Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La società esponente realizzava, in via Togliatti in Comune di Vigevano (PV), un edificio ad uso commerciale su più piani, in forza di rituale titolo abilitativo.
In data 13.3.2003, il tecnico della società chiedeva il rilascio del certificato di abitabilità per una serie di unità immobiliari site nel citato edificio, la cui destinazione era però nel frattempo stata mutata da uso commerciale (come da originaria concessione edilizia), ad uso abitativo.
L’Amministrazione comunale, ritenendo tale mutamento di destinazione – seppure posto in essere senza opere edili – in contrasto con lo strumento urbanistico (Piano Regolatore Generale, PRG), irrogava alla società, nel novembre 2003, la sanzione prevista dall’allora vigente legge regionale n. 1/2001, la quale, all’art. 3, stabiliva, in caso di mutamento di destinazione d’uso senza opere in difformità dalle previsioni urbanistiche, l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari all’aumento di valore venale dell’immobile oggetto di cambio d’uso (la legge regionale 1/2001 è oggi abrogata, ma analoga previsione è contenuta nell’art. 53 della vigente legge regionale 12/2005).
Contro il citato primo provvedimento sanzionatorio era proposto – davanti a questo TAR – il ricorso RG 3323/2003, che era successivamente accolto con sentenza della Seconda Sezione del TAR n. 1877 del 2005; in particolare il Tribunale annullava il provvedimento di irrogazione della sanzione del 28.11.2003 per erroneità nella determinazione della superficie delle unità immobiliari interessate.
A fronte della suddetta sentenza, il Comune di Vigevano chiedeva all’Agenzia del Territorio di Pavia una nuova perizia di stima dell’incremento del valore venale dell’immobile e – conseguentemente – irrogava all’esponente una nuova sanzione pecuniaria, per un importo di euro 60.900,00, con determinazione dirigenziale del 4.7.2008.
Contro quest’ultimo provvedimento era proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva, per i motivi che possono così essere sintetizzati:
1) eccesso di potere e nullità per sviamento di giudicato, dove si sostiene che il Comune avrebbe erroneamente interpretato il giudicato formatosi sulla sentenza del TAR Lombardia n. 1877/2005;
2) eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto, illogicità manifesta e vizi del procedimento, nel quale sono contestati i criteri utilizzati dall’Agenzia del Territorio di Pavia per la stima dell’incremento di valore degli immobili;
3) difetto di motivazione (motivo proposto in via subordinata).
Si costituiva in giudizio il Comune intimato, concludendo per il rigetto del gravame.
In esito all’udienza cautelare del 20.11.2008, la domanda di sospensiva era respinta con ordinanza n. 1710/2008, per difetto del periculum in mora.
Alla pubblica udienza del 20.10.2011, la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1. Nel primo mezzo di ricorso, è lamentata la presunta violazione del giudicato formatosi sulla sentenza del TAR Lombardia n. 1877/2005, che aveva annullato un precedente provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria amministrativa, per la medesima fattispecie di cui è causa.
Il mezzo è privo di pregio: è sufficiente l’integrale lettura della sentenza citata per verificare che il TAR, accogliendo il ricorso per motivi aggiunti contro il provvedimento di rettifica dell’originario importo della sanzione, ha censurato l’operato del Comune di Vigevano – e pertanto anche dell’Agenzia del Territorio di Pavia, autrice della perizia di stima dell’incremento di valore degli immobili – soltanto perché l’Amministrazione, anziché tenere conto dell’effettiva superficie degli immobili stessi, aveva preso a riferimento una superficie fittizia, determinata in applicazione del DPR 138/1998, avente però rilevanza soltanto ai fini fiscali (cfr. il testo della sentenza, doc. 12 della ricorrente ed in particolare le considerazioni svolte a pag. 5 ed a pag. 6 della sentenza stessa).
Nella sentenza non è però in alcun modo messo in discussione l’operato dell’Amministrazione per ragioni differenti da quella sopra indicata; in particolare il Tribunale non ha negato né l’intervenuto mutamento di destinazione d’uso né il contrasto di quest’ultimo con le previsioni di piano.
