Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-06-2011) 05-10-2011, n. 36180 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 14.8.2010 il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza di custodia cautelare In carcere emessa il 9 giugno 2010 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, a carico di P.D., in ordine:

– al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., quale partecipe all’associazione a delinquere di tipo mafioso, ‘ndrangheta, denominata cosca Buda-Imerti unitasi a quella degli Zito-Bertuca, operante nei comuni di Villa San Giovanni, Fiumara di Muro e territori vicini, in provincia di Reggio Calabria, con riferimento al periodo compreso tra il (OMISSIS) (capo D);

– ai reati di cui agli artt. 81, 110, 353 e 629 cod. pen., aggravati ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 per avere – in concorso con I.A., Pa., F. e B.S., G. B.V. e con Ba.Do. – fatto allontanare con violenza e minaccia e avvalendosi della appartenenza mafiosa, altri offerenti dalle aste immobiliari tenutesi nel novembre 2005 e nell’ottobre 2007, aventi ad oggetto beni provenienti da fallimento e che la cosca Buda-Imerti intendeva far acquistare a soggetti ad essa collegati ed, in particolare, a Ba.Do.; aste conclusesi, in sostanziale assenza di concorrenti e con minimi rialzi: la prima con l’aggiudicazione di diciassette lotti all’avvocato T.A.M., moglie del G.B., e con il trasferimento di sedici di tali lotti, aggiudicati per conto di persone da nominare, al Ba., al marito della predetta, alla convivente del P. e ad altri soggetti legati ad esponenti della cosca; la seconda, avente ad oggetto i cinque immobili già assegnati al Ba. e da questo non pagati in tempo, con analoga aggiudicazione all’avvocato T. e trasferimento da questa al Ba. che, a sua volta, corrispondeva somme di danaro ad I.A., B.P. e P.D. (capo Q).

2. A sostegno della decisione il tribunale ha addotto, in primo luogo che poteva dirsi accertata l’esistenza della cosca Buda-Imerti, operante in Villa San Giovanni, alleata della famiglia Condello e retta da I.A., cl. (OMISSIS), cugino e successore di An.Im.cl.(OMISSIS).fe.e.gi.pr.

d.g.d.m.s.t.r.d.i.2.

g.e.1.f.2.c.r.q.e.i.

p.d.e.e.s.q.e.

d.c.i.(.p.s.r.a.

t. B.P. e P.D.) la perdurante attività della cosca (ed il ruolo esercitato, in essa dal latitante C.D., cugino del C.P. e cognato di "(OMISSIS)", esecutore dell’omicidio D.S., nonchè dai fratelli Pa. e B.N.).

Evidenziava, quindi, il giudice del riesame che in detto contesto si collocavano le condotte contestate al P. tra le quali la vicenda oggetto della imputazione di cui al capo Q). Secondo il Tribunale, doveva condividersi la valutazione del primo giudice con specifico riferimento all’indagato P.. La disamina delle intercettazioni captate nell’anno 2007 evidenzia la sussistenza di un consolidato rapporto illecito tra i soggetti interessati all’asta dell’anno 2007 ed in particolare tra Bu.Pa., I. A., P.D., Ba.Do.. Tali soggetti di erano interessati ed impegnati a monopolizzare l’asta dell’anno 2007 allontanando illecitamente gli altri soggetti interessati a parteciparvi. La circostanza che si tratta degli stessi soggetti che, pur attraverso lo schermo di altre persone ad essi legati, erano destinatari finali dei lotti di aggiudicati all’asta all’avvocato T., unita alla strettissima correlazione delle vicende relative all’asta induce a ritenere che entrambe le procedure esecutive fossero state interamente controllate e gestite dalla cosca Buda-Imerti. In tale contesto, ad avviso del tribunale, l’indagato, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, partecipava con un apporto causale evidente alla vicenda. Secondo quanto emerso dalle parole del B., era proprio l’indagato ad allertare i sodali sui problemi insorti all’esito dell’asta dell’anno 2005, inducendoli ad intervenire per risolvere la questione; del resto era lo stesso B. a rivendicare il ruolo di partecipe del P. nell’affare usando espressioni che attestano inequivocabilmente l’appartenenza dell’indagato al contesto criminale in termini tali da configurarne la piena intraneità all’associazione contestata.

