T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 03-11-2011, n. 2638 U. S. L. indennità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 18 dicembre 1996 e depositato il 9 gennaio 1997, i ricorrenti, quali medici aventi la qualifica di Ufficiale giudiziario, hanno impugnato il provvedimento prot. n. 31886 del 25 ottobre 1996 con cui il Direttore Amministrativo dell’Azienda USSL Ambito Territoriale n. 35 di Magenta ha negato loro la corresponsione dell’indennità di polizia giudiziaria, la nota prot. n. 17871 del 19 settembre 1994 della ex USSL n. 72 di Magenta richiamata nel precedente provvedimento, la nota prot. n. 565 del 12 settembre 1994, con cui la ex USSL n. 72 di Magenta ha disposto l’inoltro di apposito quesito in merito alla corresponsione dell’indennità di polizia giudiziaria alla Regione Lombardia, al fine di vedere riconosciuto il diritto dei medesimi ricorrenti alla percezione dell’indennità di polizia giudiziaria e per la condanna dell’Azienda USSL Ambito Territoriale n. 35 di Magenta al pagamento della predetta indennità a far data dall’assunzione della qualifica di Ufficiali di polizia giudiziaria, unitamente ad interessi e rivalutazione monetaria.

A sostegno del ricorso vengono dedotti la violazione e falsa applicazione dell’art. 22, comma 34, della legge n. 724 del 1994, dell’art. 1, comma 45, della legge n. 549 del 1995, dell’art. 55 del D.P.R. n. 270 del 1987, dell’art. 46 del D.P.R. n. 384 del 1990, dell’art. 60 del nuovo Contratto collettivo nazionale, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e degli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, l’eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria e disparità di trattamento.

Il diniego impugnato avrebbe illegittimamente ritenuto che le richieste effettuate dai ricorrenti fossero finalizzate all’estensione dell’efficacia del giudicato derivante dalla sentenza del T.A.R. di Brescia n. 665 del 1993, quando in realtà le pretese azionate avrebbero soltanto fatto riferimento a tale precedente per chiedere l’applicazione della normativa in materia di riconoscimento dell’indennità di polizia giudiziaria; da questo punto di vista il provvedimento di diniego sarebbe totalmente immotivato, non riportando né la ragioni di fatto, né quelle di diritto a supporto della decisione dell’Amministrazione sanitaria. Nel caso di specie poi la normativa, prima regolamentare e poi contrattuale, avrebbe riconosciuto a tutto il personale in possesso della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria l’attribuzione di una indennità fissa, senza la possibilità di distinguere tra il personale appartenente all’area medica, come i ricorrenti, e il restante personale, per il quale solo sarebbe stata prevista una tale indennità.

L’Amministrazione sanitaria, ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.

Con ordinanza n. 422/1997 è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati.

In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i ricorrenti hanno prodotto documentazione e una memoria a sostegno delle proprie pretese.

Alla pubblica udienza del 24 maggio 2011, su richiesta del procuratore dei ricorrenti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. Con l’unica articolata censura i ricorrenti, quali medici aventi la qualifica di Ufficiale giudiziario (all. 1 al ricorso) in servizio presso l’Azienda resistente, assumono l’illegittimità dei provvedimenti impugnati sia per difetto di motivazione, in quanto erroneamente si sarebbe ritenuta la richiesta di riconoscimento dell’indennità di polizia giudiziaria come una estensione di giudicato, piuttosto che come una pretesa diretta ad ottenerla, sia per l’effettiva spettanza della stessa, non potendosi operare una differenziazione tra gli appartenenti all’area medica, come i ricorrenti, e gli altri dipendenti.

2.1. La censura è fondata.

Innanzitutto, deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell’indennità di polizia giudiziaria, nella parte in cui ha ritenuto che i ricorrenti avessero formulato una istanza per l’estensione del giudicato, visto che dal tenore letterale della richiesta si evince che il precedente giurisprudenziale è stato richiamato per rafforzare la pretesa sostanziale e avallare l’interpretazione del dato normativo posto a supporto della stessa (all. 2 al ricorso).

