Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 06-05-2011) 05-10-2011, n. 36051 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 10/3/2010 il G.I.P. del Tribunale di Palermo condannava C.S. per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per la coltivazione di 700 piante di marijuana (acc. in (OMISSIS)). All’imputato, con le attenuanti generiche e la diminuente del rito, veniva irrogata la pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed Euro 12.000 di multa.

Con sentenza del 27/9/2010 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza di condanna.

Osservava la Corte che:

– al momento del controllo di Polizia (Commissariato Porta Nuova) sulla piantagione, l’imputato si trovava in loco, a poche decine di metri di distanza;

– in suo possesso sono state trovate 3 piantine di marijuana, simili a quelle coltivate;

– nel luogo ove era stato trovato era presente la cisterna da cui partiva il tubo di adduzione dell’acqua alla piantagione;

– al momento del controllo la erogazione dell’acqua alle piante era in corso.

Ne deduceva da tutto ciò la Corte, che risultava confermata al circostanza che la piantagione era nella disponibilità del C. il quale provvedeva alla sua cura mediante irrigazione del suolo.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso personalmente l’imputato, lamentando la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla affermata penale responsabilità. Invero nessuna prova positiva e certa esisteva della sua titolarità del fondo coltivato, il quale era abbandonato ed liberamente accessibile. Inoltre dalla C.T. di parte prodotta emergeva che il tubo collegato alla cisterna era diverso da quello che irrigava le piante. La sentenza di condanna non era stata, pertanto, pronunciata al di là di ogni ragionevole dubbio.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile.

Il giudice di merito ha evidenziato come la responsabilità dell’imputato emergesse dalla circostanza che si trovava sul luogo dei fatti a breve distanza dalla piantagione; la cisterna di irrigazione delle piante di canapa si trovava nel posto ove era stato fermato; l’acqua scorreva regolarmente dalla cisterna; in suo possesso erano state trovate 3 piantine simili a quelle poco lontano coltivate.

Quanto alla C.T. di parte, ha osservato con coerente ragionamento la corte di merito, che non era certo che la tubatura del C. si allacciasse alla rete idrica comunale, mentre dagli atti di indagine (utilizzabili in ragione del rito abbreviato celebrato), era certo che il tubo che partiva dalla cisterna in uso all’imputato finiva per irrigare il campo di piante di marijuana. Orbene, le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo. Ne consegue la inammissibilità del ricorso.

Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.

Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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