3 Avverso la predetta ordinanza il P. ha proposto ricorso, personalmente, denunciando quanto segue.

3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed c), in relazione all’art. 273 cod. proc. pen., avuto riguardo ai reati di cui agli artt. 353 e 629 cod. pen..

In primo luogo si contesta che dagli elementi indicati nell’impugnata ordinanza possa derivare un quadro indiziario grave In ordine alla partecipazione all’attività di condizionamento che sarebbe stata posta in essere nei confronti del F. e del b. al fine di dissuadere i predetti e partecipare all’asta giudiziaria per consentire l’aggiudicazione della stessa al Ba.; invero, gli elementi indicati al più potrebbero dimostrare la sussistenza di un comune interesse economico con gli altri indagati. Del resto dalle conversazioni indicate emergeva che a seguito dell’affermazione del B. in ordine alla circostanza che l’Indagato avrebbe partecipato all’operazione, vi era stata la chiara indicazione del Ba. che aveva negato detta circostanza. Risulta, invero, indimostrato:

che il ricorrente abbia mai saputo dell’esistenza di una concorrenza nell’aggiudicazione della asta; che abbia mai rafforzato le intenzioni dei coindagati di ottenere tale aggiudicazione; che si sia mai servito del proprio presunto ruolo di intraneo al sodalizio mafioso al fine di ottenere tale risultato; che fosse stato a conoscenza della data dell’asta, delle condizioni e delle circostanze di partecipazione della stessa. Risulta, inoltre, del tutto in dimostrata la sussistenza della consapevolezza da parte del ricorrente in ordine alle vicende in contestazione.

3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed c), in relazione all’art. 273 cod. proc. pen., con riferimento all’art. 416-bis cod. pen..

Ad avviso del ricorrente, dalle conversazioni specificamente indicate nell’ordinanza impugnata non emerge alcun elemento che possa connotare la gravita indiziaria in ordine alla partecipazione all’associazione mafiosa. A dimostrazione di ciò il ricorrente contesta specificamente il significato del contenuto di ciascuna di esse, rilevando che si tratta di conversazioni riconducigli a rapporti e vicende personali. Ben poteva, peraltro, essere a conoscenza di alcune vicende per ragioni diverse dall’appartenenza al sodalizio, quale il rapporto di amicizia con il B..

Del tutto apodittica, inoltre, deve ritenersi la valutatone del significato della partecipazione del ricorrente ad incontri con esponenti della cosca. Non si comprende in forza dei quali argomentazioni si assuma che tali incontri avessero natura illecita o comunque avessero ad oggetto questioni anche solo Indirettamente dimostrative del fatto che partecipi fossero inseriti nel sodalizio mafioso.

4. Con atto depositato l’1.6.2011, l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto nuovi motivi con i quali si ribadiscono ulteriormente le predette censure.

Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

Il tribunale ha attentamente analizzato, con motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici, le risultanze probatorie disponibili ed ha desunto la gravita degli indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui dell’artt. 416 bis, 81 cpv. e 110 c.p., art. 353 c.p., comma 1, art. 629 c.p., comma 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, nn. 1 e 3, art. 61 c.p., n. 7, D.L. n. 152 del 1991, art. 7 dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, dai servizi di osservazione e pedinamento svolti, dalla documentazione acquisita concernente le procedure di svolgimento delle aste giudiziarie presso il Tribunale di Reggio Calabria, ufficio esecuzioni Immobiliari.

