T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 03-11-2011, n. 2617 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso, notificato in data 11.01.2011 e depositato il successivo 7.02.2011, l’esponente ha impugnato l’atto in epigrafe specificato, deducendone la illegittimità sotto più profili.

Ciò di cui, in particolare, l’istante si duole, è che l’amministrazione non abbia tenuto in alcuna considerazione le osservazioni presentate a seguito del preavviso di rigetto, volte a valorizzare l’esistenza di un procedimento di riabilitazione in itinere in relazione all’unica sentenza di condanna rappresentata dall’amministrazione come ostativa all’emersione.

Con ordinanza del 25.02.2011 la Sezione ha accolto, ai fini di un motivato riesame, la formulata domanda cautelare.

Nessuna nuova determinazione è stata assunta da parte della p.a. in causa.

Con memoria del 14.10.2011 la difesa ricorrente ha dato atto che, con ordinanza n. 2444/2011 (allegata agli atti), il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha dichiarato la riabilitazione del ricorrente, in relazione alla condanna riportata con la sentenza del Tribunale di Milano in data 24.12.2004, irrevocabile il 16.01.2005.

Alla pubblica udienza del 20 ottobre 2011 la causa, sentite le parti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

La motivazione del diniego di emersione qui gravato poggia sull’esistenza di una sentenza di applicazione della pena (ex artt. 444 e ss. c.p.p.) di mesi 8 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, col beneficio della sospensione condizionale, per il reato di cui all’art. 171 ter della legge n. 633/1941, pronunciata nei confronti del ricorrente in data 24.12.2004 dal Tribunale di Milano e passata in giudicato il 16.01.2005.

Secondo l’amministrazione, tale precedente sarebbe ostativo al perfezionamento della procedura di emersione, ai sensi dell’art. 1 ter, co. 13, lett.c) del D.L. n. 78/2009, conv. in legge dalla L.n. 102/2009 e della circolare n. 1843 del 17.03.2010 del Ministero dell’Interno.

Di diverso avviso la difesa esponente, che rileva come, sin dalla data di avvio della procedura di emersione (con la presentazione della relativa domanda nel mese di settembre 2009) sussistevano già i presupposti per la declaratoria di riabilitazione dell’istante.

Il Collegio ritiene di dover confermare la decisione assunta in sede di cognizione sommaria, non avendo l’amministrazione ovviato al difetto di motivazione già rilevato nella predetta sede e non potendosi qui fare applicazione dell’art. 21- octies, II° comma, L.n.241/1990, poiché non è affatto "palese" che "il… contenuto dispositivo" del provvedimento "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" (cfr. a proposito della portata dell’art. 21octies, Consiglio di Stato, sez. IV, 27 maggio 2010, n. 3377, secondo cui, la fattispecie sanante di creazione giurisprudenziale codificata dall’art. 21octies l. 7 agosto 1990, n. 241 non può consentire l’integrazione ex post di una motivazione carente, salvo il caso che si tratti di mera esplicitazione di una motivazione immanente già in nuce nel provvedimento impugnato e non preceduta da nuova attività istruttoria, in quanto il vizio di omessa istruttoria ha natura sostanziale e non meramente formale o procedurale. Analogamente, in fattispecie analoga, C.d.S., Sez. IV, 28 maggio 2009, n. 3336; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 01 luglio 2009, n. 680).

La motivazione dell’impugnato diniego si presta, infatti, a critiche, almeno sotto un duplice profilo.

In primo luogo, poiché viene in rilievo un’evidente contraddittorietà intrinseca dell’atto impugnato, che, dapprima, indica come fattore ostativo all’emersione una sentenza penale per violazione della legge sul diritto di autore e, poi, radica il carattere ostativo del suddetto reato ad una circolare ministeriale relativa a tutt’altra fattispecie (quella di cui all’art. 14, co.V°- ter del d.lgs. n. 286/1998).

Inoltre, è altrettanto indubbio che, nella fattispecie in esame, siano state frustrate le garanzie partecipative dell’istante poiché – pur avendo l’amministrazione comunicato il preavviso di rigetto, ex art. 10 bis della legge n.241/1990 – la stessa non ha poi dato seguito a quanto prescritto dalla suindicata norma – non avendo in alcun modo riscontrato le osservazioni all’uopo presentate.

E questo nonostante l’argomento principale svolto nelle ridette osservazioni, facesse leva sulla circostanza che la pena inflitta dal Tribunale di Milano, con la sentenza 24.12.2004, irrevocabile il 16.01.2005, riportata nelle premesse dell’atto impugnato, si fosse già estinta al tempo della presentazione della domanda di sanatoria (la quale, com’è noto, ai sensi dell’art. 1 ter, co. II° D.L. cit. avrebbe dovuto essere presentata entro il 30.09.2009).

Ciò, in quanto, in caso di sospensione condizionale della pena, qual è quello del ricorrente, il termine di tre anni di cui all’art. 179, co. I° c.p., decorre "dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena" (art. 179, III° co. c.p.).

Pertanto, trattandosi, nella specie, di sentenza divenuta irrevocabile il 16.01.2005 (cfr. le indicazioni riportate nel certificato del Casellario giudiziale prodotto in atti), i presupposti decisivi ai fini della riabilitazione risultavano già concretizzati alla data del 16.01.2008.

