T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 04-11-2011, n. 1626 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente, in qualità di mandante di un’associazione temporanea di imprese, ha partecipato alla licitazione privata, indetta dal Direttore generale della ESTAV sud est con deliberazione n. 1176 del 20 settembre 2004, per l’affidamento triennale del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sanitari prodotti dagli enti consorziati.

Il bando di gara prevedeva, tra l’altro, che per l’ammissione alla procedura la ditta dovesse possedere il requisito di non trovarsi "in alcuno dei casi che determinano l’esclusione dalle gare come previsti dall’art. 12 del d.lgs. 157/95", specificando che "in caso di associazione temporanea di imprese (ATI) o di Consorzio i requisiti di cui al presente punto…devono essere posseduti, pena esclusione, da ciascuna ditta partecipante al raggruppamento e da ciascuna ditta consorziata…".

Dopo la fase di prequalificazione l’ATI era ammessa alla fase successiva della gara e presentava la propria offerta. La gara si concludeva con l’aggiudicazione in favore della ditta M. servizi ambientali, mentre l’ATI cui afferisce la società ricorrente veniva inserita in graduatoria al secondo ed ultimo posto.

Successivamente alla conclusione della gara la stazione appaltante, essendosi avveduta della posizione di irregolarità contributiva della società M., riapriva parzialmente il procedimento e, previa comunicazione di rito, con il provvedimento indicato in epigrafe disponeva l’esclusione della medesima società dalla gara.

Contro tale atto ricorre la società in intestazione chiedendone l’annullamento, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

1. Violazione di legge. Violazione della lex specialis che non disciplina chiaramente le conseguenze di una temporanea mancanza dei requisiti di partecipazione da parte di una sola impresa in ATI, in caso di successiva regolarizzazione. Violazione del principio di favor partecipationis.

2. Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione con riferimento all’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 in assenza della dimostrazione dell’interesse pubblico alla modifica della graduatoria di gara.

3. Violazione dell’articolo 10 bis. della legge n. 241 del 1990.

4. Violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione.

5. Eccesso di potere per difetto di motivazione in assenza della valutazione delle conseguenze del conferimento dell’azienda da parte del mandatario dell’ATI ad un nuovo soggetto mai sottoposto alla fase cosiddetta "prequalifica".

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame viene impugnata la determinazione in epigrafe con cui il Direttore generale del Consorzio Area vasta sud est della Toscana ha disposto l’esclusione dell’ATI, di cui la società ricorrente è mandante, dalla gara per l’affidamento del servizio triennale di raccolta e smaltimento dei rifiuti sanitari.

Preliminarmente deve essere scrutinata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse da parte della ricorrente formulata dall’Amministrazione resistente.

Ad avviso di controparte, infatti, la società M. non avendo richiesto l’annullamento dell’aggiudicazione non potrebbe ritrarre alcun sostanziale vantaggio dall’accoglimento del gravame, neppure di carattere meramente strumentale, non essendo le censure dedotte tali da determinare la rinnovazione dell’intera procedura. L’impugnazione sarebbe stata proposta, secondo la tesi che si espone, solo al fine di assicurare l’astratta corrispondenza a legalità dell’esercizio del potere pubblico, finalità evidentemente insufficiente a radicare una posizione di interesse all’annullamento dell’atto impugnato.

L’assunto va disatteso.

Va innanzitutto rammentato che la ricorrente può vantare un interesse morale alla definizione della controversia in relazione alla tutela della propria immagine, valore intuitivamente rilevante sul piano dell’affidamento nei rapporti economici commerciali, in particolare con la pubblica Amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 2008, n. 1750).

Ma, come condivisibilmente sostenuto dalla ricorrente, tale interesse assume anche contorni concreti in relazione alla possibilità di una segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici che, secondo parte della giurisprudenza, sarebbe da connettersi a qualunque delle violazioni alle disposizioni dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 che ora disciplina la fattispecie (cfr. in tal senso, T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 191/2011) o, comunque, potrebbe comportare riflessi negativi in relazione alla partecipazione a future gare.

Nel merito il ricorso è fondato.

Come rilevato in narrativa, dopo la conclusione del procedimento di gara, con l’aggiudicazione in favore della M. Servizi Ambientali, confermata con determinazione dirigenziale del 27 luglio 2005, la stazione appaltante si avvedeva dell’asserita situazione di irregolarità contributiva della soc. M. e, con atto in data 19 dicembre 2005, avviava il procedimento per la verifica di tale circostanza che si concludeva con il provvedimento del 23 gennaio 2006 recante l’annullamento in parte qua degli atti di gara e la conseguente estromissione della ricorrente dalla procedura.

Dispone l’art. 12 del d.lgs. n. 157/1995, per quanto di interesse ai fini della controversia, che "…, sono esclusi dalla partecipazione alle gare i concorrenti:….d) che non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti".

