T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 04-11-2011, n. 15 16 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente – già concessionaria del servizio di distribuzione del gas metano presso il Comune di Bonate Sopra in virtù dell’atto di concessione sottoscritto il 20/12/1971 e dei successivi atti di rinnovo – impugna gli atti in epigrafe, con i quali l’amministrazione ha avviato la ridefinizione della scadenza del rapporto in essere, fissata ex lege al 31/12/2009 salva la proroga facoltativa annuale.

La vicenda in esame è stata preceduta:

– dall’originario atto di concessione (per la durata di 29 anni) del 20/12/1971;

– dal rinnovo per un ulteriore ventennio in data 30/10/1987 (fino al 31/12/2022);

– dall’ulteriore pattuizione del 23/3/2004, che ha fissato la scadenza del periodo transitorio al 31/12/2012 ed ha previsto a carico del gestore il pagamento di un corrispettivo una tantum (250.000 Euro oltre IVA) da versare in tre rate, oltre ad un canone annuo pari al 3% del VRD.

Riferisce parte ricorrente che il D. Lgs. 164/2000, ispirato a principi di liberalizzazione, impone la gara per l’affidamento del servizio pubblico, e tuttavia prevede un regime transitorio per il passaggio graduale dal sistema ordinamentale preesistente (fondato in larga parte su affidamenti diretti): lo scopo è quello di bilanciare gli opposti interessi in gioco, ossia l’apertura alla concorrenza ed il legittimo affidamento delle imprese al rispetto dei contratti in corso. Le Società infatti subiscono la cessazione ex lege di convenzioni sottoscritte per una lunga durata, e l’improvvisa interruzione dei piani di intervento sulle reti.

Ad avviso di I. l’art. 15 comma 9 del D. Lgs. 164/2000 stabilisce che le concessioni attribuite a seguito di gara sono mantenute fino alla loro scadenza e comunque non oltre il 31/12/2012. Detta disposizione è stata confermata dal D.L. 273/2005 conv. in L. 51/2006, e in quest’ottica l’amministrazione e parte ricorrente hanno stipulato l’atto aggiuntivo del 23/3/2004, il quale all’art. 2 riconosceva alla concessionaria il diritto di gestire il servizio per l’intero periodo di 12 anni ex art. 15 comma 9 del Decreto Letta, dato che il servizio stesso era stato affidato mediante gara.

Con gli atti impugnati il Comune mutava atteggiamento, ed in particolare metteva in dubbio che la concessione originaria avesse fatto seguito ad una gara pubblica, sottolineava che la L. 51/2006 ha fissato la scadenza "ope legis" al 31/12/2009 (salva la proroga facoltativa di 1 anno) ed evidenziava i vantaggi economici derivanti dalla scelta di porre il servizio sul mercato.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, la ricorrente censura i provvedimenti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, falsa applicazione del D. Lgs. 164/2000 con particolare riguardo agli artt. 14 e 15 comma 9, violazione e falsa applicazione della L. 51/2006 e delle direttive UE.

b) Violazione dell’atto aggiuntivo 23/3/2004, dell’art. 1375 del c.c. e del principio di buona fede contrattuale, eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità manifeste, travisamento e difetto di istruttoria, dato che esisteva un accordo sottoscritto che fissava un preciso limite temporale, poi disatteso dopo ben 7 anni.

La ricorrente chiede il risarcimento del danno patito per effetto degli atti impugnati.

Il Comune di Bonate Sopra non si è costituito in giudizio.

Nella memoria depositata in vista dell’udienza del 27/4/2011 parte ricorrente precisa che – con D.M. 19/1/2011 entrato in vigore l’1/4/2011 – sono stati determinati gli ambiti territoriali minimi ex art. 46bis del D.L. 159/2007, e l’art. 3 comma 3 statuisce che dalla data della sua entrata in vigore le gare sono indette unicamente per gli ambiti individuati dal decreto stesso.

Con nota depositata il 26/4/2011 parte ricorrente chiedeva il rinvio dell’udienza pubblica di discussione della causa, per verificare l’orientamento del Comune a fronte della predetta novella normativa.

Con motivi aggiunti depositati l’8/6/2011 la ricorrente impugna la deliberazione consiliare 22/3/2011 n. 2, recante la revoca in autotutela della deliberazione n. 3/2004, l’annullamento della pattuizione 23/4/2004, e la conferma (in realtà nuova fissazione) del termine del 31/12/2010 quale durata legale della concessione.

