Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-11-2011, n. 5854 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

La società F. S.r.l. ha impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. della Puglia ha respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso il parere negativo espresso dal Comune di Bari in ordine a un’istanza di permesso di costruire relativa ad aree in sua proprietà.

A sostegno dell’impugnazione, la appellante ha dedotto:

1) violazione ed erronea applicazione dell’art. 52 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Bari; violazione dei generali principi in materia di giusto procedimento; travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, illogicità manifesta, difetto assoluto di istruttoria, contraddittorietà della motivazione, sviamento (in relazione all’interpretazione seguita dal T.A.R. della richiamata disposizione delle N.T.A.);

2) violazione dei generali principi in materia di giusto procedimento e di imparzialità, correttezza e trasparenza dell’attività della p.a.; violazione del generale principio di irretroattività delle disposizioni normative; violazione dell’art. 20 del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380; violazione e falsa applicazione del combinato disposto tra gli artt. 40, comma 3, 43 e 52 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Bari; contraddittorietà con precedenti atti e determinazioni, illogicità manifesta, difetto di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, sviamento (in relazione all’avere il Comune, ai fini della decisione sull’istanza di permesso di costruire, tenuto conto della variante normativa al P.R.G. intervenuta dopo la presentazione della detta istanza);

3) omessa pronuncia sull’impugnazione dell’art. 52 delle N.T.A. del P.R.G.; error in iudicando (stante l’irragionevolezza dell’interpretazione della detta disposizione seguita dal T.A.R.).

Inoltre, la appellante ha reiterato come segue le ulteriori censure articolate nel ricorso introduttivo, non esaminate perché ritenute assorbite:

4) violazione del generale principio in materia di giusto procedimento; travisamento dei presupposti in fatto e in diritto, difetto assoluto di istruttoria, ingiustizia manifesta, illogicità (in relazione alla nota trasmessa ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, nr. 241, nella quale era richiamato un parere del Coordinamento tecnico di data successiva alla nota medesima);

5) violazione di legge in riferimento agli artt. 3 e 10 bis della legge nr. 241 del 1990; difetto assoluto di istruttoria, ingiustizia manifesta, falsa presupposizione (in relazione al mancato esame delle osservazioni trasmesse dalla società istante a seguito del preavviso di rigetto).

Si è costituito il Comune di Bari, il quale ha controdedotto ai motivi di censura di parte appellante, instando per la reiezione del gravame e per la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 18 ottobre 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. È appellata la sentenza con la quale il T.A.R. della Puglia ha respinto il ricorso proposto dalla società F. S.r.l. avverso le determinazioni negative assunte dal Comune di Bari su un’istanza di permesso di costruire, finalizzata alla realizzazione di un "complesso polifunzionale con spazi a carattere culturale e sociale, parcheggi e verde attrezzato", avanzata dalla predetta società in relazione a suoli di sua proprietà.

La società appellante ha premesso una ricostruzione della complessa e annosa vicenda relativa ai suoli in questione, sui quali in passato l’Amministrazione comunale aveva manifestato il proposito (poi abbandonato) di realizzare il nuovo palazzo di giustizia cittadino, con ciò precludendone per parecchi anni alla proprietaria ogni utilizzazione e dando luogo a un lungo contenzioso articolatosi in precedenti ricorsi dinanzi allo stesso T.A.R. pugliese (comunque estranei al presente giudizio, al quale sono accomunati unicamente dalla doglianza di parte istante di essere penalizzata da un persistente divieto di ogni edificazione in loco).

Nel caso di specie, il diniego di permesso di costruire è stato fondato sul ritenuto carattere ostativo della disposizione di cui all’art. 52 delle N.T.A. del P.R.G. vigente la quale, in relazione alle aree destinate a "servizi per la residenza" (come quella che qui interessa), così stabilisce:

"Le aree per i servizi della residenza delle zone omogenee "A" e "B", identificate nelle tavole di PRG con apposita simbologìa, sono destinate esclusivamente alle attività elencate nei precedenti art. 40 comma 3° e art. 43.

