Cass. civ. Sez. V, Sent., 02-03-2012, n. 3281

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato all’AGENZIA delle DOGANE ("già MINISTERO delle FINANZE"), la s.p.a. ICMET METALLI – premesso che: (a) con atto di citazione notificato il 2 novembre 2000 aveva chiesto al tribunale di Genova di annullare "l’ingiunzione… del 4 settembre 2000" con cui l’allora "dipartimento delle dogane" di detto Ministero, ritenendo "la materia prima proveniente dalla Cina" ("come tale soggetta al dazio"), aveva chiesto il "pagamento del dazio antidumping… per alcune importazioni di silicio metallico proveniente da Hong Kong ma di origine Australia, acquistato da… società… con sede in Regno Unito"; (b) "nella comparsa di risposta… l’amministrazione, a sostegno della provenienza cinese del silicio, affermava la falsità dei certificati di origine nn. 110210, 100098 e 110581 come dichiarato dalla Camera di Commercio di Sidney"; "il Servizio Compartimentale Antifrode Doganale (SCAD)… conduceva ulteriori indagini" ("sia presso l’esportatore estero e sia presso gli agenti marittimi che avevano curato il trasporto") "giungendo alla conclusione che tutto il silicio metallico importato (da essa) ICMET METALLI spa era di origine cinese" -, in forza di tre motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 1383/07 della Corte di Appello di Genova (depositata il 24 dicembre 2007) che aveva respinto il suo appello avverso la sfavorevole decisione con cui il Tribunale del capoluogo ligure l’aveva condannata a "corrispondere all’Agenzia delle Dogane… la somma indicata nell’invito al pagamento datato 4 settembre 2000".

L’Agenzia intimata instava per il rigetto del gravame e depositava memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

p.1. La sentenza impugnata.

La Corte di Appello ha respinto il gravame della società (testualmente) osservando:

– "nessuna norma comunitaria può ovviamente prevedere la partecipazione dell’importatore al procedimento che si svolge per la verifica e attestazione della regolarità delle certificazioni della provenienza di merci in paesi terzi" per cui "all’importatore non resta che prendere atto delle dichiarazioni di esattezza o inesattezza dell’origine dichiarata, o della genuinità o falsità materiale del certificato provenienti da tali autorità, e rivalersi sulle stesse autorità o sui soggetti esportatori";

– "le attestazioni di falsità di apparenti certificazioni provenienti da una autorità doganale hanno piena validità a giustificare la contabilizzazione del tributo qualora ne emerga a posteriori la sussistenza dei presupposti, come… avviene nel caso, come quello in questione, in cui la sua iniziale esclusione derivasse dall’attribuzione alla merce di una falsa provenienza da paesi fruenti di agevolazioni risultanti da false certificazioni di provenienza";

– "il ragionamento probatorio del primo giudice" in ordine alla provenienza cinese della merce (desunta del "transito" della stessa "da Hong Kong") "è condotto sulla base di plurimi elementi e con corretto utilizzo della prova presuntiva, in quanto prende in considerazione non soltanto la vicinanza geografica e il fatto che la Cina è un produttore di silicio (ed altri non ne constano altrettanto commercialmente organizzati nelle vicinanze di Hong Kong), ma anche i soggetti coinvolti, sia come fornitori comunitari che esteri, coinvolti in altre forniture importate dalla ICMET in commerci di silicio dalla Cina": "dall’insieme di tutti questi elementi", quindi, detto giudice "desume come corretta conseguenza di verosimiglianza che la provenienza della merce sia la Cina". p.2. Il ricorso della contribuente.

Questa censura la decisione con tre motivi.