La norma, in vigore all’epoca dei fatti, a differenza di quanto disposto dal citato art. 38 non richiede che la violazione degli obblighi in parola rivesta carattere di gravità, nondimeno essa è stata interpretata, alla luce del principio immanente alle garanzie derivanti dagli art. 3 e 24 delle Costituzione, nel senso che devono considerarsi "in regola" – in tema di contribuzioni e relative sanzioni – i soggetti di cui siano pendenti, ricorsi amministrativi o giurisdizionali, per i quali non sussiste, dunque, un definitivo accertamento delle infrazioni agli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro (Cons. Stato sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 716).

Tanto, proprio alla luce della precisazione contenuta nell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici che, facendo riferimento al definitivo accertamento della violazioni di cui trattasi, esprime un principio generale, da ritenersi già operante nel nostro ordinamento prima della sua entrata in vigore (Cons. Stato sez. V, 24 agosto 2006, n. 4963/2006).

Si è, inoltre, ritenuto che nessuna irregolarità può dirsi sussistente quando l’impresa concorrente abbia in corso di adempimento le obbligazioni di natura previdenziale alla data di presentazione della domanda, o abbia presentato ricorso giurisdizionale o amministrativo avverso le determinazioni assunte dai competenti organismi assicurativi e previdenziali (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 24 maggio 2006, n. 3836).

In tal senso può essere ancora richiamata la sentenza della Corte di Giustizia CE (sez. I, 9 febbraio 2006, C226/04 e C228/04), secondo cui "una normativa nazionale che ignorasse totalmente gli effetti di un ricorso amministrativo o giurisdizionale sulla possibilità di partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto rischierebbe di violare i diritti fondamentali degli interessati".

Dalle affermazioni che precedono si ricava, dunque, per un verso che, ai fini dell’ammissione alla gara, il requisito di regolarità contributiva debba sussistere al momento della presentazione dell’offerta e persistere anche successivamente per tutta la durata della procedura di gara, sino alla aggiudicazione (Cons. Stato, sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2876); per altro che la pendenza di un eventuale contenzioso presso i competenti organi giurisdizionali in materia osta a che l’Amministrazione possa automaticamente procedere all’esclusione dell’interessata dalla gara (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 28 luglio 2006, n. 470).

Nel caso di specie a fronte del pur consistente importo oggetto della contestata irregolarità (circa 500.000 euro) va evidenziato che, come rilevato dallo stesso provvedimento impugnato, la società ricorrente era in situazione regolare alla data della presentazione della domanda e, quindi, non possono ad essa imputarsi dichiarazioni mendaci sul punto.

Inoltre, in data 19 luglio 2005 (e quindi prima della seduta conclusiva del seggio di gara – 21 giugno 2005) la ricorrente presentava all’INPS domanda di rateizzazione del debito contributivo che veniva accolta in data 13 settembre 2005, cioè in data anteriore all’avvio del procedimento di esclusione dalla gara.

In sostanza l’ESTAV non pare avere tenuto in alcun conto della regolamentazione negoziale dei rapporti debito/credito fra l’Ente previdenziale e la società M. in dipendenza dell’istanza di rateizzazione (e non di sanatoria) e dell’assenza di qualsivoglia contestazione mossa in tal senso dall’INPS all’interessata.

Il debito è stato poi regolarmente estinto, come risulta dal DURC datato 30 ottobre 2007 e prodotto in atti (doc. n. 10).

In conclusione, non pare che sussistessero i presupposti, come in precedenza delineati, per contestare alla ricorrente la situazione di irregolarità contributiva posta a motivo dell’atto avversato.

Ma vi è un ulteriore profilo di illegittimità che appare meritevole di trattazione.

Va, infatti, considerato che, nella fattispecie, l’Amministrazione appare avere esercitato il suo potere senza l’osservanza del risalente, consolidato ma tuttora operante principio secondo cui l’annullamento d’ufficio di un atto amministrativo è provvedimento essenzialmente discrezionale, dovendo l’Amministrazione ponderare non solo gli eventuali profili di legittimità, ma altresì le concrete ragioni di pubblico interesse, diverse dal mero ripristino della legalità (in ipotesi violata), che inducono a porre nel nulla provvedimenti, che, pur se illegittimi, abbiano prodotto i loro effetti (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 16 aprile 1984 n. 209; id. Sez. VI, n. 6656 del 14 ottobre 2004; id., sez. V, 05 luglio 2011, n. 4028).

Nel caso che ne occupa non è dato ravvisare alcuno dei presupposti che, in via alternativa, legittimano l’adozione di un provvedimento di revoca o annullamento di un provvedimento amministrativo da parte dell’Autorità emanante, cioè sopravvenuti motivi di pubblico interesse, mutamento della situazione di fatto ovvero una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

Ne segue che anche per tale motivo il provvedimento si appalesa illegittimo.

Per le considerazioni che precedono il ricorso va accolto conseguendone l’annullamento dell’atto impugnato.

Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio come da liquidazione fattane in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 3.000,00, oltre il contributo unificato e gli altri accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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