Gli interventi nelle predette aree sono riservate all’intervento pubblico e possono essere attuati anche dal privato, regolamentandone l’uso attraverso apposita convenzione, purché l’area non risulti inclusa nel programma triennale delle OO.PP, sia dotata di urbanizzazioni primarie o esista l’impegno inderogabile del concessionario a realizzarle.

Tali interventi saranno oggetto di un piano di utilizzazione deliberato dal Consiglio Comunale e definito sulla base della verifica degli standards dei singoli quartieri e/o delle singole circoscrizioni.

Nel caso di mancata adozione del piano di utilizzazione, l’intervento dei privati è ammesso previa valutazione del Comune operata sulla base della verifica degli standards dei singoli quartieri e/o delle singole circoscrizioni.

Per le aree di cui agli artt. 31 e 32 tale verifica è fatta con riferimento rispettivamente alle esigenze del verde e di attrezzature di servizio a carattere regionale o urbano.

Ogni intervento nelle sudette aree è subordinato alla approvazione di piani urbanistici esecutivi estesi all’intera maglia di P.R.G. con unità operativa minima di intervento pari ad almeno 10.000 mq.

È consentito l’intervento diretto nelle maglie come individuate negli elaborati grafici del P.R.G. con superfici inferiore a 10.000 mq o residui edificati di maglie aventi comunque superficie inferiore a 10.000 mq., purché esteso all’intera area disponibile e previa acquisizione del parere obbligatorio e vincolante della Circoscrizione territorialmente competente.

I piani urbanistici e gli interventi diretti sono regolati dagli indici e parametri di cui all’art. 54 comma 1 delle N.T.A., ad esclusione del limite della superficie fondiaria".

In particolare, oltre a rilevare la parziale incompatibilità urbanistica degli interventi proposti, l’Amministrazione ha ritenuto preclusiva la mancata predisposizione di un piano esecutivo, considerando in ogni caso tale adempimento essenziale per qualsiasi intervento sulle aree de quibus.

2. Tutto ciò premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.

3. In ordine logico, occorre esaminare prioritariamente il secondo motivo di appello, con il quale si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui è stata ritenuta corretta la scelta del Comune di tener conto, ai fini della decisione sull’istanza ad aedificandum, della variante normativa al P.R.G. approvata con delibera di Giunta Regionale nr. 2415 del 10 dicembre 2008, che ha modificato anche il menzionato art. 52 delle N.T.A.; a dire della appellante, essendo stata l’istanza di permesso di costruire presentata in data 6 marzo 2008, è alla situazione normativa vigente a tale data che si sarebbe dovuto fare riferimento, tanto più tenuto conto dell’inerzia inizialmente serbata dall’Amministrazione sull’istanza medesima (infatti, il provvedimento negativo qui impugnato è intervenuto solo a seguito di positivo esperimento del rimedio processuale avverso il silenzioinadempimento così consumatosi).

La Sezione reputa la doglianza infondata, condividendo il giudizio di correttezza dell’operato del Comune già formulato dal primo giudice.

Infatti, la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che l’amministrazione sia tenuta, per solito, a tener conto anche delle modifiche normative intervenute durante l’iter procedimentale, non potendo al contrario considerare l’assetto "cristallizzato" una volta per tutte alla data dell’atto che vi ha dato avvio; con specifico riguardo alle istanze di permesso di costruire, è soltanto nell’ipotesi eccezionale di riesame dell’istanza a seguito di annullamento giurisdizionale del diniego alla stessa opposto che trova spazio la possibilità di una decisione "ora per allora".

Quanto alla possibilità, prospettata dalla parte appellante, che il Comune possa avere artatamente procrastinato la decisione al fine di attendere l’entrata in vigore della disposizione preclusiva, anche su tale punto può convenirsi col primo giudice nel rilevare che detta ipotesi, se provata, potrebbe al più determinare, ove ne sussistano tutte le condizioni, conseguenze risarcitorie a favore della società istante, ma in alcun modo autorizza conclusioni diverse da quelle sopra esposte.