Le doglianze dedotte sono le seguenti:

c) Violazione dell’art. 3.3 del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 19/1/2011 (pubblicato il 31/3/2011 e in vigore dal giorno successivo), che inibisce l’indizione di nuove gare da parte dei singoli Enti locali, dovendo gli stessi agire unicamente attraverso gli ambiti;

d) Illegittimità procedimentale, poiché a distanza di un anno sono state adottate 2 deliberazioni aventi per oggetto gli indirizzi per la messa a gara del servizio, ma la seconda non incide sulla prima, con deficit di chiarezza e trasparenza dell’azione amministrativa.

Nella memoria finale parte ricorrente invoca altresì i dettami del recente art. 24 comma 4 del D. Lgs. 93/2011.

Alla pubblica udienza del 19/10/2011 il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti venivano chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

Motivi della decisione

La ricorrente, in qualità di gestore uscente, censura gli atti con i quali il Comune di Bonate Sopra ha stabilito la scadenza del rapporto concessorio.

1. Nel ricorso introduttivo, con il primo motivo I. si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione, della falsa applicazione del D. Lgs. 164/2000 con particolare riguardo agli artt. 14 e 15 comma 9, della violazione e falsa applicazione della L. 51/2006, delle direttive UE, in quanto:

o l’art. 15 comma 9 del D. Lgs. 164/2000 disciplina il periodo transitorio delle concessioni in corso a suo tempo affidate con gara, e l’approccio interpretativo della locuzione "gara" deve tenere conto (diversamente dall’art. 14 che regola le nuove procedure competitive) del contesto specifico in cui è utilizzata, ed in particolare del quadro giuridico che ha costituito lo sfondo del confronto comparativo avvenuto nel 1971;

o si tratta di concessioni risalenti nel tempo, quando il quadro normativo era più elastico e favorevole alle prerogative discrezionali della pubblica amministrazione (cfr. art. 267 del R.D. n. 1175/31, che ammetteva deroghe alla regola del pubblico incanto);

o la gara veniva allora intesa come confronto concorrenziale tra più offerte, con una procedura ristretta caratterizzata dall’invito di un certo numero di imprese; non vi erano garanzie procedurali stringenti, introdotte solo a partire dalla seconda metà degli anni "90 con le direttive comunitarie (direttive 93/37/CE per i lavori, 92/50/CE per i servizi, 93/36/CE per le forniture);

o si registrava la specialità dello schema concessorio, caratterizzato dall’elemento fiduciario nel rapporto tra parte pubblica e parte privata, per cui non è possibile trasporre gli attuali connotati della gara comunitaria alle concessioni di servizio di allora;

o il decreto Letta pone regole nette e rigorose per il futuro, ma non è corretto interpretare la disciplina transitoria solo alla luce dei principi guida del nuovo sistema, dovendosi applicare i canoni comunitari di gradualità e proporzionalità;

o nel verbale di licitazione privata allegato al contratto del 1971 si dà atto di una gara ufficiosa tra ditte specializzate del ramo, alla quale erano state invitate a partecipare 14 imprese, con una procedura qualificata dagli elementi tipici dell’evidenza pubblica, per cui la ricorrente vanta il diritto a proseguire la gestione fino al 31/12/2012 ex art. 15 comma 9 del decreto Letta.

La censura è priva di pregio.

1.1 Questo Tribunale ha già statuito (cfr. sentenza 19/12/2005 n. 1355, definita in appello con sentenza di improcedibilità 9/6/2008 n. 2826) che si è in presenza di una semplice trattativa privata preceduta da gara esplorativa quando la preselezione sia informale ed attuata nell’esclusivo interesse dell’amministrazione ad una rapida indagine di mercato, che non irrigidisca in uno schema "strictu sensu" concorsuale l’azione amministrativa.

