Cass. civ. Sez. V, Sent., 02-03-2012, n. 3286

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente propose ricorso avverso avviso di rettifica di dichiarazione doganale resa il 7.1.2004, conseguente a processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, con il quale era stata contestata l’utilizzazione, ai fini dell’importazione di banane a tasso agevolato, di certificati di importazione "Agrim" illecitamente ottenuti.

L’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con decisione confermata in esito all’appello della società contribuente, dalla commissione regionale.

In particolare, il giudice di appello riconobbe la responsabilità della società ricorrente per le violazioni contestate, in base al rilievo che la qualità da essa incontrovertitamente rivestita ed il ruolo in concreto da essa assunto nell’ambito della contestata operazione doganale, erano idonei a renderla responsabile (oltre che per le obbligazioni iva della società importatrice) anche per le violazioni doganali; negò, inoltre, il difetto di prova in merito al fraudolento conseguimento dei certificati "Agrim".

Avverso tale sentenza, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione in quattro motivi.

L’Amministrazione delle Dogane ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

Con i proposti motivi di ricorso, la società contribuente censura la decisione impugnata – in prospettiva di violazione di legge e vizio di motivazione – per aver ritenuto idoneamente provata la falsità dei certificati "Agrim", ancorchè essenzialmente basata sul recepimento di atti provenienti da Autorità estere di cui essa ricorrente non era stata diretta destinataria e alla cui formazione era restata del tutto estranea.

La società contribuente specificamente deduce: "violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, 7, 11, comma 2, Reg. C.e. 7 maggio 2001 n. 896/2001, anche in relazione alla libertà di stabilimento di cui agli artt. 49 e ss. T.F.U.E. (già artt. 43 e ss. T.C.e). Violazione dei principi in tema di effetto diretto delle norme del diritto dell’U.e. Istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267, comma 3, T.F.U.E. (già art. 234, comma 3, T.C.e.)"; "violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 2, Reg. C.e. 7 maggio 2001 n. 896/2001. Violazione dei principi in tema di effetto diretto delle norme del diritto dell’U.e. Istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267, comma 3, T.F.U.E. (già art. 234, comma 3, T.C.e.)"; "violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. e art. 9 Reg. C.e. 1073/1999 nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che la documentazione in atti e, in particolare, il rapporto 4.4.2007 redatto dall’Autorità doganale portoghese fosse dotato di valore pienamente probatorio dell’esistenza di manovre fraudolente legittimanti al disconoscimento del regime daziario applicato. Omessa e/o insufficiente motivazione"; "violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.".

Le doglianze – che, per la stretta connessione, vanno congiuntamente esaminate – sono infondate.

Al riguardo, occorre premettere che – presupponendo l’esenzione daziaria la regolarità tanto formale quanto sostanziale del certificato emesso dalla Autorità deputata al suo rilascio – il diritto al recupero sorge sia in ipotesi di falsità materiale sia in ipotesi di falsità ideologica, poichè qualsiasi certificato "inesatto" autorizza il recupero a posteriori per indebita concessione del regime preferenziale (cfr. Cass. 13980/08).

Ciò posto, deve osservarsi che i giudici del merito hanno ritenuto la falsità dei certificati "Agrim" di cui alla controversia in oggetto, sulla base degli elementi emergenti dal rapporto, trasmesso all’Ufficio europeo per la lotta antifrode dalla competente Autorità portoghese, da cui emerge che l’importatrice Rei aveva conseguito lo status di importatore non tradizionale e, con esso, l’ammissione all’agevolazione daziaria per l’importazione di banane mediante certificati "Agrim", facendo valere importazioni asseritamente effettuate nel 1998, 1999 e 2000 da società figlie già costituite in Spagna, ma sciolte e comunque inesistenti in Spagna sin dal 1997.

Deve, peraltro, considerarsi che detta valutazione, aderente alle risultanze processuali (in questa sede, peraltro, solo del tutto genericamente contrastate, con inevitabili ricadute sul piano dell’"autosufficienza" del ricorso) e in sè coerente, non appare controvertibile se non in base a un sindacato in fatto non consentito nel giudizio di legittimità. Nell’ambito di tale giudizio, non è, infatti, conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico- formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, cui restano riservati l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e, all’uopo, la valutazione delle le prove, il controllo della relativa attendibilità e concludenza e la scelta di quelle, tra le risultanze probatorie, ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. Cass. 22901/05, 15693/04, 11936/03).

Alla stregua delle considerazioni che precedono s’impone il rigetto del ricorso.

Per la soccombenza, la società contribuente va condannata alla refusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte: rigetta il ricorso; condanna la società contribuente al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 5.100,00 (di cui Euro 5.000,00 per onorario), oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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