Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-11-2011, n. 5853 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I. Il dottor V. C., magistrato in atto in servizio alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma con funzioni di Sostituto Procuratore Generale, ha impugnato – chiedendone la riforma previa sospensiva – la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lui proposto avverso gli atti della procedura indetta dal C.S.M. per il conferimento dell’ufficio di Avvocato Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma, conclusasi con la designazione del dottor A. M..

A sostegno dell’appello, egli ha dedotto: illegittimità, erroneità e carenza della sentenza: errata valutazione dei presupposti; travisamento dei fatti; difetto di motivazione; illogicità; ingiustizia manifesta; violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 5 aprile 2006, nr. 160, come modificato o integrato dalla legge 30 luglio 2007, nr. 111; violazione e falsa applicazione delle circolari del C.S.M. nr. P11036/08 del 30 aprile 2008 e nr. 15098 del 30 aprile 2003 e s.m.i.; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241; violazione dei principi di imparzialità e buon andamento; eccesso di potere per carenza di motivazione, difetto di istruttoria, disparità di trattamento, illogicità, irragionevolezza, ingiustizia grave e manifesta (in relazione all’omessa valutazione del merito dell’appellante, nonché all’ipervalutazione delle attitudini e dei meriti del dottor M.).

Si sono costituiti il C.S.M. e il Ministero della Giustizia, replicando articolatamente ai motivi di appello e concludendo per la loro reiezione; altrettanto ha fatto l’appellato dottor A. M., eccependo anche in limine l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse.

Alla camera di consiglio del 28 settembre 2010, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

II. Avverso la medesima sentenza, ha proposto appello anche il dottor S. C., anch’egli all’epoca Sostituto Procuratore Generale alla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma: infatti il T.A.R. del Lazio, nella sentenza epigrafata, ha respinto anche il ricorso proposto dal dottor C. avverso i medesimi atti, previa riunione al ricorso del dottor C..

A sostegno del proprio appello, il dottor C. ha dedotto:

1) omessa pronuncia sui motivi di impugnazione ex art. 112 cod. proc. civ. (in relazione all’omessa decisione sui plurimi profili di eccesso di potere denunciati in ricorso);

2) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, nr. 3, cod. proc. civ. (in relazione all’avere il primo giudice richiamato l’ampia discrezionalità spettante al C.S.M. in subiecta materia, laddove in ricorso erano stati denunciati molteplici travisamenti di fatti evincibili dalle risultanze documentali);

3) difetto di motivazione ex art. 360, comma 1, nr. 5 cod. proc. civ. (in relazione alla mancata valutazione dei singoli titoli vantati dagli aspiranti all’ufficio semidirettivo de quo);

4) contraddittorietà della motivazione ex art. 360, comma 1, nr. 5 cod. proc. civ. (in relazione al contrasto con precedenti deliberazioni nelle quali l’odierno appellante era stato giudicato prevalente sul dottor M.);

5) insufficienza di motivazione ex art. 360, comma 1, nr. 5 cod. proc. civ. (in relazione al requisito dell’indipendenza ravvisato in capo al dottor M.).

Anche nel secondo giudizio si sono costituiti il C.S.M., il Ministero della Giustizia e l’appellato dottor A. M., tutti argomentando a sostegno dell’infondatezza dell’appello, e il terzo anche in questo caso eccependo preliminarmente l’improcedibilità dell’appello.

III. All’udienza del 18 ottobre 2011, entrambe le cause sono state spedite in decisione.

Motivi della decisione

1. In via del tutto preliminare, s’impone la riunione dei giudizi ai sensi dell’art. 96 cod. proc. amm., trattandosi di appelli proposti avverso la medesima sentenza.

2. Sempre preliminarmente, va esaminata l’istanza con la quale l’appellato dottor A. M. ha chiesto, ai sensi dell’art. 89 cod. proc. civ., cancellarsi dall’appello del dottor C. la parte introduttiva (fra pag. 2 e pag. 3), siccome contenente affermazioni potenzialmente lesive della sua onorabilità.