1.2 L’avviso predisposto il 23/1/1971 dall’amministrazione (cfr. verbale allegato C della concessione – doc. 1 ricorrente) è stato certamente inviato ad un congruo numero di ditte, ma ciò non implica che la procedura abbia consentito l’accesso della platea di imprese concorrenti potenzialmente candidate: la mera consultazione di diverse ditte specializzate, all’epoca della concessione in essere, è infatti ascrivibile ad una trattativa privata e la circostanza di aver interpellato una pluralità di imprese – invitandole a formulare un’offerta – non è sufficiente a qualificare la procedura intrapresa come selezione pubblica, il cui connotato tipico è costituito dall’apertura alla partecipazione di tutte le ditte interessate, in possesso dei requisiti minimi di carattere economico e tecnico. Detta affermazione è avallata dal risultato pratico realizzato con la sollecitazione diretta di 14 imprese, in quanto soltanto una di esse ha presentato l’offerta poi prescelta.

1.3 Analoghe statuizioni sono racchiuse nella sentenza di questo Tribunale 12/5/2005 n. 490. La pronuncia è stata in verità riformata in appello dal Consiglio di Stato (sez. V – 27/6/2006 n. 4126), ma sul punto della natura della consultazione indetta a suo tempo dal Comune i giudici di secondo grado hanno condiviso il percorso interpretativo del T.A.R. Brescia, poiché "Un procedimento di selezione del contraente, da parte di una pubblica amministrazione, presenta i caratteri di evidenza pubblica allorché sia seguito un insieme di regole stabilite da un’apposita normativa, o, in caso di discrezionale scelta circa il modo di individuare il contraente privato, si dimostri che sia stata data adeguata pubblicità alla iniziativa e vi siano state corrette limitazioni del potere di selezione, attraverso un insieme di garanzie, date ai terzi, di parità di trattamento, fra tutti i soggetti che intendevano proporre offerte, quanto alla valutazione di esse".

1.4 Per quanto concerne il quadro normativo all’epoca vigente nell’ambito dei servizi pubblici, la giurisprudenza nazionale formatasi nello specifico settore delle concessioni del servizio di distribuzione del gas ha statuito che il ricorso, in via ordinaria, alla gara pubblica in ossequio alle esigenze di imparzialità e trasparenza è richiesto dai principi generali, nonché dall’art. 267 del T.U. 14/9/1931 n. 1175; l’affidamento a trattativa privata presuppone una motivazione particolarmente rinforzata, dalla quale devono risultare le ragioni di deroga alla procedura dell’asta e della licitazione privata: per "speciali circostanze", alle quali l’art. 267 del T.U. citato subordina la deroga alle regole dell’evidenza pubblica, si intendono quelle situazioni che rendono obiettivamente difficile o poco conveniente la selezione del concessionario mediante gara, anche in considerazione della prestazione d’interesse pubblico che il medesimo è chiamato ad assicurare; al contempo, a motivo della scelta della procedura negoziata non può essere invocata una convenienza non rigorosamente comparativa e documentata, ma basata su asserite condizioni di vantaggio e di affidabilità del concessionario (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III – 29/6/1999 n. 2523; sez. III – 23/9/1998 n. 2167). Rileva poi il Collegio che, anche nel periodo immediatamente successivo al primo rinnovo del rapporto (di ben 20 anni) è stato affermato che – in base al combinato disposto degli art. 276 e 265 del T.U. 1175/31 e dell’art. 26 del T.U. 15/10/1925 n. 2578 – la procedura ordinaria per l’affidamento di pubblici servizi in concessione è quella dell’asta pubblica, mentre la scelta del concessionario tramite trattativa privata può avvenire solo qualora lo consiglino circostanze speciali in rapporto alla natura dei servizi (sentenza Sezione 27/10/1992 n. 1138).

1.5 La gradualità dell’applicazione del nuovo sistema è stata garantita dal legislatore con la previsione di un congruo periodo transitorio (7 anni, elevabili a 9 nella prospettazione del Comune), già riconosciuto ampiamente sufficiente della giurisprudenza di questo Tribunale (cfr. par. 1.7 della sentenza sez. II – 22/1/2010 n. 518 confermata in appello da Consiglio di Stato, sez. V – 24/3/2011 n. 1783).

2. Con ulteriore doglianza parte ricorrente lamenta la violazione dell’atto aggiuntivo 23/3/2004, dell’art. 1375 c.c. e del principio di buona fede contrattuale, l’eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità manifeste, travisamento e difetto di istruttoria, dato che esisteva un accordo sottoscritto che fissava un preciso limite temporale, poi disatteso dopo ben 7 anni. Puntualizza I. che la revoca è ammissibile ai sensi dell’art. 21quinques della L. 241/90, ma limitatamente a sopravvenuti motivi di interesse pubblico o mutamento dei fatti o diversa valutazione dell’interesse pubblico originario, e comunque va motivata con riguardo al sacrificio imposto al privato.

