Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-03-2012, n. 3300 Pensione di anzianità e vecchiaia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata in data 9.2.2006 la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza di primo grado con cui il Tribunale della stessa città aveva rigettato la domanda di C.R. diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto al trattamento pensionistico spettante ai superstiti a seguito del decesso del coniuge, che aveva svolto attività di agente di commercio iscritto all’Enasarco. A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta ritenendo che, all’epoca del decesso del dante causa, non sussistessero i presupposti richiesti per l’attribuzione del trattamento di reversibilità, posto che il de cuius, alla stregua della normativa vigente al momento del decesso, la sola alla quale occorreva avere riguardo ai fini della attribuzione della pensione ai superstiti, non aveva diritto al trattamento pensionistico diretto, a nulla rilevando che tale diritto fosse eventualmente maturato sotto il vigore della precedente normativa.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione C.R. affidandosi ad un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso la Fondazione Enasarco. La Fondazione ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Preliminarmente, deve respingersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dalla Fondazione Enasarco sul rilievo che il ricorso sarebbe stato sottoscritto da un difensore diverso da quello al quale è stata rilasciata la procura.

Il ricorso è stato infatti sottoscritto dall’avv. Gaetano Sorbello, che è lo stesso al quale è stata rilasciata la procura speciale apposta a margine del ricorso per cassazione.

1.- Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione del Regolamento delle attività istituzionali della Fondazione Enasarco adottato dal Consiglio di amministrazione il 5.8.1998 e approvato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in data 24.9.1998, della L. n. 12 del 1973, artt. 10 e 18 nonchè vizio di motivazione, relativamente alla statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto insussistente il requisito contributivo necessario per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia in capo al dante causa della ricorrente, e conseguentemente non sussistente il diritto della medesima alla pensione ai superstiti, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, al momento dell’entrata in vigore del suddetto Regolamento, che aveva aumentato il requisito contributivo necessario per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, il dante causa della ricorrente aveva già maturato i requisiti necessari per ottenere la pensione di vecchiaia nel vigore della precedente disciplina (quella di cui alla L. n. 12 del 1973), sicchè tale diritto, da considerarsi come diritto quesito, non poteva subire compressione di sorta ad opera di uno jus superveniens che aveva modificato in epoca successiva i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia.

2.- Il ricorso è infondato. In tema di pensione di reversibilità questa Corte ha già precisato (cfr. Cass. n. 21545/2008) che il diritto alla corresponsione di tale trattamento pensionistico presuppone la titolarità del diritto alla pensione diretta da parte del de cuius al momento della morte, ovvero il possesso dei relativi requisiti (amministrativi, contributivi e ed anagrafici) ed è acquisito jure proprio al momento della morte del titolare della pensione diretta, con la conseguenza che è irrilevante l’eventuale affidamento che il futuro beneficiario della pensione di reversibilità possa aver fatto su una più favorevole disciplina vigente quando era in vita il coniuge e modificata prima della sua morte, nè può ritenersi che la disciplina vigente in tale momento operi retroattivamente, regolando invece essa il diritto che sorge solo con la morte del coniuge.

Non si è discostata da tali principi la Corte territoriale con l’affermazione che, essendo il dante causa della ricorrente deceduto in epoca successiva all’entrata in vigore del Regolamento del 1998 (1.10.1998), la disciplina applicabile al caso di specie doveva ricercarsi nelle disposizioni di detto Regolamento – che, nello stabilire un innalzamento dei requisiti (anagrafici e contributivi) utili per il conseguimento della pensione di vecchiaia, aveva previsto un regime transitorio (fino al primo gennaio 2006) di graduale incremento dei suddetti requisiti – osservando che, in base a tali disposizioni, doveva escludersi che, al momento del decesso (avvenuto il 13.1.2001), il dante causa della ricorrente fosse in possesso del requisito contributivo previsto, a quel momento, per il pensionamento di vecchiaia (diciassette anni di anzianità contributiva) o, alternativamente, del requisito dei cinque anni di anzianità contributiva, di cui almeno uno nel quinquennio antecedente il decesso, derivandone che la domanda di pensione indiretta, in base alla disciplina regolamentare, non poteva trovare accoglimento.

3.- La ricorrente sostiene che, così argomentando, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che, al momento dell’entrata in vigore del Regolamento, il proprio dante causa aveva già maturato entrambi i requisiti (anagrafico e contributivo) necessari per conseguire la pensione di vecchiaia nel vigore della precedente disciplina di cui alla L. n. 12 del 1973. Questa aveva, infatti, stabilito che gli agenti e i rappresentanti di commercio avrebbero acquisito il diritto alla pensione di vecchiaia al compimento del sessantesimo anno di età, avendo maturato almeno 15 anni di anzianità contributiva, requisiti entrambi in possesso dell’interessato al momento dell’entrata in vigore del Regolamento, con la conseguenza che la sussistenza dei suddetti requisiti non poteva ritenersi venuta meno per effetto dell’entrata in vigore della nuova disciplina, avendo il de cuius maturato un vero e proprio diritto soggettivo, sul quale non poteva validamente incidere lo jus superveniens.

