Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 05-10-2011, n. 36143 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 7.6.2010, la corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza 3.10.07 del tribunale di Trapani, ha riconosciuto le attenuanti generiche a B.A. e ha ridotto la pena a un mese e 20 giorni di reclusione, inflitta perchè ritenuto colpevole, in concorso con il fratello R., ugualmente condannato alla medesima pena – previo riconoscimento delle attenuanti generiche – dei reati ex artt. 81 cpv., 660 e 610 c.p., in danno di R.L..

B.R. e B.A. hanno presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento all’art. 660 c.p., in quanto dalle dichiarazioni della persona offesa è emersa l’irrilevanza sul piano penale del comportamento dei ricorrenti.

Ugualmente le dichiarazioni del R. conducono alla logica conclusione sull’insussistenza del reato di violenza privata, in quanto, a tutto concedere, il fatto può essere qualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Ammettendo che i fratelli Barbaro avessero tenuto il comportamento contestato, essi comunque erano mossi dalla volontà non di bloccare in caso il R., ma dalla volontà di appianare il diverbio, per mezzo di un incontro e di uno scambio di opinioni.

Questo argomento è confermato dalla mancata presentazione di querela da parte del R..

La sentenza poi ha ritenuto il concorso del R. unicamente in base alla circostanza che questi avrebbe prestato al fratello il proprio telefono cellulare, utilizzato per una sola telefonata. Va comunque rilevato che il comportamento molesto che è stato contestato riguarda solo l’uso del campanello del portone di ingresso dell’abitazione del R. e che quest’ultimo ha affermato che il R. era rimasto all’interno dell’autovettura.

Inoltre non è stata acquisita la documentazione dei tabulati telefonici e non è stato controllato il telefono del R., in modo da ottenere la dimostrazione incontrovertibile dell’eventuale esistenza del traffico tra le due utenze.

I ricorsi non meritano accoglimento, in quanto propongono critiche dirette sulla ricostruzione dei fatti e sulla loro valutazione giuridica, compiute dalle sentenze dei giudici di merito con assoluta fedeltà alle risultanze processuali e alla loro razionale interpretazione.

Correttamente la sentenza impugnata ha ribadito la piena affidabilità delle narrazioni del R. e la rilevanza penale dei comportamenti subiti, che non possono essere messi in dubbio, in virtù dell’assenza di un suo generale atteggiamento reattivo, impostato sulla polemica e sull’aggressività.

Quanto alla richiesta di derubricazione del reato di violenza privata nella fattispecie di esercizio abusivo delle proprie ragioni, il suo rigetto è stato esaurientemente giustificato con il riferimento all’assenza di qualsiasi elemento di prova,dimostrativo di una qualsiasi pretesa dei B., legittimante una tutela giudiziaria.

La condotta dei due fratelli è stata ricostruita dai giudici di merito secondo caratteristiche di una piena e fattiva collaborazione, logicamente incompatibile con l’esclusione di una partecipazione del R. nella condotta di molestia, pienamente rientrante nella programmata azione congiunta in danno della persona offesa.

Il compatto apparato storico-argomentativo su cui è stata fondata l’affermazione di responsabilità dei ricorrenti ha reso del tutto ingiustificata la richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale. I ricorsi vanno quindi rigettati con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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