A. Con il primo la società – richiamato "quanto affermato in punto di asserita falsità dei certificati de quibus dal P.M…. a sostegno della richiesta di archiviazione datata 17 settembre 2007 ed accolta dal G.I.P. il… 7 novembre 2007" – denunzia "omessa motivazione circa l’asserita falsità dei certificati di origine del silicio importato (art. 360 c.p.c., n. 5 sostenendo che essere la "motivazione" della sentenza impugnata:

– "insufficiente laddove afferma che nessuna norma comunitaria possa "ovviamente" prevedere la partecipazione dell’importatore al procedimento per la verifica e attestazione della genuinità dei certificati di origine e non considera… ed omette di giustificare tale assunto con gli indirizzi giurisprudenziali richiamati" dal P.M. detto;

– "assolutamente carente laddove non da giustificazione circa la mancata inclusione tra i certificati di origine dichiarati falsi dalla Camera di Commercio di Sidney di quelli recanti i nn. 100098, 110210 e 110581" (essendo presente "nel carteggio tra l’Agenzia… e l’autorità straniera… unicamente il riferimento al certificato 100098"), ovverosia di "circostanze contestate… in sede di giudizio di appello (… comparsa conclusionale)".

B. Con la successiva doglianza la ricorrente denunzia "omessa motivazione circa la origine e provenienza del silicio importato (art. 360 c.p.c., n. 5" (a) indicando ("alla luce del nuovo art. 366 bis c.p.c.") "i fatti controversi circa i quali la Corte di Appello…ha omesso di dare contezza delle ragioni a fondamento della decisione circa la falsità dei certificati di origine del silicio importato e circa la provenienza ed origine dello stesso" e (b) assumendo che il "giudice del merito" ha "trascurato una circostanza obiettiva acquisita alla causa", ovverosia "la prova scritta rappresentata dal carteggio intercorso tra l’amministrazione doganale e l’autorità straniera in merito alla richiesta di verifica di alcuni certificati di origine (cfr. lettera datata 8 agosto 1991.

C. Nella terza (ultima) doglianza la società – e-sposto che "la Corte di Appello…, al fine di avallare la equazione "transito della merce da Hong Kong" uguale "provenienza dalla Cina" compiuta dal giudice di primo grado, adduce il corretto utilizzo della prova per presunzioni" avendo ritenuto "il ragionamento "condotto sulla base di plurimi elementi"…: 1) nella vicinanza geografica (…); 2) nella circostanza per cui la Cina è un produttore di silicio (…); 3) nei soggetti, fornitori… già coinvolti in altre forniture importate (da essa) ICMET… dalla Cina" – lamenta "violazione e falsa applicazione della norma… contenuta nell’art. 2729 c.c.", concluse con il "quesito di diritto":

– "accerti la… Corte se, nel caso de quo, i fatti" ("1) vicinanza geografica tra Hong Kong e Cina; 2) la Cina è un produttore di silicio; 3) altri rapporti (commerciali intercorsi tra i fornitori ed Icmet Metalli spa relativamente a merce sempre proveniente dalla Cina") "posti a fondamento del ragionamento presuntivo condotto dal giudice di merito siano gravi, precisi e concordanti";

– "accerti ulteriormente se il ragionamento presuntivo rappresentato… con particolare riferimento al dedotto transito della merce dal porto di Hong Kong discenda da fatti certi ovvero costituisca violazione della cd. praesumptio de praesmpto". p.3. Le ragioni della decisione.

Il ricorso – al quale, siccome relativo a sentenza depositata il 24 dicembre 2007, quindi dopo il 2 marzo 2006 (e prima del 4 luglio 2009, giorno della sua abrogazione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d)), si applica (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2) l’art. 366 bis c.p.c. (inserito dall’art. 6 dello stesso D.Lgs. n. 40) – deve essere respinto.

A. Il primo motivo – con cui (come esposto) si denunzia "omessa motivazione circa l’asserita falsità dei certificati di origine del silicio importato (art. 360 c.p.c., n. 5" – è inammissibile perchè la doglianza, in evidente violazione dell’art. 366 bis detto, è materialmente priva della "chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria" e/o delle "ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione", ovverosia del "momento di sintesi" finale, indispensabile, per detta norma, in ipotesi di denunzia di uno dei vizi motivazionali previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5: ogni censura di "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione" (art. 360 c.p.c., n. 5) della sentenza impugnata, infatti (Cass., 1, 20 ottobre 2008 n. 25452, la quale menziona "sezioni unite, sent. n. 20603 del 2007"), "deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità".