4. Vanno poi esaminati il primo e il terzo dei motivi di appello, con i quali si censura l’interpretazione sposata dal Comune (e condivisa dal T.A.R.) del ridetto art. 52 delle N.T.A., e in alternativa se ne assume l’illegittimità per irragionevolezza.

In particolare, il diniego – come detto – si fonda sull’opinione che ai sensi del comma 6 della detta disposizione fosse sempre necessaria, ai fini degli interventi edilizi sulle aree destinate a servizi per la residenza, la previa predisposizione di un piano esecutivo; al contrario, parte appellante ritiene che le "suddette aree" cui si riferisce il comma 6 non siano tutte le aree normate dall’art. 52, ma soltanto le aree di cui agli artt. 31 e 32 delle N.T.A., alle quali il precedente comma 5 assegna una speciale disciplina aggiuntiva rispetto a quella generale prevista dai commi precedenti: in sostanza, l’obbligo di piano esecutivo farebbe parte di questa speciale disciplina, e quindi varrebbe solo per le aree di cui agli artt. 31 e 32 (ossia quelle destinate a verde urbano, a verde di quartiere o ad uso delle attrezzature di servizio urbano).

In sostanza, la parte privata assume che, essendo già prevista in via generale per tutte le aree disciplinate dall’art. 52 la predisposizione di un "piano di utilizzazione" da parte del Comune (o, in alternativa, in ogni caso una verifica degli standard esistenti), il pretendere sempre e comunque la predisposizione anche di un piano esecutivo si risolverebbe in un inutile e irragionevole aggravio procedimentale, il quale sarebbe – invece – giustificato unicamente per le aree di cui agli artt. 31 e 32, in considerazione della maggiore rilevanza e delicatezza della loro destinazione.

La tesi di parte istante, pur suggestiva e autorizzata dall’oggettiva ambiguità della norma, non convince.

Al riguardo, il Comune perspicuamente rileva che la disciplina generale predisposta dal più volte citato art. 52, oltre al "piano di utilizzazione" comunale, prevede anche l’obbligo del privato richiedente di stipulare una convenzione con lo stesso Comune: ciò che, sul piano logico, è pienamente compatibile con il residuare di obblighi di pianificazione esecutiva in capo al medesimo privato.

In tale prospettiva, la pianificazione esecutiva d’iniziativa privata è destinata a integrarsi nella più generale attività pianificatoria (o, a seconda dei casi, di mera verifica degli standard) condotta dal Comune: il che appare tutt’altro che eccessivo o irragionevole, con conseguente rigetto dell’impugnazione in quanto rivolta contro la norma di attuazione del piano, tenuto conto delle esigenze sottese alla destinazione delle aree adibite a servizi.

5. La conferma della sentenza impugnata, per le parti fin qui esaminate, consente un’agevole reiezione anche degli ulteriori mezzi, con i quali sono state reiterate le doglianze non esaminate o considerate assorbite dal primo giudice.

Infatti, con riguardo alla censura di carente motivazione del diniego, nella parte in cui fa genericamente riferimento a una parziale incompatibilità dell’intervento proposto con la destinazione di zona, il suo mancato esame evidentemente discende dalla circostanza che, una volta ritenuta legittima la più generale preclusione all’edificazione riveniente dalla mancata previa predisposizione del piano esecutivo, assumono carattere recessivo (e scarsa rilevanza) le eventuali valutazioni sui singoli aspetti di dettaglio del "centro polifunzionale" oggetto dell’istanza di permesso di costruire.

Quanto poi alle doglianze di carattere procedimentale di cui ai nn. 4 e 5 della narrativa in fatto, più che di vero e proprio assorbimento, il primo giudice ha verosimilmente preso atto di una loro irrilevanza nella specie, alla luce del fatto che le ragioni ostative all’intervento, così come rappresentate, rendevano in qualche modo ineluttabile e vincolato il diniego.

6. La peculiarità della vicenda esaminata, nella quale ha incidenza determinante una disposizione di Piano dal tenore oggettivamente non lineare, giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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