L’istanza va accolta, con specifico riferimento alle frasi che vanno dal rigo 9 di pag. 2 (a partire dalle parole "La notizia…") al rigo 16 di pag. 3 (fino alle parole "…l’immagine"), in quanto le stesse, oltre a essere oggettivamente idonee a ledere la reputazione dell’appellato, adombrandone la contiguità con persone e ambienti coinvolti in gravi vicende giudiziarie, risultano anche – come meglio appresso si chiarirà – inconferenti con i motivi di appello, non essendo per nulla contenute nel ricorso di primo grado censure tese a mettere in dubbio la probità e l’indipendenza del controinteressato.

3. Ancora in limine, va esaminata l’eccezione con la quale l’appellato dottor M. assume l’improcedibilità di entrambi gli appelli, per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione del collocamento a riposo di entrambi gli appellanti intervenuto nelle more del giudizio.

L’eccezione va respinta, dovendo richiamarsi il pregresso orientamento espresso dalla Sezione in casi analoghi, laddove è stata affermata la permanenza dell’interesse del ricorrente alla rideterminazione della propria posizione originaria ai fini giuridici ("ora per allora"), laddove egli risulti vincitore all’esito del rinnovo della procedura, con ogni conseguenza in ordine anche al trattamento di quiescenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2009, nr. 4839; id., 31 marzo 2009, nr. 1890).

4. Nel merito, giova premettere che entrambi gli appelli si dirigono avverso la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto, previa riunione, i ricorsi proposti dagli odierni istanti avverso la designazione del dottor A. M. quale Avvocato Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma.

Tale designazione era conseguita alla prevalenza, a larghissima maggioranza, nel plenum del C.S.M. della proposta favorevole al dottor M. rispetto all’altra relazione, formulata dalla Quinta Commissione consiliare, nella quale invece lo stesso aveva ottenuto un punteggio pari a quello dell’odierno appellante, dottor V. C..

5. Tanto premesso, gli appelli si appalesano infondati e vanno conseguentemente respinti.

6. Al riguardo, va innanzi tutto richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale sull’ampia discrezionalità che connota le valutazioni espresse dal C.S.M. in ordine all’idoneità e all’attitudine dei magistrati a ricoprire un ufficio direttivo o semidirettivo, tale per cui il sindacato giurisdizionale su di essa va circoscritto alle ipotesi di gravi ed eclatanti vizi che disvelino la sussistenza dell’eccesso di potere (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 2009, nr. 5479; id., 31 luglio 2009, nr. 4839; id., 14 luglio 2008, nr. 3513; id., 7 luglio 2008, nr. 3369; id., 29 febbraio 2008, nr. 771; id., 10 luglio 2007, nr. 3893).

Tale indirizzo, connesso al limite "esterno" della giurisdizione, che nella specie risulta accentuato dalla particolare posizione costituzionale riconosciuta all’organo di autogoverno della magistratura, non può essere considerato – come sembra ritenere, in particolare, l’appellante dottor C. – una sorta di "alibi" per rinunciare a ogni sindacato intrinseco sui giudizi espressi dal C.S.M., ma comporta l’assoluta preclusione a che questo si traduca in un "riesame" della procedura da parte dell’organo giurisdizionale con indebita surrogazione delle prerogative consiliari; in altri termini, il sindacato in subiecta materia deve essere rigorosamente circoscritto ai profili dell’adeguatezza e congruità delle motivazioni addotte a sostegno dei giudizi, rispetto alle risultanze documentali e curricolari concernenti gli aspiranti, nonché del corretto e uniforme impiego dei criteri e parametri valutativi.

Le coordinate appena richiamate implicano, tra l’altro, che nessuno spazio può essere dato alle argomentazioni spese nel secondo motivo dell’appello del dott. C., nella parte in cui, allo scopo di contestare le valutazioni compiute dal C.S.M. riguardo al "merito" suo e del dott. M., si dilunga nella ricostruzione degli esiti, a suo dire infausti, delle indagini svolte e dei processi trattati dal controinteressato, contrapponendovi i brillanti risultati che egli avrebbe conseguito in altri delicati giudizi da lui trattati: infatti, è del tutto evidente che è estranea al giudizio consiliare sui meriti e le attitudini dei magistrati aspiranti agli uffici direttivi e semidirettivi, fuori dei casi limite di macroscopici errori o violazioni, una tale valutazione "di risultato" (oltre tutto condotta in modo piuttosto rozzo, essendo dato di comune esperienza che un esito processuale contrario alle richieste dell’accusa può dipendere da una molteplicità di fattori, non necessariamente riconducibili a demerito o incapacità del magistrato interessato).

