Cass. civ. Sez. V, Sent., 02-03-2012, n. 3261 Donazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di D.D. (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per imposta di registro – col quale si elevava il valore dichiarato con riguardo a beni oggetto di donazione -, la C.T.R. Friuli confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso del contribuente), rilevando che nel contratto di donazione era stato dichiarato che il valore della nuda proprietà era indicato in funzione del valore della piena proprietà dell’immobile calcolata sulla base della rendita catastale e che, non essendo stato dimostrato che il valore dichiarato era inferiore a quello risultante dall’applicazione della rendita catastale, l’avviso doveva ritenersi immotivato.

Con un unico motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, D.L. n. 70 del 1988, art. 12 nonchè D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, oltre che vizio di motivazione, la ricorrente afferma che nell’atto d’appello l’Ufficio aveva dedotto che uno degli immobili oggetto di donazione aveva una rendita provvisoria (o una rendita non più attuale) e pertanto, non avendo il contribuente espressamente manifestato la volontà di avvalersi del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 5 o D.L. n. 70 del 1988, art. 12, nè tali norme nè il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 potevano trovare applicazione nella specie, onde la rettifica era, per tale immobile, perfettamente ammissibile, e, avendo il contribuente dichiarato un unico valore per tutti i beni, la rettifica doveva ritenersi possibile per tutti, senza che l’Ufficio avesse il dovere di indicare nell’avviso le ragioni che nella specie consentivano la rettifica, dovendo solo, a fronte di eccezione della controparte, dimostrare in sede giudiziale (come era stato fatto) la sussistenza delle condizioni che consentivano la rettifica.

La censura presenta diversi profili di inammissibilità. In particolare, dalla sentenza impugnata non risulta accertato che uno degli immobili aveva una rendita provvisoria nè risulta che tale fatto fu dedotto dall’appellante. La ricorrente dichiara di aver dedotto tale circostanza in appello, ma in proposito giova evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo "error in procedendo" per violazione dell’art. 112 c.p.c. (v. cass. n. 11844 del 2006; n. 24856 del 2006 e n. 12952 del 2007).

In ogni caso, la censura non è autosufficiente, posto che non viene riportato in ricorso il contratto di donazione al quale nel motivo si fa riferimento nè la documentazione dalla quale risulterebbe che uno degli immobili oggetto di donazione aveva una rendita provvisoria (o non più attuale).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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