La prospettazione non è suscettibile di positivo scrutinio.

2.1 Il problema dell’efficacia di un’eventuale deliberazione che stabilisca una dilazione temporale più ampia della scadenza prefissata dal Decreto Letta è stato affrontato da questa Sezione, la quale ha stabilito che il provvedimento si pone in contrasto con una norma imperativa di legge (sentenza 12/6/2009 n. 1121, il cui appello è stato dichiarato estinto con decreto presidenziale 24/9/2010 n. 7111), con riflessioni condivise da questo Collegio anche con riguardo alla questione della rilevabilità d’ufficio della nullità. L’intesa invocata dalla ricorrente sancisce per l’apertura alla concorrenza della distribuzione del gas nel Comune una scansione temporale diversa da quella fissata in via autoritativa dalla legge (D. Lgs. 164/2000), la quale introduce scadenze rigide e ipotesi tassative di proroga: la pattuizione pertanto dà origine ad un contrasto con norme imperative, paralizzando sino alla sua scadenza la possibilità del Comune di indire una pubblica gara per affidare il servizio. Da queste considerazioni il Tribunale ha tratto la conclusione della nullità dell’atto aggiuntivo e della delibera che ne aveva autorizzato la stipulazione, in violazione della scadenza massima fissata ex lege: anche aderendo alla tesi ampia per la quale il D.L. 30/12/2005 n. 273 conv. in L. 23/2/2006 n. 51 ha prorogato – ricorrendone le condizioni – in via automatica il termine delle concessioni al 31/12/2009, l’atto aggiuntivo prolunga di 3 anni tale datalimite, e deve essere considerato affetto da nullità.

In conclusione il gravame introduttivo è infondato.

3. Passando all’esame dei motivi aggiunti sollevati contro la deliberazione consiliare 22/3/2011 n. 2, parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 3.3 del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 19/1/2011 (pubblicato il 31/3/2011 e in vigore dal giorno successivo), che inibisce l’indizione di nuove gare da parte dei singoli Enti locali, dovendo gli stessi agire unicamente attraverso gli ambiti: sostiene I. il blocco delle procedure selettive indette autonomamente dai Comuni, qualora alla data dell’1/4/2011 non fossero (come nella specie) sfociate in un bando pubblicato.

Detta asserzione non è condivisibile.

3.1 L’art. 46bis del D.L. 1/10/2007 n. 159 conv. in L. 24/12/2007 n. 244 statuisce al comma 2 che "I Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata, determinano gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e determinano misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione". Al comma successivo è stabilito che "Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

3.2 Il Tribunale ha affermato (cfr. per tutte sentenza Sezione 22/1/2010 n. 518, già citata) che questa disposizione non prolunga la scadenza delle concessioni ma persegue, in un’ottica programmatoria, l’obiettivo di riorganizzare il servizio, con la previsione di ambiti territoriali sovracomunali e l’elaborazione di criteri di gara uniformi. La funzione principale è quella di razionalizzare il servizio e di conseguire economie di scala grazie agli accorpamenti – opportunamente incentivati – di più Comuni che comprendono un congruo bacino di utenti.

Poiché i termini previsti al comma 3 hanno natura ordinatoria – in assenza di elementi a favore della perentorietà – i principi di apertura al mercato e di promozione della concorrenza hanno indotto a ritenere che, fino all’attuazione delle linee di indirizzo impartite, i Comuni possano comunque indire gare pubbliche per l’affidamento medio tempore del servizio. Dopo l’attuazione delle disposizioni citate potranno essere indette le procedure selettive per l’individuazione del gestore unico del singolo ambito, tenendo conto dell’assetto a quel tempo vigente con clausole idonee a garantire i soggetti affidatari che hanno effettuato investimenti.

Non è viceversa sostenibile un percorso interpretativo favorevole a perpetuare ulteriormente lo status quo, che penalizzerebbe – ulteriormente e per un arco temporale non ben definito – l’attuazione dei principi di concorrenzialità e trasparenza tra le imprese di distribuzione del gas dell’Unione Europea (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 4/1/2011 n. 2, che ha anche sottolineato come alla fine del 2010 non erano ancora stati individuati i bacini ottimali di utenza e i criteri di selezione, nonostante fossero abbondantemente scaduti i termini previsti dall’art. 46bis per lo svolgimento dei relativi adempimenti).