Per converso, possono trovare accesso nel presente giudizio le censure di travisamento dei fatti e carente istruttoria presenti in entrambi gli appelli, le quali si risolvono nel contestare un inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze in atti relative alla carriera dei candidati, ovvero una non rispondenza dei giudizi formulati rispetto ai meriti o alle attitudini degli stessi.

7. Ancora come premessa, va evidenziato che da un sereno esame delle risultanze documentali emerge che il giudizio comparativo condotto dall’organo consiliare ha avuto ad oggetto magistrati tutti dotati di un elevato profilo professionale, come dimostrato, per quanto concerne specificamente il dott. C., dal fatto che la proposta poi approvata dal plenum vedeva il dott. M. prevalere su di lui per un solo punto di merito, a fronte di una proposta di minoranza che attribuiva ai due aspiranti una parità di punteggio.

Ciò vale a sottolineare come, nel caso di specie, le differenziazioni ravvisabili nei giudizi complessivi espressi sui magistrati interessati sono dipese evidentemente da apprezzamenti alquanto sfumati compiuti su carriere tutte di grande prestigio, ciò che rende vieppiù difficile cogliere quegli evidenti aspetti di erroneità o irrazionalità, nei quali solo – come si è visto – è dato individuare la sussistenza del vizio di eccesso di potere.

8. Venendo dunque all’esame degli specifici vizi lamentati negli appelli in esame, può innanzi tutto escludersi, alla stregua di un complessivo esame della documentazione in atti, che sussistano seri elementi idonei a far ritenere che nella specie non vi sia stata da parte del C.S.M. una piena e completa considerazione dei titoli e degli aspetti emergenti dai profili di carriera dei magistrati aspiranti (o, come si assume nell’appello del dott. C., che la motivazione del giudizio comparativo si sia "appiattita" sulle "autorelazioni" prodotte dagli stessi interessati).

Infatti, dal tenore complessivo della proposta poi approvata dal plenum risulta che essa muoveva da una disamina corretta e approfondita dell’intero percorso professionale dei candidati esaminati, del quale erano indicate tutte le principali tappe: sul punto, non è fuori luogo richiamare il pacifico indirizzo della Sezione secondo cui, stante il carattere globale e onnicomprensivo del giudizio formulato sui magistrati aspiranti agli uffici direttivi, pur dovendo certamente muovere dall’esame e dalla considerazione di tutti i titoli e le esperienze professionali degli stessi, non è però necessario che esso motivi in modo analitico e puntuale su ciascuno di questi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 1999, nr. 1872).

8.1. Il ridetto carattere globale e onnicomprensivo della valutazione implica anche che non può assurgere ex se a vizio di legittimità il fatto che il magistrato ritenuto prevalente fosse invece subvalente in relazione a un singolo titolo o parametro, ben potendo questo essere bilanciato da altri elementi preferenziali all’interno del predetto giudizio complessivo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 2011, nr. 3938; id., 30 ottobre 2009, nr. 6707).

Pertanto la circostanza, su cui si insiste nell’appello del dott. C., che il dott. M. non vantasse, a differenza di altri aspiranti, pregresse esperienze direttive o semidirettive non è di per sé sola indicativa di una valutazione di prevalenza incongrua o erronea, non potendo il giudizio consiliare sugli aspiranti ridursi alla risultante di una mera sommatoria di titoli ed esperienze pregresse.

In particolare, questa Sezione ha più volte avuto modo di evidenziare che la valutazione comparativa dei meriti e delle attitudini dei magistrati aspiranti va condotta non in astratto, ma avuto riguardo alle esigenze e alle caratteristiche dello specifico ufficio direttivo o semidirettivo da ricoprire, in modo da rendere il giudizio flessibile e "mirato" (cfr. le citate sentt. nn. 3938/2011 e 6707/2010).

In tale prospettiva, non può non aver avuto rilevanza il fatto che il dott. M. abbia svolto la propria attività praticamente sempre in grandi realtà giudiziarie (Milano e Roma), maturando in tal modo un’esperienza che – a prescindere dal dato formale del mancato esercizio di funzioni direttive – ben può essere valutata come pari a quella, pur rilevante, che l’odierno appellante di cui sopra può vantare presso uffici di minori dimensioni (quale Presidente di Sezione al Tribunale di Caltanisetta e quale Presidente del Tribunale di Gela).

