. 36 Cost., il diritto del lavoratore alle differenze predette, anche in mancanza di previsioni della disciplina collettiva (vedi, per tutte: Cass. 18 novembre 1987, n. 8456; Cass. 10 febbraio 2011, n. 3249).

Ne deriva l’assoluta conformità al suddetto principio – e la conseguente correttezza giuridica – della statuizione contenuta nella sentenza impugnata (e contestata con il secondo motivo) secondo cui il ricorso introduttivo del giudizio non presenta alcun vizio di formulazione perchè in esso è stato specificato che le pretese azionate riguardavano il pagamento di diversi emolumenti che i lavoratori percepivano dalla GESENU, espressamente indicati, individuandone il fondamento attraverso il puntuale richiamo degli accordi e della contrattazione collettiva pertinenti nonchè con l’allegazione dei documenti necessari, essendo ciò sufficiente, al suddetto fine dell’esame della regolarità formale del ricorso.

5.3.- Anche il terzo motivo non è da accogliere.

Nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge contenuto nell’intestazione del motivo tutte le censure con esso prospettate si risolvono, in realtà, nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti.

Al riguardo va ricordato che la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata non conferisce al Giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal Giudice del merito, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie, sicchè le censure concernenti il vizio di motivazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal Giudice del merito (vedi, tra le tante: Cass. 20 aprile 2011, n. 9043; Cass. 13 gennaio 2011, n. 313; Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20731; Cass. 21 agosto 2006, n. 18214; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 27 aprile 2005, n. 8718).

Nella specie risulta che la Corte territoriale ha affermato il diritto dei lavoratori ad ottenere il pagamento delle richieste voci retributive (recupero di produttività, indennità di doppio turno e premio annuale per la qualità della prestazione) – che gli stessi avevano percepito presso la s.p.a. GESENU e che, invece, la s.r.l.

ECOCAMPANIA, subentrata nella titolarità dell’appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani del Comune di Assisi, non aveva più corrisposto – sulla base di una valutazione delle risultanze probatorie che è congruamente motivata, sicchè l’iter logico- argomentativo che sorregge la relativa decisione è chiaramente individuabile, non presentando alcun profilo di manifesta illogicità o insanabile contraddizione.

Va anche aggiunto che la soluzione adottata è del tutto corretta e conforme alla consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte, che, nella interpretazione dell’art. 2112 cod. civ. (nelle diverse versioni succedutesi nel tempo in conseguenza delle modificazioni della normativa europea, a partire dalla direttiva del Consiglio UE n. 187/77), ha sottolineato che la funzione garantistica nei confronti dei lavoratori assegnata alla relativa disciplina, in conformità anche con le indicazioni contenute nella normativa europea di riferimento e con le sentenze della Corte di giustizia UE in materia, comporta l’accoglimento di una nozione estensiva del trasferimento di azienda (definitivamente accolta dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, attuativo della direttiva 98/50/CE, che ha riformulato lo stesso art. 2112 cod. civ.), la quale ricomprende in esso tutte le ipotesi di trasferimento anche di una singola attività di impresa, sempre che sia riscontrabile un complesso di beni o di rapporti interessati al fenomeno traslativo, anche quindi in assenza del trasferimento di significativi beni patrimoniali, materiali o immateriali (arg. ex: Cass. 22 luglio 2002, n. 10701; Cass. 17 marzo 2009, n. 6452; Cass. 12 ottobre 2011, n. 20980; Cass. 14 ottobre 2011, n. 21282 nonchè, per la giurisprudenza UE, da ultimo, Corte di giustizia UE, sentenza 6 settembre 2011, causa C-108/10, Scattolon, punti 42-51 e ivi indicazione dei precedenti).

Da tale accezione allargata si desume la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 2112 cod. civ. – nel testo modificato dalla L. n. 428 del 1990, art. 47 attuativo della direttiva del Consiglio CEE n. 187 del 1977 (applicabile nel caso di specie ratione temporis) – secondo cui in caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro dei dipendenti dell’azienda ceduta continua con il cessionario, anche in ipotesi di successione nell’appalto di un servizio, sempre che si abbia un passaggio di beni di non trascurabile entità – da intendere in senso ampio – che sia tale da rendere possibile lo svolgimento di una specifica impresa (Cass. 13 gennaio 2005, n. 493; Cass. 7 dicembre 2006, a 26215; Cass. 27 dicembre 1999, n. 14568; Cass. 6 giugno 2007, n. 13270).

Ne risulta che l’obbligo per la società ECOCAMPANIA di non peggiorare il trattamento retributivo dei lavoratori rispetto a quello riconosciuto dalla società GESENU deriva direttamente dall’applicazione dell’art. 2112 cod. civ. cit., pertanto le ulteriori argomentazioni della ricorrente riferite alla contrattazione collettiva risultano ininfluenti.

Infatti, in linea generale, in base alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 40 la disciplina prevista dalla contrattazione collettiva può derogare a quella dettata dalla legge solo in senso favorevole ai lavoratori e, comunque, come affermato da questa Corte, in tema di contratti collettivi di diverso livello, le integrazioni del contratto collettivo nazionale effettuate tramite contratti collettivi integrativi possono differenziarsi per singoli specifici settori, ciascuno disciplinato dal corrispondente contratto integrativo, sicchè la recezione da parte del datore di lavoro del contratto nazionale comprende anche il contratto integrativo corrispondente allo specifico settore (Cass. 25 giugno 2009, n. 14514).

4 – Esame del motivo del ricorso incidentale.

6. Il motivo del ricorso incidentale è inammissibile, per le ragioni di seguito illustrate.

Con esso i controricorrenti risultati totalmente vittoriosi in appello sostengono di condividere totalmente la sentenza in oggetto, ma deducono che la Corte territoriale non ha esaminato la propria eccezione di improcedibilità del ricorso in riassunzione del giudizio di appello basata sull’assunto secondo cui l’attuale ricorrente principale – dopo l’interruzione dovuta all’intervenuto decesso di uno degli appellati T.L. – ha notificato il ricorso in riassunzione, per i successori del T., soltanto nei confronti della vedova del defunto F.A., in proprio e quale esercente la potestà sul figlio T.S., ma non direttamente a quest’ultimo, divenuto nel frattempo maggiorenne.

La censura è inammissibile per difetto di interesse. Poichè, come detto, i ricorrenti incidentali sono rimasti totalmente vittoriosi in appello, la loro impugnazione deve intendersi come condizionata all’accoglimento del ricorso principale. Quest’ultima eventualità non si è verificata, onde non è ravvisabile ora l’interesse a detta impugnazione (arg. ex Cass. 18 maggio 2005, n. 10420; Cass. 23 maggio 2006, n. 12153; Cass. 18 ottobre 2006, n. 22346).

4 – Conclusioni.

7.- In sintesi, il ricorso principale deve essere rigettato e quello incidentale va dichiarato inammissibile.

In applicazione del principio della soccombenza prevalente – cui si fa ricorso anche in considerazione dell’esito dei precedenti gradi di merito del giudizio – la ricorrente principale deve essere condannata al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; condanna la Curatela del Fallimento ECOCAMPANIA s.r.l. al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 50,00 per esborsi, Euro 3000,00 (tremila/00) per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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