Cass. civ. Sez. V, Sent., 02-03-2012, n. 3284

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La società Bancometalli srl. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia n. 178/10/09, depositata il 31 agosto 2009, con la quale, rigettato l’appello principale della medesima, ed accolto quello incidentale dell’agenzia delle entrate, contro quella della commissione tributaria provinciale, essa affermava che le operazioni di cessione di merce effettuate dalla contribuente nei confronti della società spagnola Ulbax Iberica andavano soggette all’imposta IVA, atteso che non erano assistite da alcun valido codice identificativo della cessionaria, il quale era risultato inesistente in capo ad essa. Inoltre nessuna verifica di quella corrispondenza era stata previamente richiesta dalla cedente, con successiva conferma al competente ufficio finanziario, sicchè la invocata esenzione inerente al preteso carattere infracomunitario di quell’operazione non poteva essere riconosciuta, anche perchè alcuna prova del pagamento di tale imposta nel Paese di trasporto della merce era stata mai fornita dalla contribuente. L’agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Motivi della decisione

2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, nonchè vizi di motivazione, in quanto il giudice di appello non considerava che nessuna conseguenza negativa è prevista per la mancata esattezza del codice identificativo indicato dalla cessionaria spagnola, e che non spettava alla contribuente previamente verificare, ciò anche perchè l’errore era da imputare ad un "disallineamento" tra Registro Mercantile spagnolo e il sistema c.d. VIES. Il motivo è infondato, posto che in tema di IVA, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti, recuperando l’imposta non versata, la non imponibilità – ai sensi del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 41, comma 1, lett. a), prima parte, convertito nella L. 29 ottobre 1993, n. 427 – della cessione intracomunitaria di beni a titolo oneroso, per difetto del presupposto dell’introduzione dei beni ceduti nel territorio di altro Stato membro, grava sul cedente la prova dei fatti costitutivi del diritto, che intende far valere in giudizio, di fruire della deroga agevolativa rispetto al normale regime impositivo. Nè è sufficiente, a tal fine, la prova di aver richiesto ed ottenuto la conferma della validità del numero di identificazione attribuito al cessionario da altro Stato membro, ex art. 50, commi 1 e 2, del D.L. citato, e di avere indebitamente indicato tale numero nella fattura emessa ai sensi dell’art. 46, comma 1, del medesimo testo normativo, trattandosi dell’adempimento di obblighi formali prescritti per agevolare il successivo controllo ed evitare atti elusivi o di natura fraudolenta, ed occorrendo invece – avuto riguardo alla espressa previsione del D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, lett. a), secondo cui la cessione non imponibile si realizza mediante il trasporto o la spedizione dei beni nel territorio di un altro Stato membro – la prova dell’effettiva destinazione dei beni ceduti nel territorio dello Stato membro in cui il cessionario è soggetto di imposta, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 20575 del 07/10/2011, n. 21956 del 2010).

3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di norme di legge e vizi di motivazione, giacchè il giudice di appello non considerava che nessuna prova la Bancometalli doveva fornire circa il pagamento dell’Iva in Spagna da parte della Ulbax Iberica, atteso che all’uopo bastava solo che era pacifico che gli argenti erano stati acquistati per essere trasportati in un Paese infracomunitario, e cioè la Spagna.

Si tratta all’evidenza di censura che rimane assorbita dal motivo testè esaminato.

4. Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge e vizi di motivazione, poichè il giudice di secondo grado non considerava che la cedente non era tenuta a provare il pagamento dell’Iva in Spagna da parte della cessionaria, essendo incontestato che le merci erano state trasportate in Spagna.

Anche tale doglianza rimane assorbita dal primo motivo.

5. Col quarto motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge e vizio di motivazione, in quanto la CTR non considerava che l’errore in cui la contribuente era incorsa era dovuto al cattivo funzionamento del sistema informatico fiscale spagnolo, e quindi si trattava di buona fede che escludeva ogni responsabilità ai fini della sanzione, per la quale peraltro il relativo punto della decisione di primo grado era passato in giudicato, perchè non specificamente impugnato.

Il motivo è inammissibile, perchè generico, poichè non riporta il tratto dell’appello incidentale che investiva la relativa statuizione del primo giudice, ed inoltre è nuovo perchè dedotto per la prima volta dinanzi al giudice di legittimità circa il preteso passaggio in giudicato del capo della sentenza di primo grado attinente al trattamento sanzionatorio.

Quindi anche in rapporto a tali corrette valutazioni giuridiche, le doglianze della contribuente non riescono ad intaccare quelle del giudice del gravame, onde queste vanno complessivamente condivise, con il conseguente rigetto del ricorso.

Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore della controricorrente, e che liquida in complessivi Euro 6.000,00 (seimila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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