Di conseguenza, il giudicato sopra indicato non ha alcun effetto preclusivo sul riesercizio del potere da parte dell’Amministrazione.
Pertanto, di fronte alla citata pronuncia giurisdizionale, correttamente il Comune di Vigevano ha avviato nuovamente il procedimento sanzionatorio in applicazione della legge regionale 1/2001 – ora sostituita dalla legge regionale n. 12/2005, recante però previsioni normative pressoché identiche -, ponendo a fondamento della propria ultima determinazione, ivi impugnata, la nuova perizia dell’Agenzia del Territorio di Pavia del 29.5.2007.
Sotto tale profilo, pertanto, la condotta del Comune non può dirsi in contrasto con il giudicato di cui alla sentenza 1877/2005.
2. Nel secondo motivo, la ricorrente contesta la perizia di stima del valore degli immobili di cui è causa, redatta dall’Agenzia del Territorio di Pavia nell’interesse del Comune di Vigevano: quest’ultimo, infatti, ha stipulato con la suddetta Agenzia apposita convenzione, ai fini delle stime immobiliari.
La perizia di cui è causa è quella redatta il 15.5.2007, trasmessa all’Ente locale con nota del Direttore dell’Agenzia del 23.5.2007 e ricevuta il successivo 29 maggio (cfr. doc. 12 del resistente e doc. 16 della ricorrente), perizia espressamente richiamata nel provvedimento impugnato (cfr. doc. 13 del resistente, ultimo "Vista").
Nella perizia sono individuate sette unità immobiliari, collocate al primo ed al secondo piano, che sono state oggetto di cambio di destinazione d’uso, per una superficie totale complessiva di 609 metri quadrati.
Il Tecnico Redattore, prima dell’effettuazione della stima, ricorda che, al momento del cambio d’uso, la destinazione urbanistica della zona, secondo il PRG allora vigente, era quella di cui all’art. 74 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA), vale a dire "zona commerciale".
L’esponente, nel secondo motivo, pare contestare il richiamo all’art. 74, ma tale argomento è privo di pregio, visto che è incontestato che tale era la norma di piano applicabile al momento del cambio di destinazione, norma che qualifica espressamente l’area dove è collocato l’edificio di cui è causa fra le "zone commerciali" (cfr. il testo del citato art. 74, doc. 3 del Comune e doc. 14 della ricorrente).
A detta della ricorrente, tuttavia, l’errore essenziale in cui sarebbe incorso il tecnico stimatore dell’Agenzia del Territorio, consisterebbe nella fallace indicazione dell’immobile da stimare, in rapporto alla sua destinazione urbanistica.
In particolare, si continua nell’atto introduttivo del giudizio, la destinazione originaria dell’immobile, da tenere in considerazione da parte del tecnico, doveva essere quella "commerciale", secondo il citato art. 74 delle NTA, mentre ai fini della valutazione sarebbe stata presa in considerazione una destinazione differente, cioè quella "uffici" (cfr. pag. 4 della perizia), ovverossia quella "terziaria" (cfr. pag. 5 della perizia).
La radicale diversità, secondo l’esponente, fra la destinazione commerciale e quella terziaria, utilizzata dall’Agenzia per la propria stima, implicherebbe l’illogicità della perizia e la conseguente illegittimità del provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria.
La tesi difensiva della società ricorrente non può trovare accoglimento.
L’art. 74 delle NTA, sopra citato, consente la realizzazione, nelle zone commerciali, di: a) spazi commerciali; b) depositi e magazzini; c) servizi tecnici e amministrativi per l’attività commerciale.
Le sette unità immobiliari di cui è causa, per le quali è stata mutata la destinazione d’uso in violazione del PRG (circostanza questa non contestata, visto che il ricorso attiene esclusivamente al problema del valore delle unità stesse), sono collocate al primo ed al secondo piano (cfr. pag. 1 della perizia), quindi non possono ragionevolmente assumere il valore di mercato proprio degli spazi commerciali siti al piano terra e sulla pubblica via, questi ultimi normalmente aperti al pubblico degli utenti e dei consumatori ed aventi quindi solitamente un apprezzabile valore economico.