2.2. Quanto alla fondatezza della richiesta attribuzione dell’indennità di polizia giudiziaria, il provvedimento del 25 ottobre 1996 si limita a segnalare l’avvenuto inoltro di un quesito alla Regione Lombardia, che allo stato sarebbe rimasto privo di riscontro. Tale ragione non è evidentemente sufficiente per motivare il diniego.

2.3. Venendo, quindi, al merito della pretesa dei ricorrenti, deve richiamarsi quel filone giurisprudenziale secondo cui "la funzione di polizia giudiziaria (…) ha natura eccezionale ed esuberante rispetto alle mansioni riconducibili al rapporto di lavoro regolato dalla contrattazione collettiva di cui si discute. Tale funzione eccezionale peraltro è attribuita da autorità estranea al medesimo rapporto di lavoro. L’indennità prevista dall’art. 55 DPR 270/87 e poi dall’art. 46 DPR 384/90 ha l’evidente finalità di compensare (rectius indennizzare) l’assunzione della peculiare responsabilità. Per tali ragioni il Collegio ritiene non rispondente ad inderogabili principi di uguaglianza una disciplina che per una determinata categoria di personale del comparto, preveda che all’assunzione di tali speciali funzioni e responsabilità corrisponda una specifica indennità, che invece dovrebbe ritenersi negata ad altra categoria del medesimo comparto. Con la conseguenza che le norme della contrattazione che vengono in rilievo, devono essere interpretate conformemente alla indeclinabile necessità di rispettare il richiamato principio di uguaglianza; oltre che proporzionalità tra funzioni svolte e trattamento economico percepito. In tale prospettiva non può assumere rilievo né l’art. 111 del DPR 270 nella parte in cui non rinvia espressamente alla norma relativa all’indennità di cui si discute, né l’art. 6 DPR 68/83 che al comma 6, prevede che nell’area di contrattazione per medici e veterinari "saranno negoziati tutti gli istituti nessuno escluso relativi all’assetto normativo e retributivo della categoria medica". Ed invero entrambe tali disposizioni non possono escludere – perché non contengono disciplina che esplicitamente lo escluda – che norme oggettivamente applicabili all’intero comparto e che anzi risultano rispondenti a basilari principi costituzionali solo se applicabili all’intero comparto, trovino pertanto applicazione anche per il personale dell’area medica e veterinaria. Allo stesso modo non possono trarsi convincenti argomenti di segno contrario da altre norme, pure richiamate nella decisione n. 30/05 della Sezione, in quanto, si ripete, il Collegio è del meditato avviso che il criterio ermeneutico non possa che essere informato al principio secondo cui sarebbe in contrasto con basilari regole di uguaglianza, interpretare le norme in commento nel senso di negare la specifica indennità al personale medico. Da qui, per note regole, l’obbligo per l’interprete di accedere (in difetto di espressi riferimenti testuali che lo impediscano) ad una lettura adeguatrice delle norme da applicarsi" (Consiglio di Stato, V, 17 ottobre, n. 5092; 4 ottobre 2007, n. 5150; tuttavia, in senso contrario, Consiglio di Stato, V, 26 gennaio 2009, n. 376).

In conclusione, deve ritenersi fondata la pretesa azionata in giudizio dai ricorrenti e deve essere riconosciuto il loro diritto ad ottenere la corresponsione dell’indennità di polizia giudiziaria per il periodo in cui hanno rivestito tale qualifica.

2.4. In conclusione, la fondatezza della censura determina l’accoglimento del ricorso e il riconoscimento delle pretese dei ricorrenti; all’importo dovuto vanno aggiunti gli interessi legali fino all’effettivo soddisfo, mentre la rivalutazione è dovuta soltanto per i ratei maturati prima del 31 dicembre 1994, dato che "per essi non opera il divieto di cumulo di cui alla legge n. 724 del 1994 (legge finanziaria 1995), con cui lo stesso divieto è stato stabilito per i crediti maturati appunto dopo tale data" (cfr. Consiglio di Stato, V, 29 dicembre 2009, n. 8871; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 20 gennaio 2010, n. 114).

3. In ragione della non univocità degli orientamenti giurisprudenziali intervenuti sulla questione, le spese possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe, secondo quanto specificato in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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