Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-09-2011) 06-10-2011, n. 36242 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 14/4/2011, il Tribunale dell’Aquila, a seguito di istanza di riesame avanzata nell’interesse di C.F., indagato per numerosi episodi di usura, confermava l’ordinanza del Gip di Pescara, emessa in data 15/3/2011, con la quale era stata applicata al prevenuto la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato sulle dichiarazioni delle persone offese. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione del reato, per cui appariva adeguata la misura degli arresti domiciliari.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con il quali contesta sia la fondatezza del quadro indiziario, sia la sussistenza delle esigenze cautelari riconosciute dal Tribunale. Con il primo motivo, si duole di violazione di legge per erronea applicazione della norma di cui all’art. 192 c.p., comma 3, e vizio della motivazione per mancata individuazione dei riscontri esterni individualizzanti alle dichiarazioni rese dalle parti offese. In particolare eccepisce che le dichiarazioni accusatorie, tutte de relato, provengono da soggetti indagati per reati connessi (le falsificazioni e la truffa perpetrata con l’allegazione di documentazione contraffatta alle istanze di finanziamento), come tali sono inidonee ad assumere valore probatorio, anche sotto il profilo della gravità indiziaria, in assenza di riscontri esterni individualizzanti.

Quanto alle esigenze cautelari, si duole che il Tribunale non abbia preso in considerazione la posizione del C., che essendo in pensione e non ricoprendo più alcun incarico in società finanziarie, non si trova, in concreto, in condizione di poter reiterare i reati a lui contestati.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato solo in punto di esigenze cautelari.

E’ anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, "l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità:

1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento".

(Cass. Sez. 6A sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).

Inoltre "Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.

Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto". (Cass. Sez. 1A sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

Tanto premesso, per quanto riguarda il primo motivo, in punto di gravità del quadro indiziario, occorre rilevare che, non risulta dimostrata la tesi che le parti offese D.M. e S.R., siano indagati per reati connessi. Di conseguenza, in assenza di un riconoscimento testuale di tale qualità nel provvedimento impugnato, non può essere invocata la violazione della regola di giudizio di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, il vaglio delle risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, nè tantomeno di operare diverse scelte di fatto. Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, al di là dei vizi formalmente denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento del quadro indiziario, considerazioni in fatto insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

Devono essere accolte, invece, le censure in punto di fondatezza delle esigenze cautelari, poichè, nel caso di specie, le relative valutazioni del Tribunale del riesame sono fondate su una motivazione che omette di valutare la attualità e concretezza delle esigenze cautelari. In particolare il Tribunale ha emesso una generica prognosi di pericolosità sociale, basata sulla gravità dei fatti contestati, senza verificare se sussistono in concreto delle condizioni idonee alla reiterazione dei reati, anche dopo la fuoriuscita dell’imputato dalle compagini sociali nell’ambito delle quali i reati sono maturati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale dell’Aquila per nuovo giudizio sul punto.

Rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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