8.2. Inoltre, il percorso professionale del dott. M. appare più pienamente rispondente a quelli che sono i parametri tracciati dall’organo di autogoverno per individuare, ai fini della valutazione dei meriti e delle attitudini, un giusto equilibrio tra la completezza delle esperienze pregresse e la necessaria specializzazione delle funzioni.

Come è noto, alla stregua della normativa subprimaria elaborata dal C.S.M., allo scopo di evitare che un’eccessiva specializzazione si traduca nella creazione di "compartimenti" chiusi e riservati ai magistrati rispettivamente impegnati in ciascuna tipologia di funzioni (requirenti, giudicante civile o penale, etc.), si è deciso di valorizzare la pluralità delle esperienze nei primi anni di attività professionale, attribuendo però significativo rilievo alla eventuale maggiore specializzazione successivamente acquisita in una determinata funzione.

Tali caratteristiche certamente ha il cursus seguito dal dott. M., il quale, dopo avere inizialmente alternato le funzioni requirenti a quelle giudicanti, si è successivamente concentrato sulle prime, sia in primo grado che in appello, fino alle funzioni di Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma ricoperte all’epoca della procedura per cui è causa.

A fronte di ciò il dott. C., prima delle analoghe funzioni da ultimo svolte, si era molto maggiormente dedicato all’attività giudicante (ancorché con risultati di estrema rilevanza), con la sola eccezione di una remota attività di P.M. svolta ad Enna a cavallo degli anni Settanta e Ottanta; altrettanto dicasi per il dott. C., la cui unica attività pregressa assimilabile a quella requirente era quella connessa alle funzioni di Ispettore Generale Capo presso il Ministero della Giustizia, alla quale, però, indipendentemente da ogni giudizio astratto sulla comparabilità fra attività ispettiva ministeriale e attività di accusa penale, non può non attribuirsi carattere recessivo rispetto alla più ampia esperienza inquirente e investigativa vantata dal dott. M..

8.3. Infondata è anche l’ulteriore doglianza con la quale il dott. C. lamenta la contraddittorietà delle censurate determinazioni consiliari rispetto a quelle assunte in occasione di precedente valutazione comparativa, nella quale l’odierno appellante sarebbe stato giudicato prevalente sullo stesso dott. M..

Detta circostanza, se anche documentata (ma l’appellato ne contesta la veridicità), non sarebbe in sé né significativa, né decisiva nel senso auspicato da parte appellante, in considerazione della autonomia e disomogeneità delle procedure valutative, in ciascuna delle quali i candidati – come detto – vengono scrutinati tenendo conto delle specifiche dimensioni, caratteristiche ed esigenze dell’ufficio direttivo o semidirettivo da ricoprire: e non può certo assumersi che vi sia identità, sotto tali profili, fra l’incarico di Avvocato Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Roma e quello di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia (che è il posto in relazione al quale vi sarebbe stata in passato l’ipotizzata prevalenza del dott. C. sul dott. M.).

9. Infine, va dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 104 cod. proc. amm., il motivo d’impugnazione col quale il dott. C. assume la non adeguata considerazione, da parte del C.S.M., di elementi idonei a inficiare il giudizio positivo sui requisiti di indipendenza del controinteressato: infatti, tale doglianza risulta proposta nei predetti termini per la prima volta in appello, laddove nel ricorso di primo grado, al di là un generico riferimento alle presunte frequentazioni dei "salotti romani" da parte del dott. M. (fatto per contrapporla allo stile di vita "claustrale" tenuto dall’appellante nei luoghi ove ha prestato servizio), non era in alcun modo adombrato che ciò potesse avere inciso negativamente sull’indipendenza del candidato, né veniva lamentata una particolare disattenzione dell’organo di autogoverno su tale profilo.

10. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, si impone la reiezione di entrambi gli appelli con la conseguente integrale conferma della sentenza impugnata.

11. La peculiarità della vicenda esaminata, nella quale sono implicate valutazioni altamente discrezionali ed estremamente sfumate da parte del C.S.M., giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), riuniti gli appelli in epigrafe, definitivamente pronunciando su di essi, li respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Dispone cancellarsi dall’appello del dott. S. C. la parte compresa fra le parole "La notizia…", a pag. 2, e le parole "…l’immagine", a pag. 3.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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