Cass. civ. Sez. V, Sent., 02-03-2012, n. 3291 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

01. A seguito di p.v.c. della G.d.F. in data 7 novembre 2005, l’Agenzia delle entrate notificava avviso di accertamento alla Soc. Edilfrair per il recupero di maggiore IVA (circa 23 mila Euro) dell’anno 2000. Contestava alla contribuente – che aveva rilevato in appalto, da tale Sconci Ortensia, la realizzazione delle strutture in cemento armato per la realizzazione di un edificio residenziale asseritamente "non di lusso" – di aver fatturato le opere, così come richiesto dalla committente con specifica liberatoria, mediante errata applicazione dell’aliquota agevolata del 4%. L’Ufficio riteneva, invece, che non si potesse derogare all’aliquota ordinaria, dovendosi escludere che si trattasse di manufatto (villa) avente i requisiti dell’abitazione "non di lusso", a mente del D.M. 2 agosto 1969 (circa 600 mq utili/residenziali, 327 mq coperti, 5000 mq di suolo, etc.).

02. La società ricorreva assumendo di non essere responsabile dell’accaduto per essere stata incolpevolmente indotta in errore dalla dichiarazione mendace della committente, a sua volta tenuta in proprio verso l’Erario, non potendo la ditta appaltatrice rivalersi, per legge, verso la committente stessa.

03. I giudici di prime cure rigettavano il ricorso introduttivo, che, invece, era accolto in appello dalla CTR – Abruzzo, la quale annullava in radice gli avvisi di accertamento, ritenendo assorbita ogni questione sulla irrogazione delle sanzioni. I giudici d’appello motivavano la decisione del 17 settembre 2009, ritenendo che, avendo la Soc. appaltatrice realizzato solo le opere in cemento armato, essa non era nelle condizioni di poter verificare il mendacio della committente circa le asserite caratteristiche "non di lusso" dei manufatti finali, all’esito delle rifiniture. Inoltre, la Soc. appaltatrice non poteva neppure rivalersi verso la committente per la maggior IVA, ostandovi il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 7. 04. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; la Soc. Edlifrair Costruzioni (già Soc. Edilfrair), resiste con controricorso.

Motivi della decisione

05. Con il primo motivo, denunciando violazioni di legge (D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 17 e 18), la ricorrente lamenta che la sentenza d’appello, annullando gli avvisi di accertamento nei confronti dell’appaltatrice, abbia individuato nella committente mendace il soggetto fiscalmente responsabile dalla maggiore imposta dovuta. In proposito rileva che il rapporto pubblicistico tributario s’instaura solo tra chi è tenuto a emettere fattura, per le prestazioni effettuate a terzi, e il Fisco, mentre quest’ultimo resta estraneo al rapporto privatistico sottostante tra appaltatore e committente.

06. Con il secondo motivo, denunciando violazioni di legge (D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 26 e 60), la ricorrente lamenta che i giudici d’appello abbiano trascurato che l’appaltatrice contribuente avrebbe potuto, per rettificare l’errata applicazione d’imposta in misura minore rispetto a quella dovuta per legge, procedere a fatturazione integrativa, emettendo la relativa nota di variazione.

07. Con il terzo motivo, denunciando violazione di legge (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 18), la ricorrente lamenta che i giudici d’appello abbiano trascurato che l’obbligo del cessionario di rimborsare al cedente il maggior tributo IVA corrisposto al Fisco sussiste indipendentemente da qualsiasi pattuizione intervenuta tra le parti.

08. I tre mezzi possono essere esaminati congiuntamente, atteso che il ricorso è globalmente fondato e va accolto nei limiti sotto indicati in motivazione.

09. L’esecuzione di operazioni imponibili ai fini dell’IVA comporta "ex lege" l’instaurazione di due autonomi rapporti giuridici: il primo tributario, di natura pubblicistica, tra il Fisco e il cedente o prestatore, per il versamento dell’imposta (art. 17); l’altro, di natura prettamente civilistica, tra il cedente o prestatore e il cessionario o committente, riguardo alla rivalsa (art. 18).

