Cons. Stato Sez. VI, Sent., 04-11-2011, n. 5859 Graduatoria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. La Direzione generale del personale del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, con ordinanza n. 9171 del 22 luglio 1993, comunicata agli interessati dal Circolo Costruzioni Telegrafiche delle Marche con telegramma dell’11 agosto 1993, ha disposto nei confronti dei signori V. C., Z. C., A. S. e E. A., nel frattempo assunti in servizio, la cancellazione, per difetto del titolo di studio, dalla graduatoria del concorso pubblico a posti di perito in telecomunicazioni, indetto dal Ministero delle poste e telecomunicazioni con decreto 3 dicembre 1986, n. 7231, ed il loro allontanamento dal servizio, in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato n. 421 del 1993, con la quale erano stati accolti gli appelli dell’Amministrazione avverso le sentenze n. 192, n. 193, n. 194 e n. 195 del 1990 del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, che avevano a loro volta affermato l’idoneità del titolo di studio posseduto dai signori V. C., Z. C., A. S. e E. A., in accoglimento dei ricorsi da essi proposti.

2. I signori V. C., Z. C., A. S. e E. A., con il ricorso di primo grado n. 1220 del 1993, proposto al Tar per le Marche, hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Ministero n. 9171 del 1993, e del telegramma dell’11 agosto 1993, sopra citati.

3. Il Tar, con la sentenza n. 1767 del 2007, ha dichiarato perento il ricorso per i ricorrenti V. C. e A. S. ed improcedibile il ricorso proposto dal sign. E. A., per sopravvenuta carenza di interesse; ha respinto il ricorso proposto dal sign. Z. C., compensando tra le parti le spese del giudizio.

4. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.

5. All’udienza del 18 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Con il capo della sentenza gravata appellato in questa sede, il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, Sezione prima, ha respinto il ricorso avverso l’ordinanza del Ministero delle poste e telecomunicazioni n. 9171 del 1993, ed il telegramma dell’11 agosto 1993 di comunicazione della stessa, recante la cancellazione dell’appellante dalla graduatoria del concorso bandito con il decreto ministeriale n. 7231 del 1986, per la copertura di posti di perito telecomunicazioni radio elettronico, nonché il suo allontanamento dal servizio.

Nella sentenza il TAR ha respinto il motivo di ricorso secondo il quale, con il provvedimento impugnato, non sarebbe stata disposta la mera esecuzione della precedente sentenza del Consiglio di Stato n. 421 del 2003, ma sarebbe stato emanato un vero e proprio annullamento d’ufficio da parte di un organo da considerare incompetente, per di più in assenza di interesse pubblico contrario al mantenimento in servizio dell’interessato e, comunque, senza alcuna motivazione, essendo stato trascurato che l’assunzione dello stesso era stata determinata a titolo definitivo e senza riserva.

Nella sua sentenza, il TAR in particolare ha rilevato che con la decisione del Consiglio di Stato n. 4221 del 1993 era stata respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, proposta ai sensi dell’art. 329 c.p.c, e motivata con una ipotizzata acquiescenza del Ministero alle impugnate sentenze di primo grado per avere l’Amministrazione nominato i concorrenti "senza riserve", essendo stata al contrario dichiarata, nella citata sentenza in appello, l’insussistenza di tale presupposto alla luce della vicenda intercorsa.

La nomina era stata infatti disposta dopo che gli interessati avevano dapprima diffidato l’Amministrazione ad adempiere ad una ordinanza del TAR di sospensione dei provvedimenti impugnati e poi dopo la proposizione di un ulteriore ricorso al TAR, seguito da una seconda ordinanza cautelare che aveva nominato un commissario ad acta.

Pertanto, la sentenza del Consiglio di Stato n. 421 del 1993 aveva concluso nel senso che l’assunzione dei ricorrenti non era riferibile ad un comportamento acquiescente, emergendo anzi il comportamento dell’Amministrazione, dall’insieme della vicenda, quale manifestazione di una intenzione opposta.

2. Nell’appello si deduce l’erroneità della sentenza di primo grado, in quanto:

– dagli atti dell’Amministrazione precedenti e successivi alla nomina in ruolo del ricorrente, al cui riguardo si riscontra anche il parere favorevole della Corte dei Conti, emergerebbe l’acquiescenza della stessa, poiché come unica riserva era stata posta la condizione del positivo espletamento del periodo di prova, poi superato, né potendosi qualificare come volontà contraria la prassi amministrativa della tardiva esecuzione delle pronunce del giudice;

– l’annullamento del provvedimento di assunzione non è stato disposto dall’Autorità competente alla sua adozione, o da autorità sovraordinata, ma da funzionari dell’ufficio dove il ricorrente aveva prestato servizio;

– come già dedotto in primo grado, e non considerato dal primo giudice, con la sentenza del Consiglio di Stato n. 421 del 1993 sono stati respinti i ricorsi avverso i provvedimenti di esclusione dal concorso, senza però che fosse dichiarato alcun annullamento delle nomine intervenute medio tempore, restando quindi impregiudicata ogni valutazione riguardo al rapporto di pubblico impiego costituitosi nel frattempo, che avrebbe dovuto essere svolta secondo parametri non soltanto di legittimità ma anche di opportunità amministrativa, nonché relativi all’affidamento maturato nell’interessato;

– non sarebbe stata eseguita invece, a fronte di tale affidamento, alcuna specifica valutazione dell’interesse pubblico attuale alla base dell’annullamento, tanto più di difficile individuazione stanti il possesso da parte del ricorrente del requisito richiesto per lo svolgimento dell’attività per cui si è proceduto all’assunzione, la sua esperienza nella qualifica, il lungo periodo di tempo intercorso, e dovendosi rilevare, infine, la intervenuta disparità di trattamento per l’assunzione in ruolo nel compartimento della Sicilia di candidati in possesso del medesimo titolo di studio del ricorrente.

