T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 04-11-2011, n. 2654 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrente sono proprietari di un immobile nel Comune di Carnate, con vista sul lago.

Con il presente ricorso hanno impugnato la delibera del Consiglio Comunale n. 18 dell’8 settembre 2008, avente ad oggetto l’approvazione definitiva del piano di recupero di un fabbricato limitrofo alla loro proprietà, in cui si prevede l’innalzamento di un piano, con conseguente privazione di veduta del lago.

Avverso il piano di recupero sono articolate le seguenti censure:

1) violazione dell’art 16 comma 3 L.U. e degli artt. 2 e 3 L. 241/90: il piano di recupero non è stato sottoposto al parere della Soprintendenza;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 2 comma 2 lett. d) della LR 23/97 e 25 L.R. 12/2005: in base ad una interpretazione estensiva dell’art 25 LR 12/2005 è stato consentito l’intervento di recupero, con un aumento superiore al 10% del peso insediativo, creando un nuovo corpo;

3) violazione e disapplicazione dell’art 16 delle NTA del PRG in tema di altezza degli edifici oggetto del Piano di recupero: viene creato un nuovo piano, superando l’altezza consentita;

4) violazione dell’art 5 delle NTA in tema di distanze: il nuovo piano viola le distanze dai confini e dagli edifici; inoltre sono state calcolate erroneamente, escludendo i corpi aggettanti;

5) violazione della normativa regionale in tema di scansione procedurale dei piani attuativi; mancata ripubblicazione del progetto: l’Ufficio tecnico ha imposto prescrizioni sul progetto, senza richiedere la necessaria ripubblicazione.

Con motivi aggiunti depositati in data 18 agosto 2009 è stato impugnato il nulla osta paesistico del 25 maggio 2009 prot. 2461, per opere in variante al provvedimento paesistico n. 2155 del 11 aprile 2007, articolando la seguente censure:

6) eccesso di potere e violazione di legge: difetto di motivazione, art 3 L. 241/90, violazione e falsa applicazione della delibera di Giunta Regionale n. 8/2121 del 15 marzo 2006: nel provvedimento non si rinviene alcuna valutazione circa la compatibilità dell’opera.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione comunale intimata, sollevando eccezioni preliminari e chiedendo il rigetto del ricorso nel merito.

Alla udienza del 20 ottobre 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione dal Collegio.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso principale viene impugnata la delibera di approvazione del piano di recupero, interessante un immobile limitrofo alla proprietà di parte ricorrente; oggetto dei motivi aggiunti è invece il parere paesaggistico reso sulla variante al progetto.

2. In via preliminare si devono esaminare le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità.

2.1 Il ricorso è tempestivo, essendo stato presentato per la notifica nel termine decadenziale di 60 giorni, che decorre dall’ultimo giorno di pubblicazione della delibera all’Albo Pretorio. Nel caso di specie la delibera è stata affissa dal 28 ottobre per 15 giorni, cioè fino al 12 ottobre, mentre il ricorso è stato presentato agli Ufficiali Giudiziari il 9 dicembre.

2.2 Anche l’eccezione di inammissibilità è infondata.

Non solo infatti sussiste il requisito della vicinitas, ma l’intervento ha comportato anche una limitazione della veduta: è stato riconosciuto l’interesse ad impugnare il titolo edilizio rilasciato a terzi, in capo al proprietario limitrofo che, "lamentando la lesione dell’interesse a godere della veduta, dimostri la titolarità di una costruzione in area limitrofa a quella di esecuzione dei lavori, anche se non abbia fornito la prova che questi ultimi abbiano cagionato un danno, costituendo questa una questione di merito irrilevante sulla condizione dell’azione" (Consiglio Stato, sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3744).

2.3 Totalmente inconferente l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse conseguente all’approvazione del PGT: si tratta infatti di una asserzione priva di riscontro, dal momento che nessuna disposizione del PGT pare abbia inciso sulla efficacia del piano di recupero de quo.

3) Nel merito il ricorso merita accoglimento, essendo prima facie fondato il motivo n. 4 (indicato nel ricorso al punto 9), relativo alla violazione delle distanze.

Dalla ricostruzione dei fatti è evidente che la torretta è stata ampliata e sostituita con un nuovo piano, violando la distanza dai confini e dagli edifici.

Contrariamente da quanto sostenuto dall’Ufficio Tecnico, la misurazione deve ricomprendere il vano scala, le rampe e il vano ascensore, in quanto corpi aggettanti di misura superiore a mt 1,50.

Sostiene poi la difesa dell’Amministrazione che trattandosi di ristrutturazione, non devono essere rispettate le distanze dal confine imposte dal regolamento edilizio per le nuove costruzioni.

La tesi del Comune non è condivisibile: questa Sezione ha anche recentemente affermato che "sono soggetti alla disciplina delle distanze tutti gli interventi edilizi, ancorché definiti come "ristrutturazione", che comportino l’ampliamento di edifici "all’esterno della sagoma esistente" (cfr. le "definizioni" di cui all’art. 27 comma 1 lett. e) n. 1), l. rg. n. 12 del 2005, che testualmente annovera tale fattispecie tra gli "interventi di nuova costruzione") T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 dicembre 2010, n. 7505).

Infatti la disposizione di cui all’art 9, d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, pur riferendosi (comma 1 n. 2) alla realizzazione di "nuovi edifici", è applicabile anche agli interventi di sopraelevazione e dunque anche alle ristrutturazioni, quando comportano un incremento dell’altezza del fabbricato.

4) Pertanto la fondatezza del motivo è sufficiente per accogliere il ricorso e annullare la delibera del C.C. 18/2008 di approvazione del piano di recupero.

Gli ulteriori motivi possono essere assorbiti.

L’annullamento del piano di recupero comporta altresì la caducazione del nulla osta paesistico impugnato con i motivi aggiunti, stante il rapporto immediato, diretto e necessario con il piano di recupero.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la delibera del C.C. 18/2008 di approvazione del piano di recupero.

Condanna il Comune di Carate Urio al pagamento delle spese di lite, quantificate in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge, da liquidarsi a favore di parte ricorrente, in parti uguali

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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