10. Sorto l’obbligo di fatturazione (art. 6), sorge contemporaneamente l’obbligo di addebitare l’IVA alla controparte distinguendola dall’imponibile (Cass. 12882/2010), così il soggetto passivo del rapporto tributario diventa soggetto attivo del rapporto civilistico. La rivalsa è obbligatoria ed è nullo ogni patto contrario (art. 18), mentre la legge vieta al cedente/prestatore di rivalersi nei confronti del cessionario/committente in relazione all’imposta o alla maggiore imposta pagata in conseguenza di un accertamento o di una rettifica (art. 60 originario).

11. La Relazione illustrativa al decreto sull’IVA chiarisce, quanto ai limiti delle rivalsa, che si tratta di previsione dettata per ovviare alla riapertura di remoti rapporti contrattuali oramai esauriti, al solo scopo di poter recuperare, a posteriori, l’IVA non addebitata al tempo della fatturazione.

12. Invece, la Sesta Direttiva del 1977, non prevede nulla di specifico, a livello comunitario, sulla rivalsa; persino la più recente Direttiva 2006/112/CE contiene solo spunti labilissimi e indiretti: l’art. 167, sull’origine del diritto a detrazione; l’art. 168, riguardo all’imposta assolta o dovuta; l’art. 226, sull’addebito d’imposta nel documento fiscale.

13. La giurisprudenza maggioritaria, alla quale si ritiene di dover aderire, conferma che il cedente/prestatore non ha diritto di rivalsa verso il cessionario/committente per l’imposta o la maggiore IVA dovuta al Fisco per effetto di accertamento o rettifica. (Cass. ult. cit.; conf. Cass. 14578/2010, 24794/2005, 6714/1996). In sostanza, l’esigenza di stabilità dei rapporti giuridici assume, per legge, carattere assolutamente prevalente rispetto al principio di neutralità dell’IVA e dell’imposizione a carico del consumatore finale (Cass. cit.). Si tratta di equo contemperamento di opposti interessi che, da un lato garantisce la certezza del gettito fiscale (rapporto pubblicistico), dall’altro salvaguarda la certezza dei costi finali nella circolazione dei beni e dei servizi (rapporto civilistico).

14. Nè può dirsi che soggetto passivo, cioè chi cede beni o presta servizi, resti privo di tutela atteso che egli può bene esercitare la rivalsa, fino all’emissione dell’atto impositivo (accertamento o rettifica), integrando la fattura originaria ovvero emettendo una fattura tardiva (art.26; conf. Cass. 1212/1992 e Circ. 131/1986).

15. Si consideri, inoltre, che restano salvi, non incorrendo nel divieto di rivalsa, i pagamenti sponta-neamente effettuati dal soggetto passivo sulla base del solo processo verbale di constatazione. Nè è opponibile al fisco la buonafede del cedente/prestatore o la correlativa malafede del cessionario/committente, proprio in virtù dell’autonomia del rapporto tributario rispetto a quello civilistico.

16. Infine, il sistema dell’IVA nazionale, per conseguire l’obiettivo comunitario della Prima Direttiva del 1967 e della Sesta Direttiva del 1977 (art. 2; cfr. ora Dir. 2006/112/CE, artt. 1 e 2) di "un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei prezzi dei beni e dei servizi", non può che fondarsi, secondo lo schema della tassazione analitico aziendale, sulla presunzione assoluta di diligenza professionale del soggetto passivo nella verifica della posizione dei terzi con i quali ha operato e dai quali possono provenire dichiarazioni e/o informazioni e/o dati adoperati per la determinazione dell’imposta e della sua aliquota, della cui esattezza la parte contribuente è unica responsabile verso il Fisco.

Esattezza della quale, nella specie, era lecito dover dubitare, attese le caratteristiche obiettive del manufatto (villa), accertate dalla Guardia di Finanza.

17. Peraltro, con il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 93, – in corso di conversione – risulta agevolata, per il futuro, la rivalsa della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi che abbiano però effettuato il pagamento della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.

18. Tutto ciò comporta la cassazione della sentenza d’appello, con rinvio della causa, per nuovo esame della fattispecie concreta in forza dei suddetti principi di diritto e per la delibazione della questione sulle sanzioni dichiarata assorbita dalla CTR; il giudice di rinvio liquiderà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR – Abruzzo in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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