3.3 L’art. 3 comma 3 del D.M. invocato stabilisce effettivamente che "a decorrere dall’entrata in vigore del presente provvedimento le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione gas previsto dall’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, per le quali non è stato pubblicato il bando o non è decorso il termine per la presentazione delle offerte di gara sono aggiudicate unicamente relativamente agli ambiti determinati nell’allegato 1 facente parte integrante del presente provvedimento. Il gestore uscente, ai sensi dell’articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, resta comunque obbligato a proseguire la gestione del servizio fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento".

Il testo normativo individua chiaramente un limite temporale oltre il quale, ove il bando non sia pubblicato o non sia decorso il termine di presentazione delle offerte, i Comuni non possono più procedere singolarmente ma solo in forma aggregata, dovendo attendere lo svolgimento della gara dell’ambito di appartenenza. Pur se il decreto non sembra riservare spazi per deroghe a favore delle amministrazioni che si attivano dopo la data dell’1/4/2011, secondo il principio tempus regit actum l’atto assunto non può reputarsi illegittimo, in quanto la sua emanazione è avvenuta quando la novella normativa non era ancora entrata in vigore: la deliberazione consiliare è stata infatti dichiarata immediatamente eseguibile e pertanto ha prodotto i suoi effetti in una data (22/3/2011) anteriore all’operatività del nuovo regime normativo.

3.4 La conclusione è rafforzata dall’art. 24 comma 4 del D. Lgs. 1/6/2011 n. 93, ai sensi del quale "Gli enti locali che, per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, alla data di entrata in vigore del presente decreto, in caso di procedura di gara aperta, abbiano pubblicato bandi di gara, o, in caso di procedura di gara ristretta, abbiano inviato anche le lettere di invito, includenti in entrambi i casi la definizione dei criteri di valutazione dell’offerta e del valore di rimborso al gestore uscente, e non siano pervenuti all’aggiudicazione dell’impresa vincitrice, possono procedere all’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale secondo le procedure applicabili alla data di indizione della relativa gara. Fatto salvo quanto previsto dal periodo precedente, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione sono effettuate unicamente per ambiti territoriali di cui all’articolo 46bis, comma 2, del decretolegge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222". Ai sensi del decreto legislativo, entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (avvenuta il 28/06/2011) la soglia temporale entro la quale i singoli Enti locali possono – attraverso la pubblicazione di un bando di gara completo – celebrare in proprio la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, è stata ulteriormente prorogata al 29/6/2011: pertanto la deliberazione impugnata è da ritenersi immune da vizi di legittimità.

3.5 E’ certamente degna di rilievo l’affermazione, da parte di I., secondo la quale nessun bando risulta pubblicato neppure alla data di svolgimento dell’udienza pubblica (come dichiarato a verbale dal legale della Società avv.to Emanuele Assereto). Tale circostanza è utile per una compiuta cognizione del quadro fattuale, che può influire sull’eventuale lex specialis che fosse approvata (e pubblicata) nel prosieguo e che dovrebbe essere ritualmente censurata.

4. Infondata è la seconda censura di illegittimità procedimentale, fondata sulla circostanza che a distanza di un anno sono state adottate 2 deliberazioni aventi per oggetto gli indirizzi per la messa a gara del servizio, e la seconda non incide sulla prima, con deficit di chiarezza e trasparenza dell’azione amministrativa.

4.1 La duplicazione di atti è di per sè ininfluente, potendo al più integrare un (trascurabile) aggravamento dell’azione amministrativa privo di conseguenze sul piano della legittimità, mentre il dato rilevante come già sottolineato è la nullità della pattuizioni in deroga al regime temporale introdotto dal decreto Letta. La stessa posticipazione della scadenza al 31/12/2010, favorevole a parte ricorrente, è irrilevante, traendo la propria plausibile spiegazione nel decorso del tempo e nella gestione di fatto proseguita con I..

5. In conclusione anche i motivi aggiunti sono infondati e devono essere respinti, e con essi anche la domanda risarcitoria.

La complessità delle questioni e le novità normative giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando respinge il gravame principale ed i motivi aggiunti.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *