T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 04-11-2011, n. 1513

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Consorzio B., contraente generale su incarico di B. Società di Progetto spa per la realizzazione del collegamento autostradale tra Milano e Brescia, ha comunicato alla società ricorrente L.A. srl con nota del direttore del 5 maggio 2011 la propria volontà di interrompere le trattative finalizzate alla stipula di un contratto di trasporto di materiali inerti (per un importo presunto pari a Euro 723.730,85).

2. Il primo presupposto della decisione del Consorzio B. è costituito dall’informativa antimafia atipica ex art. 1septies del DL 6 settembre 1982 n. 629 inviata dalla Prefettura di Bergamo con nota dell’11 aprile 2011. Nell’informativa (che si basa su dati trasmessi dalla Prefettura di Milano con lettera di pari data) si evidenzia che il signor V.B., legale rappresentante della società ricorrente, è stato citato a giudizio davanti al Tribunale di Milano in due procedimenti penali (n. 31057/09 e n. 38870/10) per i reati di cui agli art. 256 e 260 del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata, e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti).

3. Il secondo presupposto della decisione di escludere la ricorrente è rappresentato dal protocollo di legalità stipulato il 16 gennaio 2010 tra la Prefettura di Bergamo, C.A.L. spa (soggetto concedente e aggiudicatore ex art. 1 comma 979 della legge 27 dicembre 2006 n. 296) e B. spa (concessionario dell’opera), con l’accettazione del Consorzio B. (contraente generale). L’art. 3 del protocollo (rubricato "Informazioni atipiche") stabilisce al comma 1 che "(il) Concessionario si impegna, ai fini delle valutazioni discrezionali ammesse dalla legge, ad escludere le ditte per le quali il Prefetto fornisca gli "elementi di fatto e le indicazioni utili alla valutazione dei requisiti soggettivi" secondo il disposto dell’art. 1septies (del) decreto legge 6 settembre 1982 n. 629". L’art. 9 del protocollo precisa che tutti gli obblighi e i compiti del concessionario si intendono trasferiti al contraente generale, salvo alcune specifiche eccezioni.

4. Una volta ricevuta l’informativa dell’11 aprile 2011 il Consorzio B. con lettera del 28 aprile 2011 ha chiesto alla Prefettura di Bergamo se le notizie trasmesse fossero tali da determinare l’esclusione della ricorrente, posto che i procedimenti penali segnatati non rientravano in nessuna delle ipotesi di esclusione automatica. La Prefettura con nota del 2 maggio 2011 ha precisato che "sarebbe senz’altro conforme allo spirito del Protocollo di Legalità (che ha tra gli obiettivi quello di anticipare le cautele antimafia) ed in particolare dell’art. 3 comma 1, che il contraente generale decidesse di esercitare il proprio potere discrezionale (…) non sottoscrivendo contratti con una società oggetto di informazione antimafia atipica". A questo punto il Consorzio B. con nota del direttore del 5 maggio 2011 ha comunicato alla ricorrente la decisione di non affidarle alcun incarico.

5. Contro tale decisione e contro gli atti presupposti (informativa della Prefettura di Bergamo dell’11 aprile 2011, clausola dell’art. 3 comma 1 del protocollo di legalità, lettera della Prefettura di Milano dell’11 aprile 2011) la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 6 giugno 2011 e depositato il 10 giugno 2011. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione dell’art. 1septies del DL 629/1982, in quanto il contraente generale ha disposto l’esclusione in via automatica per la sola presenza di un’informativa atipica, vincolato in questo dall’illegittima disposizione dell’art. 3 comma 1 del protocollo di legalità; (ii) travisamento dei fatti, in quanto i reati ambientali per i quali il legale rappresentante della ricorrente è sottoposto a giudizio non implicano contatti con la criminalità organizzata (le questioni coinvolte riguarderebbero invece principalmente la qualificazione delle terre e delle rocce trasportate come rifiuti pericolosi o come materie prime secondarie). Oltre all’annullamento degli atti impugnati è stato chiesto il risarcimento in forma specifica o per equivalente.

6. Il Ministero dell’Interno, le Prefetture di Bergamo e Milano, il Consorzio B. e B. spa si sono costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso. Gli ultimi due soggetti hanno inoltre eccepito la carenza di giurisdizione (in quanto ex art. 176 comma 6 del Dlgs. 12 aprile 2006 n. 163 i rapporti tra il contraente generale e i terzi sono di diritto privato) nonché l’incompetenza territoriale (in quanto il Consorzio B., contraente generale, ha sede a Parma).

7. Questo TAR con ordinanza n. 601 del 24 giugno 2011 ha disposto istruttoria chiedendo all’Ufficio Antimafia della Prefettura di Bergamo di chiarire quale sia il collegamento (accertato o ipotizzato) tra i reati per cui pendono i procedimenti penali segnalati e il rischio di infiltrazioni mafiose. Sulla base della relazione della Prefettura di Bergamo depositata il 6 luglio 2011, e tenendo conto dei documenti depositati dall’Avvocatura dello Stato l’8 luglio 2011, la situazione complessiva della ricorrente è così riassumibile:

(a) i due processi a carico del legale rappresentante non rilevano per sé ma per la qualità dei coimputati. Specificamente nel procedimento n. 31057/09 vi sono due coimputati che in base alle relazioni della Direzione Investigativa Antimafia di Milano (DIA) sono in collegamento con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata (uno è parente e l’altro è stato controllato in compagnia di appartenenti a cosche criminali). Anche un terzo coimputato risulta citato all’interno di informative della DIA;

(b) il legale rappresentante della ricorrente risulta inoltre indagato nel procedimento penale n. 41339/08 (bonifica di Santa Giulia) per attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256 del Dlgs. 152/2006) e per avvelenamento di acque (art. 439 cp);

(c) la Prefettura di Milano ha emesso nei confronti della società ricorrente in data 21 maggio 2009 un’informativa antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett. c) del DPR 3 giugno 1998 n. 252, in quanto all’epoca le indagini della DIA (v. in particolare la nota del 29 aprile 2009) avevano accertato "numerosi rapporti contrattuali non occasionali (…) con società collegate e gestite da soggetti appartenenti ad organizzazioni di tipo mafioso";

(d) la suddetta informativa è stata però revocata il 31 luglio 2009, quando la medesima Prefettura ha preso atto che, avendo la ricorrente risolto i rapporti in essere con i "terzisti controindicati", non sussistevano più (come accertato in una relazione della DIA del 30 luglio 2009) gli elementi sintomatici del tentativo di infiltrazione mafiosa.

8. Così ricostruita la vicenda è possibile esaminare ora le questioni giuridiche coinvolte nel presente giudizio.

9. Per quanto riguarda le questioni preliminari, l’eccezione di giurisdizione non appare condivisibile. Il controllo antimafia del contraente generale sulle imprese che eseguono i lavori è infatti strettamente collegato all’esercizio di funzioni pubbliche e per questa via anche alla giurisdizione amministrativa. In proposito si osserva quanto segue:

(a) il protocollo di legalità è uno strumento di contrasto alle infiltrazioni mafiose nella realtà economica disciplinato dall’art. 176 comma 3 lett. e) del Dlgs. 163/2006. Si tratta di un accordo tra l’autorità di pubblica sicurezza e i soggetti privati responsabili della realizzazione delle grandi opere, il cui contenuto è definito dal CIPE sulla base delle lineeguida indicate dal Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere (quest’ultimo istituito con DM 14 marzo 2003). Il CIPE con deliberazione n. 42/2009 del 26 giugno 2009, relativa all’approvazione del progetto definitivo del collegamento autostradale tra Milano e Brescia, ha disposto e regolato la stipula del protocollo di legalità tra le Prefetture territorialmente competenti, il soggetto concedente e aggiudicatore, e il concessionario;

(b) in base al protocollo di legalità il contraente generale ha l’obbligo (per il profilo che qui interessa) di non affidare lavori a imprese sospettate di infiltrazioni mafiose. La decisione di non negoziare assunta dal contraente generale sostituisce un provvedimento di inibizione che sarebbe stato di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza. Il modulo organizzativo scelto dal legislatore è assimilabile alla categoria degli accordi sostitutivi di cui all’art. 11 della legge 7 agosto 1990 n. 241, con la variante che in questo caso (dato il carattere negativo e interdittivo del potere esercitato) non interviene un accordo con il destinatario finale del provvedimento ma un accordo con i soggetti privati (concessionario e contraente generale) che si trovano in posizione intermedia tra l’amministrazione e il destinatario finale. Il risultato è però lo stesso, in quanto l’appalto a cui aspira l’impresa sospettata di infiltrazione mafiosa, anziché essere inibito con un provvedimento amministrativo, è negato, in applicazione del suddetto accordo, mediante un rifiuto di negoziazione del contraente generale;

(c) osservando quindi il protocollo di legalità come un accordo di investitura finalizzato formalmente a sostituire una tipologia di provvedimenti amministrativi con atti gestionali del contraente generale e sostanzialmente a conseguire attraverso l’attività del contraente generale il medesimo obiettivo di contrasto alla criminalità organizzata, e osservando inoltre l’esclusione adottata dal contraente generale come un atto di esecuzione del protocollo di legalità, sussiste il collegamento oggettivo con la giurisdizione amministrativa ex art. 133 comma 1 lett. a(2) cpa;

(d) occorre poi sottolineare che alla base dell’esclusione vi è comunque un atto amministrativo, ossia l’informativa antimafia atipica della Prefettura, richiamata nel protocollo di legalità come fonte di informazioni qualificate per il contraente generale. Pertanto la scelta di quest’ultimo di escludere dagli appalti le imprese sospettate di infiltrazione mafiosa, oltre ad essere fondata su un accordo con l’amministrazione (il protocollo di legalità), trova anche un immediato antecedente logico e giuridico in un atto amministrativo, di cui costituisce l’estensione applicativa;

(e) ne consegue che il contraente generale quando dispone l’esclusione delle imprese sospettate di infiltrazione mafiosa agisce nella veste di pubblica amministrazione, o più precisamente come soggetto equiparato a una pubblica amministrazione, il che attiva il collegamento alla giurisdizione amministrativa anche sul piano soggettivo ex art. 7 comma 2 cpa (v. CGA Sicilia 5 gennaio 2011 n. 9);

(f) in definitiva sono impugnabili davanti al giudice amministrativo tanto le informative prefettizie quanto l’applicazione delle stesse da parte del contraente generale.

10. Parimenti non è condivisibile l’eccezione di incompetenza territoriale. Poiché l’esclusione della ricorrente da un lato si basa sul protocollo di legalità sottoscritto a Bergamo per iniziativa della locale Prefettura, e dall’altro trae origine proprio dalle indicazioni fornite dalla Prefettura di Bergamo (sostituendosi a un atto di interdizione che nella tradizionale impostazione provvedimentale sarebbe stato assunto da tale autorità), sussiste il collegamento con questo TAR secondo il normale criterio della sede dell’amministrazione titolare del potere (e responsabile di ultima istanza della tutela dell’interesse pubblico) ai sensi dell’art. 13 comma 1 cpa.

11. Passando al merito, la tesi della ricorrente appare condivisibile nei termini qui di seguito esposti:

(a) le informative antimafia appartengono a diverse categorie. Nell’elaborazione giurisprudenziale (v. CS Sez. VI 28 aprile 2010 n. 2441) vengono individuate in sintesi: (1) le informative ricognitive di cui all’art. 4 comma 4 del Dlgs. 8 agosto 1994 n. 490 (con le quali le Prefetture comunicano alle amministrazioni richiedenti le cause di divieto di rilascio di licenze, concessioni, iscrizioni, erogazioni, nonché le cause di esclusione dai contratti, che sono conseguenti a provvedimenti giudiziari); (2) le informative immediatamente interdittive di cui all’art. 10 comma 7 lett. c) del DPR 252/1998 (ossia quelle basate su accertamenti disposti dalle Prefetture relativamente a tentativi di infiltrazione mafiosa); (3) le informative atipiche di cui all’art. 1septies del DL 629/1982;

(b) le informative atipiche non sono immediatamente interdittive, in quanto la scelta circa l’esclusione del soggetto segnalato è rimessa all’amministrazione destinataria. Tuttavia nel caso delle grandi opere queste informative hanno un ruolo rafforzato, in quanto sono prese in considerazione nei protocolli di legalità quale parametro per misurare il grado di infiltrazione delle imprese. In base agli obblighi assunti con il protocollo di legalità il concessionario e il contraente generale hanno l’obbligo di tenere conto delle informazioni ricevute dalla Prefettura per decidere se contrattare o meno con una determinata impresa;

(c) nello specifico la ricorrente contesta l’automatismo tra informativa atipica ed esclusione, ma l’art. 3 comma 1 del protocollo di legalità stipulato il 16 gennaio 2010 non può essere interpretato come una disposizione che obblighi il contraente generale a escludere un’impresa per la sola presenza di una simile informativa. Lo stesso tenore letterale della clausola si oppone a questa lettura (v. sopra al punto 3), anche se in effetti la formula utilizzata è meno chiara di quelle inserite in altri protocolli di legalità relativi alla medesima opera (v. i protocolli delle Prefetture di Cremona e Lodi – doc. 1011 della ricorrente – i quali ai rispettivi art. 3 stabiliscono che "(il) Concessionario si impegna ad effettuare le valutazioni discrezionali ammesse dalla legge, ai fini dell’eventuale esclusione");

(d) è peraltro evidente lo squilibrio esistente tra la posizione della Prefettura (che può accedere alle banche dati dei corpi di polizia e alle relazioni della DIA) e quella del contraente generale: quest’ultimo deve decidere sull’esclusione delle imprese ma si trova a gestire e a interpretare informazioni di cui non conosce il contesto. Il peso maggiore della responsabilità per la decisione finale rimane quindi di fatto sul soggetto pubblico (la Prefettura) che ha istituzionalmente il compito di combattere le infiltrazioni mafiose nel tessuto economico e dispone dei relativi strumenti di indagine. Il ruolo del concessionario o del contraente generale è condizionato e in definitiva servente rispetto a quello dell’autorità di pubblica sicurezza. La scelta legislativa di investire il privato del potere di esclusione ha verosimilmente una finalità pratica, ossia quella di migliorare l’efficienza del contrasto alle infiltrazioni mafiose attraverso la responsabilizzazione degli operatori economici, ma la discrezionalità tecnica nella valutazione delle singole imprese è inevitabilmente (e legittimamente) guidata e limitata dalla rappresentazione dei fatti e degli scenari criminali contenuta nelle informative antimafia;

(e) nel caso in esame la Prefettura di Bergamo con la nota del 2 maggio 2011 (v. sopra al punto 4) ha particolarmente ridotto gli spazi decisionali del contraente generale, in quanto ha lasciato chiaramente intendere che i contatti tra la ricorrente e il mondo della criminalità organizzata avessero la consistenza minima richiesta dal protocollo di legalità per procedere all’esclusione;

(f) esaminando in concreto gli elementi su cui si è basato il giudizio della Prefettura di Bergamo e di riflesso quello del contraente generale si deve sottolineare che, se in effetti vi sono prove di plurimi contatti tra la ricorrente e soggetti sospettabili di essere emanazione sul versante economico della criminalità organizzata, tali rapporti sono però venuti meno già nei primi mesi del 2009. Assume sotto questo profilo un’importanza decisiva l’atteggiamento della Prefettura di Milano, che ha in un primo momento adottato una informativa antimafia interdittiva e a distanza di pochi mesi l’ha revocata (v. sopra al punto 7). Le circostanze riportate nell’informativa atipica dell’11 aprile 2011 della Prefettura di Bergamo non sono qualificabili come elementi sopravvenuti. In realtà il procedimento penale n. 31057/09 (l’unico rilevante sotto il profilo antimafia a causa della qualità dei coimputati) riguarda fatti commessi nei giorni 235 maggio 2008: pertanto, se anche in sede penale venisse accertato (oltre ai reati ambientali) un collegamento significativo tra la ricorrente e soggetti nell’orbita della criminalità organizzata, si tratterebbe comunque di rapporti già presi in considerazione nelle relazioni della DIA e interrotti nel corso del 2009. Proprio sull’interruzione di tali rapporti si basa infatti la revoca da parte della Prefettura di Milano, in data 31 luglio 2009, dell’informativa antimafia interdittiva. Anche le condotte oggetto del procedimento penale n. 38870/10 sono anteriori alla predetta revoca (si collocano nel periodo 110 agosto 2008);

(g) per quanto l’informativa antimafia interdittiva e quella atipica siano differenti nei presupposti e nelle conseguenze non è possibile ritenere che un fatto considerato non rilevante (o non più rilevante) per l’adozione del primo tipo di provvedimento diventi invece, una volta inserito nel secondo tipo di provvedimento, il presupposto per determinare un effetto interdittivo attraverso l’intervento del destinatario dell’informativa atipica (nello specifico il contraente generale). Tanto più se il destinatario per assumere la propria decisione non dispone che degli elementi forniti dalla Prefettura (situazione che corrisponde alla generalità dei casi, trattandosi di notizie derivanti da indagini sulla criminalità organizzata);

(h) il coinvolgimento del legale rappresentante della ricorrente nelle indagini sulla bonifica di Santa Giulia potrebbe modificare il quadro fattuale e introdurre nuovi sospetti circa l’esistenza di rapporti con imprese ricollegabili alla criminalità organizzata. Per il momento non vi sono però elementi da cui si possa desumere che l’interruzione dei rapporti avvenuta nel 2009, e positivamente valutata dalla Prefettura di Milano, sia stata fittizia.

12. In conclusione, con le precisazioni esposte sopra, il ricorso deve essere accolto, e conseguentemente deve essere annullata l’esclusione dai contratti disposta dal contraente generale il 5 maggio 2011. Tale esito processuale è integralmente satisfattivo per la ricorrente e dunque non vi sono i presupposti per riconoscere il risarcimento per equivalente. La complessità della vicenda consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando accoglie il ricorso, come precisato in motivazione, e conseguentemente annulla la nota del direttore del Consorzio B. del 5 maggio 2011. Spese integralmente compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *