Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-03-2012, n. 3523 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 11.4.2007 è stato notificato a "Investeditor srl" (in fallimento) un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della CTR di Milano descritta in epigrafe (depositata il 25.5.2006), che ha disatteso l’appello proposto dall’Agenzia contro la sentenza della CTP di Bergamo n. 166/07/2002 che aveva integralmente accolto il ricorso della parte contribuente contro avviso di accertamento relativo ad IRPEG-ILOR per l’anno 1993.

La società intimata si è difesa con controricorso.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 21.12.2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con il predetto avviso di accertamento l’Agenzia aveva determinato maggiori imposte (oltre a sanzioni) a carico della società qui intimata in considerazione dell’acclarata esistenza di corrispettivi per prestazioni di servizi non fatturati e di costi contabilizzati in relazione ad operazioni inesistenti. Il ricorso proposto dalla menzionata società era stato accolto dalla CTP di Bergamo in ragione del fatto che la ripresa si era fondata su dichiarazioni testimoniali, non ammissibili neppure nella fase di accertamento e, quanto alle detrazioni, perchè le stesse non avevano influito sulla determinazione del reddito concernente il periodo di imposta oggetto di accertamento.

L’appello interposto dall’agenzia in riferimento ad entrambe le ratio decidendi (quanto alla prima perchè le dichiarazioni rese in sede di verifica potevano avere rilevanza ai fini decisori e perchè altri e numerosi erano i riscontri oggettivi, analiticamente elencati nel PVC da cui aveva preso le mosse l’accertamento; quanto alla seconda, perchè la GdF aveva ampiamente illustrato le indagini svolte ed i risultati raggiunti nel PVC, dal quale si desumeva che le operazioni contestate non erano mai avvenute) è stato disatteso dall’adita Commissione Regionale.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che l’appello dell’Agenzia riproponeva le stesse argomentazioni svolte in primo grado, ma non evidenziava prova alcuna delle accertate violazioni, quella prova che compete all’Amministrazione fornire e che deve consistere nella dimostrazione che le operazioni in realtà non sono mai state poste in essere.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con quattro motivi d’impugnazione e – previa indicazione del valore della lite in Euro 209.060,71 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia in ordine alle spese di lite.

Motivi della decisione

5. Il terzo motivo d’impugnazione. a) Il terzo motivo d’impugnazione (che appare di più pronto esame e che perciò assorbe e rende di inutile esame gli altri che lo precedono in ordine logico) è collocato sotto la seguente rubrica:

"Omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)".

La parte ricorrente ha censurato la decisione del giudice di appello per avere questi anche ove si volesse pretermettere la questione relativa alla utilizzabilità in giudizio delle dichiarazioni rese da terzi alla GdF nel corso degli accertamenti – omesso di considerare e valutare la portata degli altri documenti richiamati ed allegati al PVC e consistiti sia nella relazione del curatore fallimentare della Investeditor (in cui si fa riferimento alla omessa fatturazione delle prestazioni di servizio di cui qui si tratta); sia nelle indagini della GdF donde emerge che la società Investeditor ha omesso la fatturazione di prestazioni di servizi per gli anni 1993 e 1994; sia nelle operazioni di comparazione eseguite con l’ausilio di alcuni giornalisti che avevano permesso di riscontrare il numero delle pagine effettivamente fornite dalla medesima Investeditor (a mezzo delle quali ultime era stato determinato il maggior reddito, in proporzione al presumibile ricavo per ciascuna singola pagina, previa la loro distinzione in categorie).

L’omissione dell’esame di tutti questi dati aveva perciò costituito fonte dell’inadeguata articolazione degli argomenti che erano stati posti dal giudicante a sostegno della decisione.

Il motivo è fondato e da accogliersi.

Per quanto la censura formulata da parte della ricorrente agenzia rasenti la richiesta di rivisitazione del giudizio sul fatto, rimesso alla competenza esclusiva del giudice del merito, occorre evidenziare che questa Corte – per corrispondere all’esigenza di precisare i confini tra l’attività di controllo della adeguatezza della motivazione del giudizio di fatto e quella (non ammissibile) di controllo della bontà e giustizia della decisione – ha messo in chiara luce che – pur restando valido, in linea di principio, il criterio secondo cui la sentenza è valida allorchè la motivazione lascia comprendere le ragioni della decisione – ciò non esclude che è necessario che dalla motivazione risulti il rispetto dei canoni metodologici che l’ordinamento prescrive per la soluzione delle questioni di fatto (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7635 del 16/05/2003).

Deve comunque rimanere fermo, però, che la verifica compiuta al riguardo può concernere la legittimità della base del convincimento espresso dal giudice di merito e non questo convincimento in sè stesso, come tale incensurabile. E’ in questione, cioè, non la giustizia o meno della decisione, ma la presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, che tali possono ritenersi solo se sussiste un’adeguata incidenza causale dell’errore oggetto di possibile rilievo in cassazione (esigenza a cui la legge allude con il riferimento al "punto decisivo").

Orbene, poichè la parte ricorrente ha evidenziato (con modalità adeguate in termini di rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) una pluralità di elementi di fatto non adeguatamente e specificamente considerati dal giudice del merito (quelli dianzi evidenziati nel riassumere il motivo di impugnazione), essi costituiscono senz’altro sufficienti difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, siccome capaci di generare una difettosa ricostruzione del fatto dedotto in giudizio.

D’altronde, la stessa parte resistente – sia pur senza espressamente proporre ricorso incidentale – ha evidenziato che vi è ragione di paventare addirittura della nullità della decisione di merito per essere questa (siccome si evidenzia dalla narrativa del fatto, dove si fa riferimento a "l’avviso di rettifica per omessa fatturazione di operazioni imponibili per gli anni 1993 e 1994 e per indebite detrazioni per l’anno 1993") il frutto dell’erronea identificazione della questione controversa, per causa della contemporanea pendenza di due distinte liti, decise nella medesima udienza.

Questi rilievi non possono che corroborare le ragioni di accoglimento del predetto motivo di impugnazione, siccome concorrono a supportare il convincimento che la stringatezza del tessuto argomentativo della decisione è frutto di un frettoloso e de tutto inadeguato esame delle questioni controverse.

Consegue da ciò che le censure di ricorso debbano essere accolte e che, per conseguenza, la controversia debba essere rimessa al medesimo giudice di appello che – in diversa composizione – tornerà a pronunciarsi sulle questioni oggetto del gravame proposto dall’Agenzia e regolerà anche le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso dell’Agenzia. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lombardia che provvederà, in diversa composizione, anche per le spese di questo grado.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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