In particolare, il provvedimento impugnato evidenziava l’operatività di un articolato sodalizio di stampo mafioso, dedito alla commissione di reati e al capillare controllo degli appalti pubblici e delle attività economico-produttive, caratterizzato da un forte radicamento sul territorio calabrese, da un’organizzazione gerarchica, all’interno della quale il ricorrente, che rivestiva un ruolo di primario rilievo, forniva un pieno e consapevole contributo causale all’operatività dell’associazione, da tempo adusa ad avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento e di omertà, per la commissione di una serie di reati, al fine di realizzare il controllo capillare del territorio e di conseguire ingenti profitti illeciti, funzionali, da un lato, ad accrescere la potenza del gruppo e, dall’altro, a provvedere al mantenimento in carcere degli associati detenuti.

Ha, quindi, messo in luce quanto alle condotte contestate al P., tra le quali la vicenda oggetto della imputazione di cui al capo Q):

a) che il 29.11.2005 l’avvocato T.A.M. s’era aggiudicata, con un prezzo di poco superiore a quello base, 17 lotti del fallimento Tortorella, battuti nell’asta dell’ufficio esecuzioni immobiliari del Tribunale di Reggio Calabria: di questi uno rimasto alla predetta, cinque trasferiti a Ba.Do., cinque al marito, uno alla convivente del P., uno a B. F., fratello di Pa., due a B.G. figlio di S., uno, infine, a tale Sa.An. legato alla famiglia B., tutti soggetti legati in qualche modo alla famiglia mafiosa Buda-Imerti;

b) che si era verificato che il Ba. non era riuscito a versare nei termini il residuo prezzo e gli immobili a lui destinati erano stati, di conseguenza, nuovamente messi all’asta ed erano stati ancora una volta aggiudicati all’avvocato T. che li aveva poi trasferiti al Ba.;

c) che alcune conversazioni intercettate tra maggio e settembre 2007 dimostravano (pag. 12 e ss.): l’interessamento di G.B. allo svolgimento senza pubblicità di precedenti aste e alla necessità di mantenere le future "sotto controllo" (ambientale 23.5.2007 tra il predetto ed il Ba.); l’interessamento, in tale ottica, di G.B. a che il Ba. contattasse tale F.D., intenzionato a partecipare all’asta, per dissuaderlo (ambientale 9.6.2007); l’interessamento, anche economico, dell’ I. e del P. (il Ba. ritiene preferibile lasciare fuori per quest’ultimo, ma il B. gli spiega che anche lui doveva partecipare all’affare perchè così avevano pattuito in precedenza "ma lui è cosa nostra … Lui ha portato questa valutazione … l’ha portata a lui" all’acquisizione degli immobili da parte del Ba., la volontà di limitare l’affare alla "gente del locale di (OMISSIS)", la promessa di un "intervento" la mattina della gara su eventuali altri concorrenti, gli inviti dissuasivi già rivolti da parte del B., I. e P. a tale b.p. e al F. (ambientale 19.6.2007 tra Bu.Pa. e Ba.);

e) che il 22.6.2007 (pag. 16 e ss.) era stato osservato dagli investigatori l’arrivo presso l’abitazione del Ba. di Bu.Pa. e I.A., e che dalle conversazione intercettate nello stesso giorno emergeva che l’incontro era stato organizzato anche dal P. per chiarire i termini del guadagno da assegnare ai tre in anticipo rispetto alla vendita degli appartamenti; da dette conversazioni risultava, inoltre, che il Ba. aveva spiegato agli esponenti della cosca i termini dei problemi da lui incontrati e risolti (anche grazie all’intervento di tale avvocato c.) per la liberazione dalle ipoteche e per i finanziamenti; le successive conversazioni del 28.6.2007 dimostravano che Ba. aveva a tale data pagato al B. una prima parte del compenso pattuito (sul quale pareva avere avuto uno "sconto"), riservando al giorno successivo il residuo, mentre le successive conversazioni tra Bu.Pa. e Ba. (del 29.6.2007) consentivano di ritenere che l’intero compenso era stato effettivamente versato, il Ba. mostrandosi compiaciuto della sua puntualità, e che i due fissavano un appuntamento alle ore, 8,30 del giorno successivo;