3. La S.p.a. Poste Italiane, nella memoria di costituzione depositata in giudizio il 16 settembre 2009, ha eccepito in via preliminare la irricevibilità dell’appello, poiché proposto tardivamente, essendo stata depositata l’impugnata sentenza del TAR il 24 ottobre 2007 e poi notificato l’appello il 15 dicembre 2008, con richiesta di notifica il 9 dicembre precedente.

4. Ritiene la Sezione che l’eccezione di irricevibilità non è fondata, poiché la data del 9 dicembre 2008, richiamata dalla resistente quale giorno di richiesta della notifica, è quella di scadenza del termine lungo di un anno e 46 giorni dal deposito della sentenza entro il quale la notifica dell’appello deve perfezionarsi per il notificante (Cons. Stato: Sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1661; Sez. V, 6 dicembre 2010, n. 8543).

5. Nel merito l’appello comunque non può essere accolto, poiché:

– la sentenza di questo Consiglio, n. 421 del 1993, ha già statuito con chiarezza che nella vicenda amministrativa per cui è causa il comportamento dell’Amministrazione non è qualificabile come acquiescente, avendo il giudice di appello specificamente ricostruito la successione degli atti e comportamenti e concluso che in presenza di tale successione "non v’è dubbio che, allorché l’Amministrazione ha disposto l’assunzione dei ricorrenti " prima che vi provvedesse il commissario " – così come sostengono gli appellati – non abbia posto in essere un comportamento acquiescente, poiché in alcun modo può dirsi che il Ministero abbia manifestato, in modo chiaro e inequivocabile, l’intenzione di aderire alla volontà dei ricorrenti, avendo, al contrario, proprio manifestato l’intenzione opposta";

– l’ordinanza cautelare del TAR, 2 settembre 1987, n. 279, nell’accogliere la domanda di sospensione della precedente determinazione (del 23 luglio 1987) di esclusione del ricorrente dal concorso, ne ha disposto espressamente l’ammissione "con riserva" e va comunque considerata caducata (a seguito dell’esito del giudizio di appello), così come tutti i conseguenti atti di natura giurisdizionale e amministrativa che si sono su di essa basati;

– il successivo atto dell’Amministrazione di nomina in prova del ricorrente (telegramma del 22 ottobre 1988) deve quindi ritenersi caducato a seguito dell’esito del precedente giudizio e comunque era meramente attuativo delle determinazioni di ammetterlo con riserva;

– nella sentenza di questo Consiglio, n. 421 del 1993, l’accoglimento degli appelli dell’Amministrazione è fondato sulla statuizione della inidoneità del titolo di studio dei ricorrenti ai fini della partecipazione al concorso de quo, concludendosi che "Pertanto legittimamente il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni ha disposto l’esclusione dal concorso di coloro che erano in possesso del diploma di qualifica suddetto" e venendo quindi disposto, ad effetto della riforma delle sentenze impugnate, il rigetto dei ricorsi di primo grado, con evidente caducazione di tutti gli atti che avevano comportato l’insorgenza del rapporto di lavoro;

– l’Amministrazione ha perciò eseguito correttamente la decisione giurisdizionale, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto, dal momento che alla mancanza definitivamente accertata del titolo legittimante la partecipazione al concorso, consentita in via cautelare con riserva e quindi intrinsecamente precaria fino alla conclusione del giudizio di merito, non poteva che seguire l’espunzione dalla relativa graduatoria e il materiale allontanamento dal servizio, disposto nella specie con un atto sia pur superfluo (in quanto la stessa sentenza del Consiglio di Stato aveva determinato ipso iure l’estinzione del rapporto di lavoro), ma comunque legittimo e opportuno per il richiamato adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto e dunque di competenza direttoriale, come quella riguardante la nomina in prova, presupponendo l’immissione in servizio il legittimo accesso al concorso bandito per la copertura del relativo posto e restando nella sostanza elusa la decisione giurisdizionale se l’interessato permane in servizio pur se privo del titolo legittimamente richiesto.

Nè rileva, nella specie, il richiamo alla ponderazione degli interessi propria dei provvedimenti amministrativi in autotutela, a fronte della legittimità dell’esclusione dal concorso (riconosciuta dal Consiglio di Stato in riforma della sentenza del TAR) e della così disposta estinzione del rapporto di lavoro sorto in esecuzione della ordinanza cautelare conseguentemente caducata, così come non può dirsi formato alcun legittimo affidamento nell’interessato, essendo egli a conoscenza sia della precarietà della propria posizione, poiché ammesso a partecipare al concorso con riserva, sia della ripetuta contestazione dell’Amministrazione della legittimità di tale partecipazione, infine espressa con la proposizione degli appelli decisi con la più volte citata sentenza n. 421 del 1993.

Infine, non può configurarsi alcuna disparità di trattamento, sia perché il caso di specie è stato definitivamente deciso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 421 del 1993, sia perché l’Amministrazione non ha fatto altro che adeguare la situazione di fatto a quella di diritto.

6. Per quanto considerato l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.

La particolare complessità della vicenda amministrativa e giurisdizionale in causa giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale respinge l’appello in epigrafe n. 87 del 2009.

Spese del secondo grado compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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