Né si può ritenere, per giustificare la mancata esposizione delle ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni (arg. ex art. 10 bis cit.), che queste fossero del tutto ininfluenti ai fini della determinazione finale, sì da meritare di essere totalmente disattese dalla p.a., tenuto conto che, la riabilitazione, il cui procedimento era già in corso prima della determinazione negativa qui avversata, dà luogo all’eliminazione di ogni effetto penale derivante dalla condanna (un pò come la "restituito in integrum" del diritto romano), allo scopo di favorire il pieno reinserimento sociale del condannato.

Per tale via, il Collegio ritiene di poter condividere l’impostazione giurisprudenziale secondo cui, qualora la riabilitazione intervenga prima dell’adozione del provvedimento di diniego del titolo di soggiorno (nel caso di specie, del diniego dell’emersione dal lavoro irregolare), l’amministrazione è tenuta a prenderla in esame, non potendo più continuare a considerare la condanna rispetto alla quale il prevenuto è stato riabilitato come automaticamente ostativa al conseguimento del titolo stesso (cfr., nel senso che la riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, tra i quali rientra anche l’effetto ostativo al rilascio del permesso di soggiorno: Consiglio Stato, sez. VI, 03 agosto 2010, n. 5148; in senso analogo, cfr. anche: Consiglio di Stato, Sez. VI^, ord. n. 5134 del 10.11.2010; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 17 febbraio 2011, n. 314; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 02 febbraio 2011, n. 71).

Si tratta, infatti, di valorizzare quelle sopravvenienze che, anche se successive alla presentazione della domanda di emersione, si collocano pur sempre all’interno della sequenza procedimentale, preordinata a garantire, attraverso la partecipazione in funzione collaborativa dell’istante, un contraddittorio finalizzato al migliore contemperamento dell’interesse pubblico con quello privato, nel rispetto della clausola generale (di salvezza delle sopravvenienze, appunto) contenuta nell’art. 5, co.V° del d.lgs. n. 286/1998 (cfr., su tale specifico aspetto, Consiglio di Stato, sez. VI, 02 marzo 2011, n. 1308, che sottolinea: "… la sostanziale analogia fra gli effetti della riabilitazione – quali previsti dall’art. 178 c.p. – e quelli di estinzione del reato per positivo decorso dell’arco temporale previsto dall’art. 445, comma 2 c.p.p., nei casi di applicazione della pena su richiesta così che, al realizzarsi detta seconda condizione, viene meno ogni interesse giuridicamente apprezzabile ad ottenere la riabilitazione, tenendo anche presente che, ai sensi dell’art. 689, comma 2, lett. a) n. 5 e lett. b) c.p.p., le sentenze di applicazione della pena su richiesta sono comunque destinate a non comparire sui certificati del casellario rilasciati a richiesta dell’interessato, indipendentemente da qualsivoglia statuizione del giudice al riguardo (Cons. Stato, Sez. VI^, n. 3902 dell’8 agosto 2008; Cassazione penale, sez. IV, 19 febbraio 1999, n. 534; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 12 febbraio 2007, n. 212). La verifica della buona condotta del prevenuto per il periodo di osservazione quinquennale determina il venir meno di ogni effetto di automatismo, che l’art. 4, terzo comma del d.lgs. n. 286 del 1998 riconduce al mero riscontro di mende ascrivibili alle figure di reato ivi prese in considerazione quali condizioni impeditive ex lege del rilascio del permesso di soggiorno. Nella specie, la discrasia sul piano temporale fra il momento in cui è intervenuta la determinazione negativa del Questore ed il successivo perfezionamento del provvedimento del Tribunale penale ricognitivo delle condizioni per l’applicazione ai sensi dell’art. 445 c.p.p. del beneficio dell’estinzione del reato, non incide sulla posizione di interesse del ricorrente al positivo esito del procedimento, alla luce del principio sancito dall’art. 5 del d.lgs. n. 286 del 1996 che, dopo aver ribadito l’obbligo di diniego del permesso di soggiorno e del suo rinnovo in caso di mancanza o perdita dei prescritti requisiti, fa salva la sopravvenienza di nuovi elementi che ne consentano il rilascio, circostanza che ricorre nella fattispecie di cui è controversia").

Del resto, non va neppure sottaciuto come, più in generale, la questione relativa alla legittimità dell’automatismo del diniego del titolo di soggiorno in caso di condanna per reato cd. ostativo sia stata recentemente sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, ordinanza n.100 del 24.02.2011, che ha sollevato la q.l.c. dell’art. 1 ter cit., per contrasto col principio di ragionevolezza, proporzionalità e di parità di trattamento, laddove esso inibisce la regolarizzazione dello straniero in presenza di qualsivoglia tipologia di condanna che rientri negli artt. 380 e 381 c.p.p., senza che sia consentito all’Amministrazione di valutarne la rilevanza in termini di pericolosità sociale).

In relazione al caso in esame va, pertanto, ribadita la illegittimità del diniego di emersione adottato dalla p.a. sull’unico presupposto dell’esistenza di una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile il 16 gennaio 2005, recante una pena condizionalmente sospesa, laddove, non soltanto, nelle more del procedimento di emersione era emersa l’esistenza di un procedimento incardinato dinanzi al Giudice di Sorveglianza per la riabilitazione, ma, prima della determinazione conclusiva, erano altresì configurabili i presupposti per l’estinzione del reato, ai sensi degli artt. 445 c.p.p. e/o 167 c.p..

Per le precedenti considerazioni, il ricorso in epigrafe specificato deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.

La presenza di orientamenti giurisprudenziali non univoci in subjecta materia giustifica ampiamente la compensazione delle spese di lite fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il diniego di emersione con esso impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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