Cass. civ. Sez. V, Sent., 02-03-2012, n. 3264 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.B.M., C.F. e M.A. impugnarono l’avviso di rettifica e liquidazione con il quale veniva accertato dall’Ufficio del registro il valore di un terreno nel (OMISSIS), acquistato con atto registrato il 9 febbraio 1999, e venivano determinate le maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale.

I contribuenti lamentavano, per quanto qui rileva, che l’amministrazione avesse – come si legge nella sentenza di secondo grado – "erroneamente indicato il terreno oggetto di accertamento come ricadente nella zona G/4 (case con orto e giardino), anzichè nella zona a destinazione urbanistica H/1 (agro romano) con vincolo di rispetto paesaggistico, come risulta a far data dal 29 maggio 1997 a seguito dell’adozione della variante al piano regolatore generale approvato con D.P.R. 16 dicembre 1965, adottata dal Comune di Roma con Delib. Consiglio Comunale 29 maggio 1997, n. 92", importante da tale data la "inedificabilità legale" del bene.

La Commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso fondando la decisione sul fatto che "un suolo qualificato come non edificabile da uno strumento urbanistico adottato solo dall’organo comunale, cui non sia ancora seguita l’approvazione regionale, costituisce comunque una entità immobiliare già fiscalmente valutabile secondo tale destinazione", concludendo nel senso che "il vincolo paesaggistico, così come determinato nella variante al PRG del Comune di Roma non consentiva all’Ufficio di richiedere al contribuente la maggiore imposta".

La Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva parzialmente l’appello dell’amministrazione.

Non riteneva infatti "accettabile la tesi, sostenuta anche nella sentenza impugnata, secondo la quale, a seguito della variante adottata con atto del Comune n. 92 del 29 maggio 1997, la zona in cui è ricompreso il terreno stesso sia divenuta zona H1 (agro romano), con vincolo di rispetto paesaggistico, in quanto la variante diviene vincolante solo quando sia stato portato a termine il complesso procedimento previsto dalla legge che pone, care atto finale il decreto del Presidente della Regione da pubblicarsi sul Bollettino Ufficiale. Solo a questo punto può dirsi che un terreno non è edificatile secondo il Piano Regolatore Generale". Considerava pertanto "legittimo l’operato dell’Ufficio che non aveva tenuto conto del terreno in H1".

Nondimeno, l’Ufficio "avrebbe anche dovuto tenere conto dell’esistenza all’epoca della transazione, di un regime di incertezza negativa sulla destinazione urbanistica dell’immobile, che certamente ne diminuisce il valore venale. Appare quindi di giustizia una riduzione del valore finale accertato, nella misura del 20%".

I contribuenti ricorrevano per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale affidandosi a due motivi.

La Corte di cassazione, con l’ordinanza in epigrafe, rilevava che "con il secondo motivo si contesta la natura edificabile del terreno e l’entrata in vigore del PRG in pendenza della sua approvazione da parte della Regione";

ed affermava che "alla controversa questione hanno risposto le SS.UU. della Corte con sentenza n. 25505 del 2006, affermando il principio:

In tema di imposta di registro, nei trasferimenti immobiliari, ai fini della determinazione dell’imponibile di un terreno con destinazione edificatoria prevista in un p.r.g. adottato ma non ancora approvato dalla Regione, l’avvio della procedura per la formazione del detto piano determina un aumento di valore del terreno e la sua edificabilità, ai fini fiscali, come si evince dalla norma interpretativa del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 4, ultimo periodo, contenuta nel D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, conv., con modificazioni in L. 4 agosto 2006, n. 248 -, non è condizionata dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo piano, di guisa che un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzata a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo;

ne consegue che si può valutare come edificabile un suolo considerato a vocazione edificatoria anche prima del completamento delle relative procedure, atteso che con la perdita della in edificabilità si apre la porta alla valutabilità in concreto dello stesso; l’accertamento di valore deve essere effettuato ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 tenendo conto di quanto sia effettiva e prossima la utilizzazione a scopo edificatorio e di quanto possono incidere gli ulteriori eventuali oneri di urbanizzazione";

riteneva che il ricorso fosse manifestamente infondato e che la sentenza impugnata andasse confermata, e pertanto rigettava il ricorso.

