Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-03-2012, n. 3516 Notificazione a persone giuridiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Bari la società ME.CO.M Meridionale Costruzioni Meccaniche Spa proponeva opposizione avverso la cartella di pagamento, che la società S.E.S.I.T. Puglia, concessionaria del servizio di riscossione tributi, le aveva fatto notificare ai fini dell’Iva per l’anno 1996, con l’applicazione della relativa sanzione, oltre agli interessi.

Questa deduceva che l’atto esecutivo non era stato regolarmente notificato, come pure il prodromico avviso di accertamento; non era munito della necessaria motivazione, pertanto chiedeva l’annullamento del medesimo.

Instauratosi il contraddittorio, l’ente impositore e l’esattoria eccepivano l’infondatezza del ricorso, in quanto la notifica degli atti era stata sempre tentata nella sede indicata della società a Bari, risultata però "fittizia", e poi in quella effettiva di (OMISSIS) a mani di soggetti dichiaratisi rispettivamente amministratore e padre del diretto interessato, senza dire che poi in definitiva la pretesa nullità era stata sanata col raggiungimento dello scopo degli atti notificati.

Quella commissione rigettava il ricorso introduttivo.

Avverso la relativa decisione la contribuente proponeva appello principale e, cui l’agenzia delle entrate e la Sesit Puglia, che a sua volta svolgeva quello incidentale, resistevano, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Puglia stessa, la quale rigettava il primo, osservando che l’avviso di accertamento era stato notificato, come pure la cartella di pagamento, e che comunque l’eventuale irregolarità era stata sanata dalla tempestiva conoscenza degli atti da parte della contribuente, che aveva impugnato quello esecutivo, posto che le norme processualcivilistiche al riguardo devono intendersi estese anche per la sanatoria degli atti amministrativi in materia tributaria.

Contro questa pronuncia la società Mecom ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a sei motivi, ed ha depositato memoria, mentre l’agenzia delle entrate si è solo costituita, senza svolgere alcuna difesa, e la società Equitalia E.TR. Sps., che nel frattempo ha incorporato la Sesit Puglia, ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

l)Col primo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che la sentenza di primo grado era affetta da radicale nullità, per essere stata già deliberata il 22.1.2004, e quindi prima ancora dell’udienza di discussione in pubblica udienza tenuta il 26.1.2004, come è dato rilevare dalla data apposta in calce alla stessa prima della sottoscrizione.

Il motivo non ha pregio, atteso che il giudice di appello osservava esattamente che si era trattato di un refuso, atteso che, anche giusta l’attestazione della segreteria a margine di quel provvedimento impugnato, la decisione era stata deliberata lo stesso giorno della discussione. In ogni caso va rilevato che la diversità fra la data di deliberazione della sentenza indicata in calce alla medesima e quella dell’udienza collegiale fissata per la decisione della causa non è di per sè sola sufficiente a far ritenere, nel caso che quest’ultima sia successiva, che quel provvedimento sia stato deliberato prima di tale udienza, cioè a far ritenere superata la presunzione di rituale decisione della causa da parte del Collegio, configurandosi, invece, come frutto di mero errore materiale non invalidante, anche in mancanza di attivazione del procedimento di correzione, salvo che non ricorrano altri specifici elementi dimostrativi della non rispondenza al vero della indicazione e, quindi, di distorsioni verificatesi nell’"iter" processuale, che mancano nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 16920 del 21/07/2009, n. 4208 del 23/02/2007).

2)Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di norme di legge e vizi di motivazione, giacchè il giudice del gravame non considerava che la notifica della cartella era inesistente ovvero nulla, atteso che il messo notificatore non era presumibilmente munito del relativo potere; inoltre la medesima non era stata effettuata nè tentata nella sede della società a Bari, ma a soggetto che non era nemmeno il legale rappresentante, essendolo invece tale V.M.G..

La censura si appalesa piuttosto generica, e quindi inammissibile, posto che la ricorrente non ha riportato integralmente la relata di notifica dell’atto, nè il punto del ricorso in appello con cui avrebbe sollevato la questione, e ciò al fine di non mettere il Collegio nella necessità di andare ad esaminare tali atti. Comunque – e ciò solo "ad abundantiam" – essa è infondata, dal momento che la cartella era stata notificata da parte del messo comunale; nessuna prova del proprio assunto al riguardo era stata fornita dall’appellante; essa era stata tentata nella sede della Mecom infruttuosamente. Peraltro l’atto era stato recapitato a P., qualificatosi "diretto interessato", senza che l’incaricato del servizio dovesse svolgere accertamenti più approfonditi al riguardo.