4.- Tali argomentazioni non sono condivisibili. Come si è già osservato, il diritto al trattamento di reversibilità per il coniuge superstite sorge solo al momento della morte dell’altro coniuge, titolare di pensione diretta (reversibilità in senso stretto) o lavoratore ancora in servizio (pensione indiretta). La Corte costituzionale, con la sentenza n. 446 del 2002, ha escluso che nell’ipotesi di diritto alla pensione di reversibilità (in senso stretto) sorto dopo l’entrata in vigore della norma impugnata (nella specie, si trattava della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 41), detta norma possa ledere un affidamento tutelabile nella stabilità della disciplina della reversibilità, osservando che "in quel momento, essendo in corso un trattamento di pensione diretta, un tale affidamento sicuramente non poteva vantare il coniuge del pensionato, la cui qualità di "superstite" si configurava allora i termini di mera eventualità". Ed ha aggiunto che "Tali conclusioni sono del tutto coerenti con i principi affermati da questa Corte in tema di affidamento. In linea generale, l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica – essenziale elemento dello Stato di diritto – non può essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori (sentenza n. 416 del 1999; in precedenza sentenze nn. 211 del 1997 e 390 del 1995, successivamente sentenza n. 525 del 2000 e ordinanze nn. 319 e 327 del 2001)". "Da tale principio discende che solo in questi limiti – in presenza di una legge avente in settori estranei alla previsione dell’art. 25 Cost., comma 2, portata ragionevolmente retroattiva – l’affidamento sulla stabilità della normativa previgente è coperto da garanzia costituzionale".

"In materia previdenziale poi deve tenersi conto anche del principio, parimenti affermato da questa Corte, secondo cui il legislatore può – al fine (ricorrente nella specie) di salvaguardare equilibri di bilancio e contenere la spesa previdenziale – ridurre trattamenti pensionistici già in atto (sentenze nn. 417 e 361 del 1996, 240 del 1994, 822 del 1988)".

"Perciò, il diritto ad una pensione legittimamente attribuita (in concreto e non potenzialmente) – se non può essere eliminato del tutto da una regolamentazione retroattiva che renda indebita l’erogazione della prestazione (sentenze n. 211 del 1997 e n. 419 del 1999) – ben può subire gli effetti di discipline più restrittive introdotte non irragionevolmente da leggi sopravvenute". "Ed allora – se, salvo il controllo di ragionevolezza, è conforme a Costituzione una norma peggiorativa di trattamenti pensionistici in atto – a maggior ragione la conclusione vale per una norma che incida su trattamenti pensionistici non ancora attivati al momento della sua entrata in vigore, quale la pensione di reversibilità che eventualmente spetterà al coniuge superstite del pensionato in quel momento ancora in vita".

"Queste considerazioni inducono a ritenere che non possa argomentarsi in termini di diritto quesito (sentenze n. 349 del 1985 e n. 9 del 1994)".

5.- Con la stessa sentenza, la Corte costituzionale ha escluso che si potesse pervenire a diversa conclusione sulla base di altre decisioni (vengono citate le sentenze nn. 264 del 1994, 388 del 1995, 427 del 1997, 201 del 1999) con cui la stessa Corte aveva dichiarato costituzionalmente illegittime "norme suscettibili di provocare l’inaccettabile effetto per cui – pur essendo stato raggiunto un certo livello di possibile trattamento pensionistico, ancorchè non attivato – la prosecuzione della contribuzione, con il correlativo incremento dei versamenti, finiva per operare in senso negativo e comportare una riduzione del trattamento stesso", ovvero, con riferimento ai trattamenti pensionistici di reversibilità previsti dalle norme sulla previdenza degli ingegneri (sentenza n. 169 del 1986), era stata ritenuta gravemente discriminatoria e non sorretta da alcuna giustificazione l’esclusione da tali trattamenti sancita a carico dei superstiti di pensionati già iscritti alla Cassa dopo il compimento del quarantesimo anno di età, sottolineando come, in quest’ultimo caso, si trattava di "una norma che, in presenza di date circostanze, precludeva del tutto l’accesso alla pensione di reversibilità al coniuge del titolare di una pensione diretta già attivata".

6.- Le stesse argomentazioni, ad avviso del Collegio, valgono ad escludere che una norma che incida su un trattamento pensionistico, anch’esso non ancora attivato al momento della sua entrata in vigore, qual è la pensione indiretta eventualmente spettante al coniuge superstite dell’assicurato ancora in vita in quello stesso momento, possa ledere un affidamento tutelabile nella stabilità della disciplina del trattamento pensionistico di reversibilità e che possa, dunque, "argomentarsi in termini di diritto quesito".

7.- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non deve provvedersi in ordine alle spese del giudizio di legittimità, trattandosi di fattispecie alla quale è applicabile ratione temporis l’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo precedente alla innovazione introdotta dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. in L. n. 326 del 2003.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2012

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