Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-06-2011) 06-10-2011, n. 36334 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 17 settembre 2009 il Tribunale del riesame di Roma, confermando il provvedimento del locale giudice per le indagini preliminari, ha disposto il mantenimento del sequestro conservativo su un immobile intestato alla società Ryàs s.r.l., a tutela degli interessi della parti civili Federfrutta s.r.l. e Ortotrade s.r.l. nel procedimento penale a carico di F.A. e G. V. per il delitto di bancarotta fraudolenta.

Ha proposto ricorso per cassazione F.L., nella sua veste di legale rappresentante della società Riàs s.r.l., per il tramite del difensore munito di procura speciale.

Con i due motivi d’impugnazione, congiuntamente illustrati, il ricorrente si richiama alla disciplina di cui agli artt. 192 e 193 c.p. e osserva che, quando l’atto di trasferimento del bene sia compiuto anteriormente alla commissione del reato, come nel caso di specie, non è applicabile alcuna presunzione, dovendosi invece provare positivamente la frode compiuta dal debitore e la mala fede del terzo; tale onere, assume, non è stato soddisfatto nel caso di specie, in cui non è in alcun modo provato che dopo la cessione del bene l’indagato abbia seguitato a comportarsi come proprietario di esso. Nega che della compagine sociale della Riàs facciano parte società riconducibili agli imputati, essendo invece il capitale sociale in mano a due società portoghesi.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Occorre premettere che, giusta il disposto dell’art. 325 c.p.p., contro le ordinanze del Tribunale del riesame emesse in materia di misure cautelari reali il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge. Conseguentemente, rimanendo escluso ogni sindacato sulla correttezza della motivazione, salvo il caso di sua totale mancanza o mera apparenza, il controllo di legittimità cui questa Corte è chiamata deve consistere unicamente nella verifica del rispetto delle prescrizioni che presiedono alla emissione del provvedimento di sequestro conservativo.

E’ pacifico in atti che il compendio immobiliare colpito dal vincolo cautelare di cui si discute sia stato acquistato dalla società Riàs in data 23 dicembre 2005, e cioè in epoca precedente alla consumazione del delitto di bancarotta fraudolenta per cui si procede a carico del F. e del V.. Ciò rende inapplicabile tanto la sanzione di inefficacia prevista dall’art. 192 c.p., quanto la presunzione di frode in danno dei creditori di cui al successivo art. 193, poichè entrambe le ipotesi si riferiscono ad atti traslativi posti in essere dopo la commissione del reato; la fattispecie cade, pertanto, nell’ambito di operatività dell’art. 194 c.p., il quale richiede – perchè l’acquisto del terzo possa rendersi inefficace rispetto ai creditori – la prova dell’intento fraudolento del venditore e, ove l’atto traslativo sia stato a titolo oneroso, anche la prova della mala fede dell’acquirente.

Si tratta, tuttavia, di una prova che non è soggetta ad alcuna limitazione nel procedimento penale (come, del resto, non lo sarebbe in quello civile, vertendosi in materia di tutela dei diritti del terzo creditore), onde è possibile raggiungerla anche per via indiziaria. Proprio in tale proiezione si è indirizzata la verifica del giudice del riesame circa la sussistenza dei presupposti per l’opponibilità ai creditori dell’acquisto effettuato dalla Riàs.

All’esito di essa sono emerse le seguenti circostanze di fatto: la società Riàs si era resa acquirente dell’immobile pochi giorni dopo la sua costituzione e l’iscrizione nell’apposito registro, avvenuta in data 6 dicembre 2005; alcuni mesi dopo, la stessa società aveva acquistato le quote della società Fa.Vi, risultata appartenere ai due odierni indagati, nonchè delle società C’E’ s.r.l. e C’E’ 2 s.r.l., interamente riferibili agli indagati e ai loro familiari, che risultavano essere all’epoca titolari di quote in proprietà e di cariche sociali; nell’atto di acquisto non risultava la corresponsione di alcuna controprestazione per la cessione dell’immobile, ivi essendosi dato atto soltanto di una precedente regolazione del prezzo, integrata da un accollo di mutuo.

Valorizzando gli elementi fattuali testè ricordati, e dandone una valutazione complessiva, il Tribunale è pervenuto al convincimento che la società Riàs s.r.l. si fosse fittiziamente interposta nella compravendita del bene, sostituendosi ai reali acquirenti: donde l’inopponibilità ai creditori della sua qualità di terzo acquirente e la conseguente legittimità del sequestro.

La valutazione della capacità dimostrativa del complesso di indizi più sopra indicato non può essere sottoposta a revisione, per quanto si è dianzi osservato in ordine al limiti del giudizio di cassazione in materia; resta soltanto da evidenziare come la decisione assunta dal Tribunale si dimostri rispettosa della ripartizione dell’onere probatorio delineata dai già citati artt. 192, 193 e 194 c.p. e sia, conseguentemente, immune dai vizi di ordine giuridico denunciati dal ricorrente.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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