La censura, peraltro, è comunque infondata perchè il giudice di appello non ha affatto omesso la "motivazione" sugli "indirizzi giurisprudenziali" che si assumono "richiamati" (ovviamente ai fini del processo penale, diversi da quelli del giudizio tributario, retto da regole probatorie diverse) dal Pubblico Ministero presso il tribunale di Genova ("secondo una prima interpretazione… la falsità materiale dei certificati di origine sarebbe sufficientemente dimostrata sulla base delle comunicazioni provenienti dall’Autorità straniera competente, acquisibili come documenti e riferite dal funzionario doganale"; "secondo altra interpretazione… queste comunicazioni non sarebbero fonti di prova idonee a dimostrare la falsità dei certificati poichè acquisiti senza la garanzia del contraddittorio"): dai brani testuali della motivazione della sentenza impugnata riportati al p. 1, infatti, emerge chiaramente che la corte genovese ha condiviso quella che è stata indicata come la "prima interpretazione" avendo (1) escluso la giuridica necessità ("nessuna norma comunitaria può… prevedere") di partecipazione dell’importatore al procedimento di "verifica e attestazione della regolarità delle certificazioni della provenienza di merci in paesi terzi" (quindi la "garanzia del controddittorio") e (2) affermato che "le attestazioni di falsità di apparenti certificazioni provenienti da una autorità doganale hanno piena validità a giustificare la contabilizzazione del tributo qualora emerga a posteriori la sussistenza dei presupposti", donde la univoca sufficienza, ai fini della prova della falsità materiale dei certificali di origine", "delle comunicazioni provenienti dall’Autorità straniera competente" (peraltro, la società, la quale a pag. 2 del suo ricorso per cassazione scrive avere "il giudice di primo grado… osservato esse rei "stato documentalmente provato… che la Camera di Commercio Statale Australiana…ha attestato la falsità di tutti i certificati di origine, inviabile per il controllo a posteriori, ivi compresi i tre relativi alla importazione di silicio per cui è causa", si è limitata a ricordare che "avverso tale sentenza proponeva appello ICMET METALLI spa chiedendo la riforma della decisione di primo grado", senza indicare (come impone l’art. 366 c.p.c.) i motivi specifici di appello, in particolare l’avvenuta devoluzione alla corte territoriale di apposita e ragionata doglianza di contestazione della falsità di almeno alcuni del "certificati di origine, inviabile per il controllo a posteriori, ivi compresi i TRE relativi alla importazione di silicio per cui è causa").

Siffatte esclusione ed affermazione non risultano ulteriormente scalfite, in alcun modo, dalla doglianza in esame e da tanto discende che la falsità di tutti i tre "certificati di origine… relativi alla importazione di silicio per cui è causa" deve considerarsi ormai irreversibilmente accertata.

B. Anche la "violazione e falsa applicazione della norma… contenuta nell’art. 2129 cod. civ." denunziate dalla ricorrente si rivelano insussistenti.

B.1. Lo scrutinio della doglianza impone di ricordare che (come evidenziato dalla Corte di Giustizia CE nella sentenza 11 febbraio 2010 in causa 0373/08) "il Consiglio" comunitario, a "difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità Europea", "con il regolamento (CEE) 27 luglio 1990, n. 2200 (…)", "ha istituito per la prima volta un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silicio metallico originario della Cina": l’origine cinese del "silicio metallico" importato, quindi, integra elemento costitutivo della specifica fattispecie impositiva per cui, giusta i principi generali ex art. 2697 cod. civ., la prova della sua sussistenza incombe all’amministrazione finanzia, la quale può anche ricorrere alle "presunzioni semplici" previste dall’art. 2729 cod. civ. (di cui la contribuente denunzia la "violazione e falsa applicazione").

In "tema di prova per presunzioni", come noto (Cass., 2, 13 novembre 2009 n. 24134, ex multis, la quale richiama "Cass., Sez. 1, 1 febbraio 2001, n. 1404; Cass., Sez 2, 6 settembre 2002, n. 12980"), "è compito del giudice del merito valutare in concreto l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva"; " il suo apprezzamento", come del pari chiarito, "none sindacabile in sede di legittimità" se "sostenuto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico".

B.2. Nel caso, tenuto conto della ragioni che hanno indotto la comunità Europea ad istituire il dazio in questione (avendo il "ventisettesimo considerando del regolamento n. 398/2004" enunciato che il "confronto" tra la "media ponderata dei valori normali e la media ponderata dei prezzi all’esportazione" aveva "dimostrato l’esistenza di pratiche di dumping" da parte della Cina: cfr. punto 16 della citata sentenza del giudice comunitario) nonchè della peculiarità della merce ("silicio metallico") importata (di cui, come riconosce la stessa contribuente, "la Cina è un produttore") – del quale non viene neppure allegata la produzione da parte di paesi limitrofi ad "Hong Kong" diversi dalla "Cina" – gli elementi ("vicinanza geografica tra Hong Kong e Cina"; "la Cina è un produttore di silicio"; "altri rapporti commerciali intercorsi tra i fornitori ed Icmet Metalli spa relativamente a merce sempre proveniente dalla Cina") considerati dalla corte territoriale – per la univoca loro "inferenza probabilistica", per l’assenza, in essi, di "inferenze probabilistiche plurime" nonchè per la mancanza di "elementi probatori dissonanti" (cfr. Cass., 3, 26 giugno 2008 n. 17535, la quale precisa in proposito che "il ragionamento del giudice di merito è censurabile" in sede di legittimità (a) "in riferimento al requisito della gravità, tutte le volte che essa manchi, perchè difetta la cd. inferenza probabilistica"; (b) "con riguardo a quello della precisione, tutte le volte in cui la presunzione presenti inferenze probabilistiche plurime e non la sola assunta dal giudice di merito" e (c) "rispetto alla concordanza, quando vi siano elementi probatori dissonanti rispetto alla presunzione") – hanno tutti i caratteri richiesti dall’art. 2727 cit. e, quindi, correttamente la corte territoriale li ha considerati probatori della o-rigine cinese del silicio metallico falsamente dichiarato dalla s.p.a. ICMET METALLI come importato dall’Australia.

B.3. Non è compito, infine, di questo giudice di legittimità accertare ("accerti") – come chiesto dalla ricorrente nel secondo punto del "quesito di diritto" conclusivo del motivo in esame – se "il ragionamento presuntivo rappresentato… con particolare riferimento al dedotto transito della merce dal porto di Hong Kong discenda da fatti certi ovvero costituisca violazione della cd. praesumptio de praesumpto" atteso che l’accertamento fattuale del "transito della merce dal porto di Hong Kong" è istituzionalmente riservato al giudice del merito e, comunque, che in ordine allo stesso la ricorrente (in violazione degli artt. 366 e 366 bis c.p.c.) non ha nemmeno indicato gli elementi fattuali da cui detto giudice avrebbe tratto la prova positivo del "transito" in questione onde non è possibile stabilire se gli stessi avessero natura presuntiva. p.4. Delle spese del giudizio di legittimità.

Per la sua totale soccombenza la ricorrente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., è tenuta a rifondere all’Agenzia le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate – assumendo a parametro di riferimento le vigenti tariffe professionali forensi in osservanza del secondo comma del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9 ("Disposizioni urgenti per la concorrenza, io sviluppo delle infrastrutture e la competitivita", in Supplemento ordinario n. 18 alla GURI n. 19 del 24 gennaio 2012, in vigore dal 24 gennaio 2012, il cui comma 1 ha espressamente abrogato "le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico") secondo cui "nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante" -nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società a rifondere all’Agenzia le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2012

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