Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 05-10-2011, n. 36163 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Milano in sede di appello, con ordinanza del 16 novembre 2010, ha confermato l’ordinanza del 21 settembre 2010 del GIP del medesimo Tribunale con la quale veniva respinta la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di P.I., indagato per i delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta, di bancarotta fraudolenta per distrazione e di formazione fittizia di capitale aggravata dal fine di favorire l’associazione mafiosa.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, lamentando:

a) la violazione di legge e la contraddittorietà di motivazione in ordine alla permanenza dei presupposti della misura cautelare ai sensi dell’art. 299 c.p.p.;

b) la violazione di legge in ordine al mancato esame delle doglianze del ricorrente nell’ottica dell’art. 273 c.p.p.;

c) la mancanza di motivazione in ordine alla intervenuta modifica delle esigenze cautelari.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. In diritto giova premettere come, a differenza di quanto previsto per la richiesta di riesame, mezzo totalmente devolutivo, la cognizione del Giudice d’appello sia limitata, di converso, ai punti cui si riferiscono i motivi di gravame ed a quelli con essi strettamente connessi e da essi dipendenti, anche se non è condizionata dalle deduzioni in fatto e dalle argomentazioni in diritto poste dal Giudice della decisione impugnata a sostegno del proprio assunto.

In particolare, la cognizione del Giudice dell’appello è circoscritta entro il limite dedotto dalla parte impugnante avuto, però, riguardo alla natura del provvedimento impugnato (v. da ultimo, Cass. Sez. 3 9 giugno 2010 n. 28253).

Sempre secondo l’orientamento pacifico di questa stessa Sezione della Corte (v. sentenza 8 ottobre 2008 n. 46124) in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Giudice di merito.

3. Nella fattispecie sottoposta all’esame di questa Corte, la motivazione non presenta alcuna violazione di legge o illogicità, avendo i Giudici del merito con motivazione adeguata ritenuto, quanto al primo motivo, che l’impugnazione riguardasse soltanto l’esistenza delle esigenze cautelari e non anche la contestazione del quadro indiziario (v. pagina 8 della motivazione): non si vede, pertanto, a che titolo dovessero, tali Giudici, entrare anche nel merito dei suddetti indizi, una volta che lo stesso ricorrente non avesse avuto niente da contestare sul punto.

4. Quanto al secondo motivo di ricorso, l’impugnata ordinanza ha dato perfettamente conto della sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lettere a), b) e c) e non può, in questa sede, venire ad evidenziare una diversa lettura degli elementi di fatto sui quali era stata assunta la contestata misura cautelare e se ne era, invano, richiesta la revoca.

5. La presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, allorchè si sia in presenza di un reato tra quelli indicati dall’art. 275 c.p.p., comma 3, può essere vinta solo da elementi specifici, che spetta alla difesa dedurre e che nella specie non sono stati evidenziati.

Anche a tal proposito neppure sussiste la dedotta omissione dell’esame delle doglianze avanzate nell’interesse del ricorrente in quanto, da un lato, tali doglianze, al di fuori del richiamato principio devolutivo dell’appello, avevano attinenza soprattutto riguardo il quadro indiziario.

A ciò si aggiunga come tali doglianze siano state effettivamente prese in esame dal Tribunale (v. pagina 9 della motivazione) ma non abbiano colto nel segno, a cagione della loro intrinseca debolezza che non ha neppure richiesto l’utilizzo di molte parole per confutarle.

6. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente alle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

Deve, inoltre, mandarsi alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende. Art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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