In ogni caso lo scopo era stato raggiunto, tanto che la contribuente aveva potuto proporre opposizione tempestivamente, sicchè le sue doglianze relative alla regolarità o sanatoria dell’atto esecutivo erano del tutto infondate. Infatti la sanatoria degli atti per raggiungimento dello scopo costituisce espressione di un principio di ordine generale applicabile sia agli atti processuali, per i quali è stato codificato, sia, in mancanza di impedimenti di carattere normativo o logico sistematico, a quegli atti di natura sostanziale che, come gli atti di imposizione fiscale, per avere efficacia e consentire all’interessato l’impugnazione in sede giudiziaria, devono essere notificati. Quanto agli atti impositivi, in particolare, il principio trova applicazione sia che la nullità attenga alla notificazione dell’atto, sia che essa discenda dalla mancata o insufficiente indicazione del soggetto che lo ha emesso. Ne consegue che le nullità che traggano origine dalla mancata o inesatta indicazione del soggetto che ha emanato l’atto impositivo, che siano tali da indurre in errore circa la sua provenienza, sono sanate, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., dalla proposizione del ricorso nei confronti del soggetto che lo ha formato, legittimato a contraddire, come nella specie (V. pure Cass. Sentenza n. 7498 del 12/04/2005, Sezioni Unite: n. 19854 del 2004).

Inoltre appare opportuno aggiungere che, posto che la notifica era avvenuta nell’altra sede sociale di (OMISSIS) a mezzo di persone che si qualificavano rispettivamente come amministratore o padre di lui, allora il messo non doveva prima accertarsi dell’effettiva loro condizione, per la quale semmai era onere della Mecom fornire la prova della mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio. Invero la disposizione dell’art. 46 c.c., secondo cui, qualora la sede legale della persona giuridica sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della medesima anche quest’ultima, vale anche in tema di notificazione, con conseguente applicabilità dell’art. 145 c.p.c..

Ne consegue che, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica presso la sede legale o quella effettiva, è sufficiente che il consegnatario sia legato alla persona giuridica stessa da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza.

Sicchè, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario o postale risulti in alcuna delle predette sedi la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede stessa, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere alle sue dipendenze, non era addetta neppure alla ricezione di atti, per non averne mai ricevuto incarico alcuno, onere tuttavia non assolto nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 12754 del 14/06/2005, n. 3620 del 2004).

3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poichè il giudice di appello non poteva ritenere la cartella munita della prescritta motivazione, perchè priva dell’allegazione dell’avviso di accertamento.

Anche per tale doglianza valgono le stesse considerazioni del motivo precedente, nel senso che essa è generica, dal momento che la ricorrente non ha specificato in ricorso dettagliatamente la parte del relativo atto di appello in cui avrebbe prospettato la censura alla CTR, violando perciò il principio dell’autosufficienza del gravame. Ma, a parte tale rilievo preliminare, essa comunque è infondata, atteso che il giudice del gravame rilevava esattamente che l’atto impositivo conteneva la prescritta motivazione con l’indicazione dell’avviso di accertamento, peraltro notificato proficuamente all’interessata. Pertanto nessuna carenza di motivazione può essere ravvisata nell’atto in argomento, posto che la contribuente ben conosceva quello prodromico di accertamento cui esso faceva riferimento. Inoltre va rilevato che comunque il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorchè la cartella sia stata impugnata dal contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ma abbia omesso di allegare e specificamente provare quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo diritto di difesa, come nella specie (V. pure Sez. U, Sentenza n. 11722 del 14/05/2010).

4) Col quarto e quinto motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge e vizi di motivazione, in quanto la CTR non considerava che la notifica dell’avviso di accertamento era inesistente o comunque nulla, perchè compiuta da soggetto non munito del necessario potere; essa non era stata tentata o effettuata nella sede della società; il soggetto che aveva ricevuto il plico non era interessato.

I motivi rimangono assorbiti da quanto enunciato in precedenza.

5)Col sesto motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., giacchè il giudice di appello pronunciava sulla sanzione nonostante che non fosse stato investito della questione.

La censura è inammissibile, perchè generica, dal momento che la ricorrente non ha riportato la relativa parte del ricorso introduttivo, come pure di quello di appello al fine di verificare la corrispondenza della statuizione con quanto dedotto e lamentato, senza costringere il Collegio all’esame diretto degli atti inerenti.

Quindi in definitiva le doglianze della contribuente non riescono ad intaccare le valutazionì e considerazioni del giudice del gravame, onde queste vanno complessivamente condivise, con il conseguente rigetto del ricorso.

Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore della controricorrente, e che liquida in complessivi Euro100,00 per esborsi ed Euro10. 000,00(diecimila/00) per onorario, oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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