Nei confronti di tale decisione D.B.M., C. F. e M.A. propongono ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., illustrato con successiva memoria.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Motivi della decisione

I ricorrenti, denunciando "errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa ex art. 395 c.p.c., n. 4", assumono che l’ordinanza della Corte di cassazione avrebbe bensì applicato il principio, corretto e incontestabile, secondo cui "la destinazione urbanistica di un terreno, ai fini dell’imposta di registro, si ricava dallo strumento urbanistico vigente, anche se è stato solo adottato dal Comune e non ancora approvato dalla Regione", ma avrebbe rigettato la domanda nonostante fosse fondata su una circostanza di fatto – il terreno oggetto di avviso di rettifica è incluso in zona H1 con vincolo paesaggistico, giusta la variante adottata dal Comune di Roma con Delib. n. 92 del 1997 e non ancora approvata dalla Regione, che ne ha modificato la destinazione – documentata, non contestata, acquisita al giudizio fin dal primo grado ed apprezzata da entrambi i giudici di merito, i quali hanno soltanto dato ad essa una interpretazione diversa ed antitetica in punto di diritto.

Il ricorso, oltre che ammissibile, è fondato. L’ordinanza impugnata, infatti, come risulta dagli atti (è sufficiente la lettura della sentenza di appello), per un evidente errore di percezione è fondata sulla supposizione di un fatto, vale a dire l’esistenza di una disposizione del piano regolatore, che assegna alla zona una destinazione edificabile, adottato dal Comune ma non ancora approvato dalla Regione, la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero, simmetricamente, sulla supposizione della inesistenza di un fatto – la variante al piano regolatore adottata dal Comune di Roma con deliberazione del 29 maggio 1997 e non ancora approvata dalla Regione, in forza della quale la zona in cui è ricompreso il terreno era divenuta zona H1 (agro romano), con vincolo di rispetto paesaggistico – la cui verità è positivamente stabilita.

Alla stregua di tali considerazioni, si impone la revoca della ordinanza della Corte di cassazione n. 10780 del 2009.

Per quanto attiene alla fase rescissoria, è fondato il secondo motivo del ricorso per cassazione proposto da D.B.M., C.F. e M.A. nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 230/10/06, depositata il 23 febbraio 2007, con il quale si censura la decisione assumendo che la variante al piano regolatore già adottata dal Comune ma non ancora approvata dalla regione "vige e vincola comunque", ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro.

E’ infatti erronea l’affermazione della sentenza impugnata, a tenore della quale, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro agli atti di trasferimento di immobili, per la determinazione del valore del bene sulla base della sua destinazione urbanistica "non risulta accettabile la tesi, sostenuta anche nella sentenza impugnata, secondo la quale, a seguito della variante adottata con atto del Comune n. 92 del 29 maggio 1997, la zona in cui è ricompreso il terreno stesso sia divenuta zona H1 (agro romano), con vincolo di rispetto paesaggistico, in quanto la variante diviene vincolante solo quando sia stato portato a termine il complesso procedimento previsto dalla legge che pone, come atto finale il decreto del Presidente della Regione da pubblicarsi sul Bollettino Ufficiale. Solo a questo punto può dirsi che un terreno non è edificabile secondo il Piano Regolatore Generale".

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, "in tema di imposta di registro, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 36, come secondo, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che ha fornito l’interpretazione autentica del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dal D.P.R. n. 131 cit., art. 52, comma 4, dev’essere desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene dev’essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo.

L’impossibilità di distinguere, ai fini dell’inibizione del potere di accertamento, tra zone già urbanizzate e zone in cui l’edificabilità è condizionata all’adozione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione non impedisce peraltro di tener conto, nella determinazione del valore venale dell’immobile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione" (Cass., sez. un., 30 novembre 2006, n. 25505;

Cass. n. 1180 e n. 195 del 2008).

L’istanza di revocazione proposta va pertanto ritenuta ammissibile ed accolta, con la revoca dell’ordinanza della Corte di cassazione impugnata.

In via rescissoria, va accolto il secondo motivo del ricorso proposto nei confronti della sentenza d’ appello, che va cassata in relazione al motivo accolto; la causa va rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi al principio di diritto sopra enunciato.

P.Q.M.

La Corte dichiara ammissibile ed accoglie l’istanza di revocazione proposta e revoca l’ordinanza della Corte di cassazione impugnata.

Accoglie il secondo motivo dell’originario ricorso per cassazione, cassa la sentenza di appello impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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