Al contrario, la collocazione al primo ed al secondo piano implica una destinazione o ad uso deposito/magazzino (poco probabile, viste le maggiori difficoltà logistiche legate alla collocazione di merci su piani rialzati), oppure ad uso di – per utilizzare le parole dell’art. 74 delle NTA – "servizi tecnici amministrativi per l’attività commerciale", vale a dire ad uso ufficio o terziario (la parola "terziario" deve essere considerata in senso atecnico, quale sostanziale sinonimo di "ufficio").
Di conseguenza, non pare esservi stato alcun travisamento o alcun errore da parte dello stimatore dell’Agenzia del Territorio né una supposta violazione dell’art. 74 citato: infatti le unità immobiliari di cui è causa, per la loro collocazione, ben possono essere valutate secondo una destinazione ad uso terziario, che appare compatibile con la destinazione di "zona commerciale" di cui all’art. 74.
Risulta, pertanto, corretta la stima sull’incremento di valore degli immobili, pari a 100,00 euro al metro quadrato, visto il maggior valore della destinazione residenziale rispetto a quella commerciale nella zona cittadina di cui è causa.
Si aggiunga ancora, fermo restando quanto sopra esposto, che le valutazioni tecniche espresse dall’Agenzia del Territorio rappresentano manifestazione di discrezionalità tecnica, censurabile soltanto in caso di evidenti errori o macroscopiche illogicità, non riscontrabili nel caso di specie (cfr. sul punto Consiglio di Stato, sez. V, 18.2.1991, n. 160).
Nel tentativo di confutazione della citata perizia, l’esponente produce, infine, due documenti, contrassegnati al n. 19 ed al n. 20, vale a dire due stime provenienti la prima dall’ing. Asta di Vigevano e la seconda dalla società Casa Più Srl, sempre di Vigevano.
Tali documenti, prodotti peraltro tardivamente il 16.9.2011, in violazione pertanto del termine di quaranta giorni di cui all’art. 73 comma 1° del D.Lgs. 104/2010 ("Codice del processo amministrativo"), non mutano però l’orientamento del Collegio.
Si tratta, infatti, di dichiarazioni di valore degli immobili tutto sommato apodittiche, prive di adeguato supporto e riscontro tecnico, che si risolvono pertanto in una sorta di petizione di principio, non certo idonea a scalfire le risultanze dell’Agenzia del Territorio.
Il secondo motivo deve, di conseguenza, essere respinto.
3. Con il terzo motivo, proposto peraltro in via subordinata, è denunciato il presunto difetto di motivazione della perizia dell’Agenzia del Territorio, che avrebbe in maniera acritica ed autoreferenziale richiamato i dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare, senza sottoporli ad una adeguata valutazione.
La censura non merita accoglimento, tenuto conto in primo luogo che l’Osservatorio del Mercato Immobiliare è un organismo pubblico, istituito presso l’Amministrazione Finanziaria ai fini di agevolare l’attività di stima degli immobili svolta ora dall’Agenzia del Territorio ed un tempo dagli Uffici Tecnici Erariali; le cui valutazioni, seppure non vincolanti, hanno però carattere di ufficialità (cfr. Commissione Tributaria Regionale di Bari, sez. VII, 1.9.2009, n. 96), al punto che la giurisprudenza tributaria assegna loro anche la valenza probatoria delle presunzioni, seppure semplici (cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Modena, sez. IV, 20.4.2010, n. 84).
Ciò premesso, non può reputarsi illogica la scelta dell’Agenzia del Territorio di Pavia di avvalersi dei dati in possesso dell’Osservatorio, ferma restando, giova ripeterlo, la correttezza della scelta di utilizzare i dati dei fabbricati con destinazione "terziaria" (uffici) e non con destinazione "commerciale" (negozi), per le ragioni sopra esposte al punto 2 della presente narrativa in diritto.
Il presente ricorso deve quindi complessivamente rigettarsi, per cui non devono neppure essere accolte le istanze istruttorie avanzate da parte ricorrente, non apparendo necessario disporre una consulenza tecnica d’ufficio.
4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di causa, che liquida in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
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