Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-07-2011) 05-10-2011, n. 36149 Falsità materiale in certificati e autorizzazioni amministrative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 23 giugno 2010 la Corte d’Appello di Messina, confermando la decisione assunta dal giudice dell’udienza preliminare presso il locale Tribunale in esito al giudizio abbreviato, ha riconosciuto V.G. responsabile del delitto di cui all’art. 497 ter c.p., per avere formato un falso tesserino di riconoscimento per appuntati e carabinieri.

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente ripropone la linea difensiva basata sull’anteriorità del fatto rispetto alla genesi della norma incriminatrice; rileva che l’art. 197 ter c.p. è stato introdotto nell’ordinamento solo il 27 febbraio 2006, con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della L. 21 febbraio 2006, n. 49; su tale presupposto deduce l’irrilevanza penale del fatto, in rapporto alla normativa vigente all’epoca della sua commissione.

Col secondo motivo denuncia carenza motivazionale in ordine alla modulazione della pena.

Merita accoglimento la censura che informa il primo motivo, dovendosene peraltro trarre conseguenze diverse da quelle prospettate dal ricorrente.

E’ esatta l’affermazione secondo cui la collocazione cronologica del fatto è anteriore all’introduzione nell’ordinamento giuridico del reato di cui all’art. 497 ter c.p.. Tale effetto, invero, non si è prodotto con l’emissione del D.L. n. 272 in data 30 dicembre 2005, il cui testo nulla recava sull’argomento; solo con la Legge di Conversione 21 febbraio 2006, n. 49 (correttamente citata dalla Corte d’Appello, che tuttavia non ha colto il carattere innovativo delle modificazioni con essa apportate), e precisamente nel corpo delle modifiche raccolte in un apposito allegato, è stato inserito nel menzionato Decreto-Legge l’art. 1 ter: il cui comma 1, lett. b), a sua volta ha modificato il testo di un precedente D.L. 27 luglio 2005, n. 144, già convertito nella L. 31 luglio 2005, n. 155, aggiungendovi l’art. 10 bis del seguente tenore: "1. Dopo l’articolo 497-bis c.p., è inserito il seguente: art. 497-ter. (Possesso di segni distintivi contraffatti). Le pene di cui all’articolo 497-bis si applicano anche, rispettivamente: 1) a chiunque illecitamente detiene segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero oggetti o documenti che ne simulano la funzione; 2) a chiunque illecitamente fabbrica o comunque forma gli oggetti e i documenti indicati nel numero precedente, ovvero illecitamente ne fa uso".

Orbene, poichè la citata Legge Di Conversione 21 febbraio 2006, n. 49 è entrata in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, e cioè il 28 febbraio 2006, ne consegue l’inapplicabilità ratione temporis dell’art. 497 ter c.p. alla fattispecie per cui si procede, verificatasi il 21 febbraio 2006.

Ciò tuttavia non significa che il fatto ascritto all’odierno ricorrente debba andare esente da pena; esso, infatti, era già punibile in precedenza in quanto integrante il delitto di cui agli artt. 477 e 482 c.p., concretandosi in esso la falsificazione di un documento d’identificazione rilasciato dalla pubblica amministrazione e appartenente, come tale, al novero dei certificati amministrativi (cfr., in tema di carta d’identità, Cass. 28 settembre 2006 n. 508/07; Cass. 23 agosto 1990 n. 12280).

La sentenza impugnata risulta, conseguentemente, viziata da erronea qualificazione del fatto; e, poichè alla corretta qualificazione dianzi indicata consegue l’applicazione di una pena diversamente dimensionata nella sua misura edittale, la cui concreta modulazione richiede un apprezzamento che è proprio del giudice di merito, l’annullamento va disposto con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, affinchè ridetermini il trattamento sanzionatorio: così restando assorbito il secondo motivo di ricorso.

P.Q.M.

la Corte, qualificato l’addebito come reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p., annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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