f) che dagli accertamenti effettuati presso il Tribunale era emerso che il 3 luglio 2007, alla gara di aggiudicazione dell’asta, si erano presentati l’avvocato T. e l’avvocato b.a., interessato per persona da nominare a due lotti, e che l’asta non s’era svolta perchè il giudice aveva rilevato che gli adempimenti pubblicitari non erano regolari, rinviando al 16 ottobre 2007;

g) che nella conversazione del 15.9.2007 Bu.Pa. diceva al Ba. che era necessario trovare l’indirizzo del b. e che lo si doveva "frenare", emergendo che il B. aveva avuto assicurazione da parte di C.A. di un Intervento sull’avvocato ma aveva comunque intenzione di stabilire con lui un contatto diretto; nella stessa conversazione i due parlavano di dazioni di denaro, di rapporti di "lavoro" (il Ba. chiarendo che senza l’appoggio del B.non avrebbe fatto nulla) di una somma di denaro da consegnare a tale L.P., già coinvolto dal Ba. nella vicenda relativa ad una lettera di minacce ricevuta dall’ingegnere V. per appalti comunali, e ritenuto il principale collettore degli appalti per Reggio Calabria;

h) che il giorno 16 ottobre 2007 si era svolta l’asta, il b. non si era ripresentato, i cinque appartamenti erano stati aggiudicati alla T. per persona da nominare per circa 258 mila euro complessivi; il 13 dicembre veniva emesso il decreto di trasferimento in favore del Ba..

Il tribunale, quindi, dava atto delle ulteriori emergenze che integravano il quadro indiziario a carico dell’indagato in ordine alla contestazione di partecipazione all’associazione mafiosa. In specie, viene richiamato il contenuto delle conversazioni: dell’I dicembre 2006, del 4 dicembre 2006, del 21 gennaio 2007 e 6 febbraio 2007 intercettate a bordo del veicolo in uso al B. nelle quali dialogano direttamente il B. e l’indagato e dalle quali si rileva come il B., personaggio di spicco della cosca, era solito discorrere proprio con il P. di vicende di rilievo coinvolgenti i rapporti e equilibri tra le cosche mafiose delle quali l’indagato mostrava di avere piena conoscenza (quella del 6.2.2007, tra Bu.Pa. e P.D. dalla quale emergeva il generale contesto criminale attestatosi nella provincia occidentale di Reggio Calabria, nella seconda metà della prima decade degli anni 2000, caratterizzato da un faticoso impegno per la pacifica convivenza delle varie cosche; in tale contesto i due interlocutori discutevano delle conseguenze della attesa scarcerazione del b. che, infatti, fu scarcerato proprio il 6.2.2007).

Veniva, altresì, richiamata la conversazione del 18/5/2007 tra Bu.Pa. e Ci.An., nel corso della quale risultava che P.D. era il custode dei beni del B. e a proposito di un litigio tra il P. e C. G. affermava che il primo aveva dalla sua parte solo G. B. e un altro.

Inoltre, veniva sottolineato che il P. aveva un rapporto privilegiato non soltanto con il B., ma anche con I. A. come si desume anche dalla accertata partecipazione dell’indagato a frequenti incontri tra gli esponenti della cosca. In ordine a tale emergenza, il tribunale riteneva infondata la prospettazione difensiva volta a ridimensionarne il significato, evidenziando la rilevanza dei ripetuti incontri tra soggetti risultanti a pieno titolo inseriti nella cosca indipendentemente dalle ragioni di detti incontri.

E’ opportuno ribadire, altresì, che "gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni". (Sez. 4, n. 22391, del 02/04/2003, Quehalliu Luan, rv. 224962). Tanto vale anche nel caso di conversazioni tra terzi cui non partecipa l’indagato dalle quali ben possono trarsi elementi dai quali desumere un idoneo compendio indiziario senza la necessità di riscontri esterni. Di tal che, le circostanze riferite dai dialoganti nelle conversazioni intercettate devono essere valutate esclusivamente sulla base delle regole e dei criteri generali per lo scrutinio dei presupposti di gravità indiziaria di cui all’art. 273 cod. proc. pen..

Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di P. in ordine a tutti i delitti a lui contestati.

Di talchè, considerato che la valutazione compiuta dal tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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